Nelle PMI, l’IA è già seduta in sala riunioni

Le piccole e medie imprese possono implementare l’intelligenza artificiale in maniera più agile, e lo stanno facendo: abbiamo raccolto le testimonianze di alcuni casi di aziende in cui l’incontro con l’IA si è rivelato efficace e produttivo, dall’agricoltura ai servizi

28.04.2025
IA nelle PMI, un robot davanti al computer in mezzo ai suoi "colleghi" umani

Intelligenza artificiale: tutti ne parlano, ma quanti la usano davvero? Mentre il dibattito sull’IA infiamma conferenze e riempie post sui social, ci siamo chiesti: qual è il passo concreto delle aziende italiane, piccole e grandi, in questa direzione? La risposta che emerge dalla nostra indagine rovescia molti luoghi comuni e racconta un’Italia dell’innovazione che procede a velocità differenziate. E, come è giusto che sia, dato che le aziende italiane sono quasi tutte medio-piccole, la nostra indagine inizia da loro.

Il paradosso più affascinante? Mentre i colossi avanzano con cautela quasi rituale nell’adozione di tecnologie trasformative, sono proprio le PMI a guidare una rivoluzione silenziosa nel “mettere a terra” l’IA. Non è solo questione di agilità operativa: è un approccio pragmatico che trasforma necessità competitive in opportunità di innovazione. Questo succede anche in settori insospettabili, da un’azienda di Rovigo che esporta foraggio per il bestiame fino in Vietnam a una commerciale di Bologna che distribuisce prodotti per il packaging e la marcatura, tenace e profittevole in mezzo ai colossi.

L’IA che aiuta le PMI a parlare con i clienti

“Siamo circondati da aziende grandissime e abbiamo sempre dovuto e voluto distinguerci, anche con l’innovazione.”

Leonardo Dall’Osso, direttore generale di Nimax S.p.A., è il manifesto di un approccio che vede nella tecnologia non un lusso, ma una necessità strategica.

“Il nostro amministratore delegato è un visionario, sempre avanti. Per cui quando è arrivata l’IA ci siamo subito avvicinati, intuendone il potenziale e partendo dal cuore pulsante dell’organizzazione, che per noi è la forza vendita.”

La trasformazione ha seguito un percorso pragmatico: “La visione è importante, essenziale, ma poi bisogna metterla a terra. Appena possibile, abbiamo organizzato una formazione pratica durante due diversi sales meeting, dove tutti i venditori e gli addetti al back office hanno potuto aprire il PC e smanettare.”

I risultati? Tangibili e immediati. “Molte attività sono velocizzate, dalla scrittura e risposta delle mail alla comprensione delle componenti ‘nascoste’ di valore del prodotto”. L’esempio più illuminante rivela il potenziale trasformativo dell’IA: “Grazie a ClaudeAI ogni commerciale può ricavare una tabella CVB in pochi secondi, trasformando una scheda tecnica in uno schema che collega le caratteristiche del prodotto ai vantaggi e ai benefici per il cliente, personalizzati per ogni specifico interlocutore: dal buyer al responsabile di produzione. Tutte cose che un bravo addetto alle vendite ha già nella sua testa, ma a volte fatica a esporre in modo strutturato”.

Un salto qualitativo che va ben oltre l’efficienza: “Il venditore può parlare con il linguaggio giusto a ogni tipologia di cliente, risparmiando tempo, lavorando meglio e facendo meno fatica”. L’IA emerge così non come sostituto dell’intelligenza umana, ma come suo potente amplificatore. La macchina aiuta, certo; ma perché sia davvero utile ci vuole la testa di un umano smart e competente.

Rivoluzione verde: l’IA applicata all’agricoltura

Se l’adozione dell’IA nel settore delle soluzioni tecniche appare quasi naturale, ben più sorprendente è la sua penetrazione in ambiti all’apparenza ancorati alla tradizione, come quello agricolo.

“Il nostro settore richiede velocità ed efficienza: bisogna lavorare quando il meteo lo permette” spiega Nicole Zanellato, responsabile commerciale di Agricole Forte, che nel Delta del Po coltiva e vende in tutto il mondo un prodotto molto particolare: il foraggio – in particolare erba medica – destinato all’alimentazione animale. La sua esperienza con l’IA rivela un utilizzo tanto pragmatico quanto strategico.

“ChatGPT mi aiuta nelle risposte alle mail, e non solo le traduce, ma le adatta alla cultura del mio cliente che sta dall’altra parte del mondo, a volte molto diversa dalla mia” racconta Nicole, lieta del fatto che l’intelligenza artificiale le permetta di calibrare la comunicazione in base al destinatario. “Poi io correggo il testo, lo adatto, ci metto del mio, ma l’IA mi fornisce un ottimo semilavorato”.

Un successo imprevisto? “La mia azienda ha esperienza nell’alimentazione delle vacche da latte, ma in Thailandia si allevano soprattutto suini; per cui quando il cliente mi ha chiesto supporto su come inserire l’erba medica nella razione dei maiali, ho chiesto all’IA di aiutarmi a trovare con rapidità le fonti scientifiche per rispondere alle sue domande, sempre controllandone l’affidabilità”. Il risultato? “Sono riuscita a concludere il contratto, ricevendo supporto sia lato vendita che lato contrattuale. La chiave di svolta per me è stato capire che l’IA può assumere competenze diverse, dall’avvocato al nutrizionista, e che saper scrivere un prompt partendo dal contesto giusto (“Agisci come…”) è fondamentale per ottenere buoni risultati”.

Ma Nicole non si ferma qui. “Ora sto studiando l’obesità nei cavalli e l’IA mi aiuta a imparare più in fretta quello che mi serve”.

“Imposto una riunione nel 10% del tempo. E la scrittura è migliorata”

“Curiosità e voglia di imparare: per questo mi sono avvicinato all’IA.”

È con queste parole che Davide Morten, direttore commerciale e marketing di Robatech Italia di Cesena, descrive l’approccio all’intelligenza artificiale della filiale italiana di un gruppo svizzero, specializzato in impianti industriali per l’applicazione di adesivi.

Conseguenze e vantaggi sono stati sorprendentemente concreti: “Parlo di me: automatizzare alcune attività a basso valore aggiunto mi ha permesso di liberare tempo per quelle più strategiche. Per presentazioni di nuovi prodotti o nuove strategie commerciali, invece di dedicare ore alla preparazione dei concetti, mi faccio aiutare da ChatGPT o da Claude a preparare una scaletta di argomenti”. L’impatto quantitativo è significativo: “Se prima impostare una riunione mi impegnava tre ore, ora ci metto il 10% del tempo”.

Morten ha adottato un approccio sistematico con il suo team: “Ho investito tempo nella loro alfabetizzazione, così che il venditore meno pratico si affianca e impara da uno più smart”. E anche in questo caso i risultati non si sono fatti attendere: “Per esempio, la loro capacità di scrittura è migliorata; i testi sono più chiari e incisivi. Io me ne accorgo perché mi ricordo come scrivevano prima: i concetti sono sempre quelli, ma ora sono espressi come se li avesse scritti un esperto di comunicazione”.

Un complemento, non una sostituzione

Emerge dalle testimonianze un tema cruciale: la capacità di integrare l’intelligenza artificiale senza esserne sopraffatti. “L’IA non si sostituisce alla mia intelligenza, ma la completa” sottolinea Nicole, tracciando una linea di demarcazione fondamentale.

La sua riflessione si estende al futuro: “Forse le nuove generazioni, che non sono state abituate a leggere libri e a studiare sulla carta, saranno impattate dall’IA, perché potrebbe rendere i giovani meno curiosi”. Un monito che si trasforma in invito all’azione: “Questo è il momento di essere creativi, di utilizzare ChatGPT e simili con fantasia, senza i blocchi mentali che impediscono ad alcuni di cogliere appieno le opportunità dello strumento”.

La distinzione qualitativa nel rapporto con l’IA diventa evidente: “Un conto è copiare e incollare, un altro è capire perché l’IA ha dato una certa risposta. È la differenza tra l’utilizzo passivo e la padronanza attiva della competenza” conclude Nicole.

IA nelle PMI, da clandestini a pionieri dell’innovazione

“L’utilizzo dell’IA nelle attività quotidiane di una PMI è un fenomeno già avviato.”

Paolo Traso, CEO e General Manager di Tierra S.p.A., azienda torinese attiva nel campo della telematica applicata soprattutto alle macchine agricole, mi aiuta a decifrare la metamorfosi in corso. “L’IA non bussa più alla porta: è già seduta in sala riunioni, spesso introdotta dai dipendenti senza proclami formali”.

Allora come trasformare questo approccio spontaneo in valore strutturato?

Il paradosso è proprio questo. A volte si utilizza ChatGPT come si usava Google dieci anni fa, (dunque in modo improprio, perché l’IA non è un motore di ricerca), ma sottovoce, quasi temendo un rimprovero. Al contrario, conoscere, organizzare e incanalare in modo positivo l’uso di questi strumenti nelle PMI può moltiplicarne l’efficacia. Ce ne sono già in quantità vertiginosa – ogni settimana l’ecosistema partorisce nuove soluzioni, specialistiche o multi-purpose. Il punto di svolta arriva quando i collaboratori escono dall’ombra: non più clandestini digitali, ma pionieri che mettono in comune best practice e potenziali rischi.”

Primo dei quali la privacy, l’elefante nella stanza quando si parla di IA generativa. Le PMI come stanno navigando questo mare incerto?Il tema della sensibilità dei dati è questione cocente, ma qui le piccole aziende giocano paradossalmente un match più agevole. Non essendo inglobate in gruppi strutturati, hanno mano più libera e vincoli meno stringenti.”

Tutto facile, allora? “Ovvio che no, resta il problema della circolazione incontrollata di informazioni critiche, ma è un rischio che l’IA ha solo messo in risalto, non certo creato. Pensiamoci: far passare file di lavoro su WhatsApp o piattaforme di messaggistica comporta vulnerabilità non dissimili. L’IA ha solo acceso i riflettori su pratiche già problematiche, almeno in potenza”.

Dunque il gioco vale la candela? Conviene introdurre in azienda qualcosa di nuovo e sfidante quale l’IA, che – come tutte le innovazioni travolgenti – merita la giusta attenzione e cautela, per una mera promessa di produttività e qualità del lavoro? Traso è convinto.

“Il risultato immediato è un aumento di produttività individuale – questo è innegabile. Ma c’è un salto quantico che molte aziende faticano a compiere: se l’utilizzo dell’IA non si inserisce in una strategia organica di innovazione dei processi e dei flussi tra funzioni, il beneficio resta confinato. L’aumento di produttività lo percepisce la singola risorsa, che ottimizza il proprio lavoro, ma questo non si trasforma in vantaggio competitivo per l’intera organizzazione.”

Una rivoluzione per infiltrazione

L’IA “va di moda”, in un certo senso, ma anche se molti ne parlano, pochi la usano.

Mi piace pensare all’IA come mezzo, non come fine. L’errore capitale sarebbe lanciare progetti orientati all’introduzione dell’IA a tutti i costi, mossi solo dalla paura di sembrare antiquati. L’IA non va inseguita come una chimera tecnologica, ma governata come motore di innovazione concreta. E guidata dalla formazione. L’IA si impara; non ci vuole molto tempo ma bisogna aprire la mente e rimettersi un minimo a studiare. Il fai-da-te non sempre funziona, perché ChatGPT non è Google, anche se molti non l’hanno ancora capito.”

Un consiglio ai leader delle PMI? “Iniziate piccoli, pensate in grande. L’IA non è magia, è uno strumento potente che amplifica l’intelligenza umana. Le aziende che lo capiranno trasformeranno un trend tecnologico in vantaggio competitivo sostenibile”.

Non è tanto dunque una questione tecnologica, quanto culturale e strategica. Una rivoluzione che procede per infiltrazione più che per proclami, dove il vero valore non sta nell’algoritmo di per sé, ma nella visione di un umano smart che lo guida, e nell’ecosistema che lo accoglie.

 

 

 

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