Giovedì 20 ottobre 2022, SABO S.p.A. ha diramato il comunicato con cui annunciava l’acquisizione, da parte della neocostituita SABO GmbH, sia del business TAA e relativi derivati (materie prime chiave per produrre stabilizzanti alla luce, per rivestimenti e beni di consumo) sia di due siti produttivi: uno in Germania (nel Parco chimico di Marl, in Renania settentrionale) e l’altro in Cina (a Liaoyang, a sud di Shenyang), dove erano occupati in tutto circa 250 lavoratori, rilevandoli dalla multinazionale chimica tedesca Evonik Industries AG, un gigante del comparto. Sede a Essen, un EBITDA pari a 2,38 miliardi a fronte di ricavi per 15 miliardi nel 2021, e circa 33.000 dipendenti sparsi in circa cento Paesi nel mondo.
“Nei giorni successivi – ricorda ancora il segretario Iavarone – con Colmach, che a mio parere si muoveva in stretto accordo con SABO, ci furono due-tre incontri. Uno dei quali, il 21 ottobre, in Prefettura, presente lo stesso Prefetto”.
Ma le prove di dialogo abbozzate si sono rivelate infruttuose. Di fronte all’eventualità del permanere di una situazione di stallo (con tutte le possibili conseguenze del caso), il 27 ottobre SABO S.p.A. ha deciso di rescindere il contratto con Colmach S.R.L., esonerando la società di Brembate Sopra “dal proseguire nell’attività per il periodo residuo” previsto dal contratto: cioè, fino a fine anno.
Nel prendere atto della decisione della committente, Colmach S.R.L. ha comunicato ai suoi dipendenti in sciopero che “allo stato attuale non vi è più alcuna attività affidata alla nostra società presso lo stabilimento di SABO a Levate”.
“Vi informiamo – concludeva il messaggio di Colmach indirizzato ai dipendenti in presidio nelle immediate vicinanze del cancello d’ingresso allo stabilimento SABO – che nel caso in cui intendeste riprendere servizio e cessare l’agitazione, sarete temporaneamente dispensati da ogni prestazione lavorativa, in attesa di individuare i più idonei provvedimenti organizzativi imposti dall’attuale situazione”.
Contestualmente, i vertici di SABO S.p.A. hanno reso nota l’intenzione di imprimere una decisa accelerata al “processo già programmato di internazionalizzazione (in Germania e in Cina, N.d.R.) di alcune attività e competenze” quali “il formgiving (cioè il modellamento, N.d.R.) e il confezionamento di alcuni prodotti realizzati nel proprio stabilimento di Levate”.
“In questo modo Colmach, ma soprattutto i suoi 30 dipendenti, rei di aver preteso di non venire ulteriormente sfruttati, sono stati scaricati”, conclude Iavarone.