Professionisti intelligenti e limiti organolettici

Sgranare le nostre vivaci anticipate opinioni è auspicato, distinto, indicato per leggere questo articolo con intenti costruttivi. I riferimenti d’ispirazione sono in fondo. Limiti, autostima, lavoro. L’argomento è delicatissimo. Ma intrigante. Delicatissimo per diversi aspetti: personali, sociali, lobbistici (terribilistici), culturali. Intrigante perché tutte le menti migliori credono che qualcosa in campo professionale stia cambiando in […]

Sgranare le nostre vivaci anticipate opinioni è auspicato, distinto, indicato per leggere questo articolo con intenti costruttivi. I riferimenti d’ispirazione sono in fondo.

Limiti, autostima, lavoro. L’argomento è delicatissimo. Ma intrigante. Delicatissimo per diversi aspetti: personali, sociali, lobbistici (terribilistici), culturali. Intrigante perché tutte le menti migliori credono che qualcosa in campo professionale stia cambiando in meglio e godono del diletto della trascendenza. In attesa di nuovi contesti, di ripuliti valori o del riconoscimento reale dei pregi al di là delle finte facciate di propaganda.
L’impegno può essere nella direzione di fare del proprio lavoro un piacere, prima costruendosi addosso l’alta efficienza che serve, qualunque sia il contesto lavorativo di riferimento, o provando a creare o a cercare con beata indefessa pazienza un contesto gradito.
Il mondo del lavoro attualmente, in effetti, sembra sondare pregi e difetti del management relazionale attraverso una visione più responsabile e accrescitiva. E l’arte dello schermo ne racconta lo specchio: cinema, documentari, spot, video amatoriali, video aziendali.

Pregi, difetti, lacune

Tutti possiamo sapere o intuire: difetti, lacune, inettitudini; qualità, virtù, valori, collaborazioni, possibilità. Proviamo a guardare il positivo. Potrebbe essere elettrizzante ricercare nel vasto mondo della formazione il meglio per essere o per rinnovarsi come valevoli professionisti. È un compito arduo, ma importantissimo e possibile anche nella massificata confusione contemporanea dei diabolici piccolissimi pixel.
Impegniamoci, con arte di ricerca possiamo intravedere qualcosa di sano: alimentazione salvifica o prelibata, cura del sé, cultura d’eccellenza, formazione innovativa, formazione “che piace”, filosofia del benessere, musica, natura. Ecco, dovremmo stravolgere il noi stessi sballandoci con un’overdose di salute appena possibile, per radicare una direzione di esistenza di ordine etico costruttivo di fondo piacevole.
Ma restino pure tranquilli gli amici svaccati, o sfrenati, o i viziosi, gli smoderati e le aziende terapeutiche e medicamentose, perché i piacevoli fervori delle piccole perdizioni rovinose o divertenti del momento, sicuramente, non finiranno di essere parte della nostra collettività per chissà quanto tempo.

 

Elementi di efficienza o Elementi proficui

Consideriamo e osserviamo allora i cardini esistenziali e gli elementi professionali di riferimento, nel ricordare che tutti siamo pieni di imperfezioni e carenze. Ma siamo anche materia viva duttile e perfettibile.
Bisogna osservare, sapere, capire, operare.

  • Osservare oggettivamente la propria sfera personale, come può crescere e come è meglio tutelare la propria individualità, considerando: le determinate competenze tecniche necessarie; la capacità di scrittura; la voce; il linguaggio; la dialettica; la presenza; la semovenza; l’elasticità neuronale; l’intelligenza corporea; la cultura d’integrazione; l’etica. Il lavoro sulla voce e sul modo di comunicare in presenza possono essere fondanti in certe professioni manageriali.
  • Osservare e analizzare il contesto lavorativo specifico, per capire l’interesse personale, nel concepire reciproche mancanze, negligenze, brogliaggini o per verso qualità, simpatie e decori.
  • Considerare bene i limiti specifici, logistici, materiali; l’incipit economico necessario (abbiamo il capitale per iniziare? Cosa possiamo fare altrimenti?) o i problemi di relazione difficoltosa con alcune persone coinvolte.
  • Calcolare per quanto possibile il valore che otterremo, non solo economico, nell’accettare o nel cercare un lavoro.
  • Scandagliare, se verosimile, le concessioni che dovremmo fare, che si spera non denigrino mai dignità e rettitudine.
  • Capire se si è in grado di sottostare a “compromessi faticosi”, o addirittura se si è capaci di inghiottire piccoli mostri. C’è chi è capace. Comunque prima bisognerebbe informarsi su cosa sia e su come funzioni il sistema nervoso enterico, intestinale.
  • Avere l’ardire di parlare in faccia alle persone, con classe o fermezza, anche di aspetti spiacevoli, costruttivamente. Prima imparare a parlare!
  • Rilassarsi.

I limiti reali

Ma soprattutto dovremmo considerare i limiti reali della struttura, azienda, ente, persona, gruppo, famiglia, feudo con cui ci si confronta. All’occorrenza bisogna fermarsi! Stop.
Non si può entrare nelle grazie di qualcuno? Ci fermiamo. Restiamo sereni. Aspettiamo tempi più fausti. Non è solo colpa nostra se quel dato ambiente non è per noi, o è losco, sporco, o se un meraviglioso contesto non ci vuole o ci svilisce. Soluzione: trascendere, non pensare mai male di niente (non troppo), soprassedere, evitare l’ironia cattiva, continuare a studiare. Un po’ di strafottenza è concessa. Attenti però! Pensare male è solo un alimento marcescente che diamo al nostro corpo (aiutatemi, chi lo ha detto?). In attesa che Bruce Wayne, Peter Parker o Diana Prince ritrovino la via della vera realtà attraverso una nuova favolosa digitalizzazione germinativa. Insomma: cerca soprattutto di stare bene tu. Senza fare del male e appena possibile facendo del bene. Ci sono grandi esempi in giro.
I limiti personali sono quelli organolettici e funzionali, li abbiamo tutti: cosa e come riusciamo a vedere, toccare, sentire, percepire, parlare, per il momento che la realtà aumentata non è fatta di carne e di sangue. Mentre la mente può spaziare all’infinito divertendosi o nutrendo la sfera incantata dell’intuizione.
I limiti sul lavoro invece esistono e devono esistere, sono tanti, in particolare se il nostro lavoro prevede un rapporto con una struttura gestita da altri, superiori o gerenti: orari, cortesia, limiti mentali, limiti attitudinali, outfit, gerarchia, limiti relazionali. Ricordiamoci: l’interesse sovrano è della struttura. Ma una struttura efficiente fa l’interesse dei singoli. Dovrebbe essere un cerchio. Come nei cicli della natura o come accade nelle aziende esemplari; quando i circoli si chiudono armonici, sfavillano. Un manager di successo non può che fare entrambi gli interessi personali e del gruppo, nell’aiutare la sua azienda a crescere sana.

L’autostima

Dimenticavo, l’autostima. Autostima è una parola strausata e quindi un po’ inflazionata in ambito di cultura psicologica. Mi accorgo di non adoperarla mai, forse la sento superata, nel campo dell’eccellenza professionale. Ma non mi interessa sfidare o ben-che-meno denigrare psicologi e relativi cultori, in un tempo recente in cui proprio la disciplina psicologica (anche nostrana) si apre ufficialmente alla rigenerazione di se stessa e acquista stile, fattualità, esistenzialismo. Quindi provo a differenziare gli ambiti di riferimento.
Autostima è un concetto basale per la vita di una persona, intrinseco al corpo, in un certo senso è il suo stare in piedi e credere che possa vivere il microsecondo dopo in cui pensa, nel momento stesso. L’autostima è incarnata nel vivere. La parola ha grande importanza in ambiti di cura e di supporto psicologico, quando è presente un disturbo al ribasso della personalità, che a periodi può succedere a chiunque, o addirittura quando si è di fronte ad una depressione; quando serve ricostituire le basi psico-organiche. L’autostima è una guida.
Diverso è riflettere sull’attivazione: per chi vuole crescere in raffinatezza, tecnica, qualità, efficienza, empatia, eloquenza.
Per il professionista, il dirigente, il businessman o il manager d’avanguardia l’autoconsiderazione è un’astrazione da superare immergendosi nell’arte del vivere.
Preferisco parlare di gesto vitale volto all’epifania inaspettata o programmata al microcesello.

Consulenze bibliografiche e videografiche per l’articolo: John August, Jeremy Bentham, Henry Bergson, Ezio Bosso, Gisele Bündchen, Tim Burton, Laura Curino, Leonardo DiCaprio (in particolare per la beneficienza), Giulia Enders, Giacomo Leopardi, Primo Levi, Søren Kierkegaard, Ludovico Antonio Muratori, Friedrich Nietzsche, Giulio Sapelli, Martin E. P. Seligman, Daniel Wallace, Alfred North Whitehead.

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