L’altra faccia del panico

Un cerchio immaginario, un perimetro tracciato nella mente entro il quale circoscrivere ciò che si conosce, dove ci si sente sicuri, relegando al di fuori ciò che è ignoto, non considerando come ulteriori possibilità neppure quelle che potrebbero cambiare la vita in meglio, dove non ci sono rischi o si cerca di evitarli quanto più possibile. […]

Un cerchio immaginario, un perimetro tracciato nella mente entro il quale circoscrivere ciò che si conosce, dove ci si sente sicuri, relegando al di fuori ciò che è ignoto, non considerando come ulteriori possibilità neppure quelle che potrebbero cambiare la vita in meglio, dove non ci sono rischi o si cerca di evitarli quanto più possibile.

La intendiamo così, di solito, la cosiddetta zona di comfort.

Le azioni sono mirate a mantenere quella condizione “confortevole”, dove tutto è calcolabile, ci si può confondere, diventare quasi invisibili, uniformando le azioni ad uno standard. Una vita fatta di esecuzioni abitudinarie volte a farci sentire preservati, esenti dall’imprevisto, dalla paura, dal male. E’ naturalmente un’illusione.

Uscire dalla zona di comfort significa affrontare i propri timori e i possibili rischi di fallimento. Gli insuccessi possono portare insegnamenti, analizzando errori e sconfitte al fine di migliorare per il futuro.

Possiamo raffigurare un’immagine composta dallo spazio creato da tre cerchi, ognuno dei quali corrisponde ad una “zona”.

Cosa c'è fuori dalla Comfort Zone

 

Superando la zona di comfort, si accede all’area dell’apprendimento e, con la forza di volontà, si dà spazio alla possibilità e all’imprevisto. Oltre la zona di apprendimento se ne può configurare una assolutamente estranea, a volte ostile, che oltre al disagio può creare una vera sensazione di panico. L’apprendimento diviene impossibile perché lo stress, che può essere ragionevolmente insito in situazioni nuove e quindi accettabile nella fase di acquisizione di nuove conoscenze, diviene qui incontrollabile e ne travalica una realistica gestione.

Esiste quindi un limite, che non può certo giustificare una stagnazione di comodo, ma si deve prevedere un’adeguata preparazione al presentarsi di situazioni critiche o impreviste.

Comfort zone, questione di testa

La comfort zone è un fattore mentale, si espande proporzionalmente alle esperienze, arricchendo il nostro bagaglio culturale: gli ostacoli superati confluiscono così di volta in volta nella zona conosciuta. Al contrario, il non volerne uscire crea barriere per se stessi sempre più alte e invalicabili.

L’uomo non è stato creato per nascondersi o sopravvivere, l’uomo è stato creato per essere libero, vivendo appieno la sua vita.

William Shedd: “Le barche nel porto sono al sicuro, ma non per questo sono state costruite”.

Non si sta parlando di fare gli eroi, quelli li lasciamo al mondo dei fumetti, ma di persone che hanno preso in mano la propria vita volgendo al meglio la loro situazione.

Quando, durante la trasmissione “SiamoNoi””, ascolto l’intervista di Enzo Mauro Muscia, presidente di A Novo Italia (servizi post vendita per prodotti elettronici), capisco di essere di fronte ad uno di quei casi in cui un uomo è stato capace di modificare la sua storia e quella degli altri.

Enzo Mauro Muscia nel 2016 viene insignito dal presidente Mattarella della carica di “Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana”, come premio al suo spirito di iniziativa, al coraggio e alla generosità, dimostrati nel dare vita a questa azienda riassumendo i colleghi licenziati dalla precedente gestione.

Mattarella_Muscia_Nomina a Cavaliere

Papà siciliano, mamma lombarda, entra nel 2000 nella sede di Saronno della multinazionale francese Anovo, come perito elettronico.

Nel 2011, dopo percorsi di carriera interni, arriva a far parte del reparto commerciale dell’azienda. Dalla casa madre di Parigi arriva però un giorno la comunicazione che la filiale italiana verrà chiusa. Subentra quindi il curatore fallimentare ma, dopo un primo tentativo di salvataggio, la situazione non volge in positivo: 320 persone vengono così licenziate compreso lo stesso Muscia.

Lui però non riesce ad arrendersi al fatto di perdere tutto ciò per cui ha lottato. Prova così ad avviare una start-up e a ricapitalizzare l’azienda, inizia a bussare alle porte delle banche ma nessuno è disposto a finanziare la sua iniziativa. Decide così di acquistare lui stesso l’azienda e grazie alla sua esperienza, al bagaglio professionale e umano, investe con i propri mezzi nel progetto, ipotecando la propria casa e i risparmi di una vita.

Inizialmente riesce ad assumere solo 8 dei suoi ex colleghi, scelti per merito e professionalità lavorativa dimostrata nel corso degli anni e comincia a ripartire. Oggi l’azienda ha 34 lavoratori, tutti ex dipendenti, tutti con contratto a tempo indeterminato.

I suoi collaboratori, come lui ama definirli in una intervista rilasciata sempre per la trasmissione “SiamoNoi”, raccontano di cosa hanno provato nel momento più buio e capiamo il valore di questa storia:

“Perdere il lavoro è stato come un lutto, nessuno rispondeva, mi sembrava una cosa impossibile”.

“La notizia mi ha lasciato di stucco, avrei voluto comprare casa e andare a vivere da solo, questa cosa ha completamente bloccato ogni progetto del mio futuro”.

“E’ stato uno spavento, tre figli, il mutuo”.

“Quando perdi il tuo reddito diventa duro pensare alla tua vita”.

“Riuscire a dare il meglio ai tuoi figli e il meglio a tua moglie, è venuto a mancare una parte di te, soprattutto dopo tanti anni di lavoro continuo e di sacrifici”.

I suoi dipendenti, a seguito della nomina, hanno costruito per lui una spada di cartone con su riportato:

“Per il nostro cavaliere. Grazie, Il Tuo Team”.

Enzo Mauro Muscia appartiene a quella categoria di persone cosiddette “Intelligenti”, definite tali da Carlo M. Cipolla nel suo brillante saggio Allegro ma non troppo, poiché esse hanno saputo trarre un guadagno dalle loro azioni portando valore alla società.

Non si può sapere quale sia la scintilla; forse disperazione, ambizione, frustrazione, incoscienza, ma quel sentimento è così potente da spingere le loro azioni “oltre”, dove non pensavano sarebbero mai andati, traendo opportunità da una situazione critica.

Le doti e i difetti possono essere generalmente raccolti e rappresentati mostrando un prototipo di persona di valore, ma solo l’unicità di ogni individuo è la vera ricchezza che fa “la differenza”. Nessuno di noi è uguale ad un altro.

Nel film Three Kings, fine anni ’90 del regista David O. Russell sulla guerra nel Golfo, George Clooney e Spike Jonze interpretano una scena che colpisce, una frase in particolare dove paura e coraggio si ritrovano nella loro naturale congiunzione. Ovviamente la guerra è quanto di più terribile possa esistere e il coraggio non risiede in atti eroici o plateali, non solo; lo troviamo in ogni piccola azione quotidiana volta al miglioramento, tramite la quale possiamo uscire dallo spazio confortevole che il nostro spirito di conservazione tende sempre a voler ricreare.

 “Quando fai le cose di cui hai paura solo dopo averle fatte ne hai il coraggio, non prima”.

 

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