In Italia c’è una leva motivazionale assimilabile al traffico per gli olandesi e il Nord Europa? Da noi la sostenibilità esiste su troppa carta e su troppe pareti, ma meno come effettiva cultura sentita da cittadini e lavoratori. È possibile tracciare un parallelo più vicino ai nostri stili culturali, alle nostre abitudini e consuetudini, per ipotizzare anche qui una flessibilità così spostata sul pomeriggio?
“Al momento sarebbe possibile adottare questa misura nel nostro Paese solo se si adottassero dei cambiamenti, perché andrebbero tenuti in considerazione diversi ostacoli”, spiega Gilberto Gini. “Il primo è di tipo normativo: pochissimi contratti collettivi nazionali o aziendali prevedono la modalità mista nella stessa giornata lavorativa. Di solito è il datore di lavoro che richiama il lavoratore in presenza in caso di situazioni ben determinate”.
“Il secondo è di tipo culturale: le nostre abitudini sono molto diverse da quelle olandesi e del Nord Europa, e i nostri datori di lavoro tendono ancora ad applicare un modello organizzativo rigido che dà poco spazio alla conciliazione dei tempi di vita e lavoro. Sono ancora troppe le resistenze al lavoro agile e a un modello lavorativo flessibile, il tutto viene ancora visto come modalità per ‘lavorare poco e produrre meno’. Il modello fordista basato su controllo e presenza la fa ancora da padrone.”
Cambiamenti che in Olanda esistono già, quindi. “La società olandese è molto propensa al cambiamento, prevale una mentalità aperta supportata da una delle economie più forti al mondo, che offre svariate possibilità di trovare un impiego. La cultura enfatizza il rispetto per l’ambiente e la sostenibilità, principi che si riflettono nelle politiche governative e nello stile di vita dei cittadini. Sono presenti inoltre molte misure di sostegno alla famiglia e alla genitorialità.”
E l’Italia? “Al contrario, il nostro Paese si presenta poco incline al cambiamento, e il rispetto per l’ambiente e la sostenibilità vengono presi poco in considerazione. Il tessuto economico offre poche possibilità di impiego e le misure di sostegno alle famiglie e alla genitorialità non coprono la richiesta. Con una situazione del genere diventa impossibile per i lavoratori spostare la mobilità lavorativa verso il pomeriggio: c’è troppa rigidità (orari di lavoro, scolastici, mancanza di assistenza e sostegno per le famiglie) e troppo poca cultura del lavoro per un passo del genere”.
Anche a partire da riflessioni come questa, lo smart working va considerato un processo in divenire con margini definiti nel tempo e nella sostanza, o è un modello organizzativo che non smetterà mai di mutare?
“Sono dell’avviso che il lavoro agile sia un processo ancora in divenire, perché il suo utilizzo di massa è iniziato solo a causa della pandemia”, conclude Gini. “Nei Paesi più aperti dal punto di vista culturale la sua adozione è più rapida e con forme sempre più flessibili, cucite su misura per i lavoratori, mentre in quelli arretrati come il nostro sta incontrando molte resistenze. È comunque un modello organizzativo che non smetterà di mutare, perché si adatterà alle nuove generazioni di lavoratori e ai nuovi modelli di società, dove l’organizzazione del proprio tempo, libero e di lavoro, sarà sempre più importante”.
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