Big data all’Europeo: come andranno gli azzurri?

Il calcio è un gioco di quelli difficili da prevedere. Alcuni sport sono più aritmetici di altri, il baseball, per esempio, perché il fluire degli eventi è più schematico e le azioni sono successioni di eventi binari (1/0) più facilmente misurabili. Non è la stessa cosa per il calcio, dove l’azione è a flusso continuo, con […]

Il calcio è un gioco di quelli difficili da prevedere. Alcuni sport sono più aritmetici di altri, il baseball, per esempio, perché il fluire degli eventi è più schematico e le azioni sono successioni di eventi binari (1/0) più facilmente misurabili.

Non è la stessa cosa per il calcio, dove l’azione è a flusso continuo, con ribaltamenti imprevedibili, che possono davvero generare azioni casuali. Ciò nonostante, l’uso dei dati sta esplodendo sempre di più anche con riferimento al pallone, e lo dimostrano allenatori e team (soprattutto all’estero) che si servono di statistiche e data manager per cercare di trarre informazioni utili alla gestione della squadra e a esprimere in modo più efficiente le potenzialità.

È diventato celebre il caso del Midtylland, una squadra danese di un piccolo paese delle terre del principe Amleto. Cercando di ovviare all’oggettiva mancanza di risorse, la società ha investito su un team di statistici e matematici che, modelli alla mano, hanno costruito una squadra basata su algoritmi. Ci sarà forse meno poesia in questo, però il Midtylland ha vinto, zitto zitto, il campionato danese per un paio di volte, e detiene il record di goal su palla inattiva in Europa, dove è riuscita a dare del filo da torcere al blasonato Manchester United in Europa League.

Anche la favola del Leicester, a ben guardare, non è poi soltanto una favola, se si pensa che la squadra inglese, con la sua amministratrice delegata Susan Whelan, pioniera del cambiamento, ha investito molto nell’uso dei dati e ha ottenuto, anche sul lato commerciale, brillanti risultati, triplicando il fatturato in pochi anni.

In questo campionato europeo, un top team come la Germania si serve dei dati attraverso un’app, SAP Challenger Insights, che ogni giocatore ha a disposizione. Attraverso statistiche dettagliate e suggerimenti, la gestione della tattica si avvale del supporto digitale per conoscere meglio gli avversari e le strategie con cui affrontarli.
Il centrocampista Kroos ha detto: “Sappiamo tutto degli azzurri, perché la app ci dice con quale percentuale un tiro viene indirizzato nel sette della porta. Il problema, semmai, è la terza riserva della Romania. Ma anche a questo servono i dati”.

Ma adesso dedichiamoci agli azzurri.
Attraverso alcune tecniche di data mining, abbiamo utilizzato i dati del Player Barometer della Uefa, un indicatore individuale, costruito per tutti i 550 giocatori delle nazionali presenti all’europeo, che, ruolo per ruolo, aggrega statistiche sulle performance in partita dal 1 gennaio 2016 a oggi: numero di tiri per gli attaccanti e tackles per i difensori, per non citarne che alcuni. Le misure tengono conto del ruolo del giocatore. Il barometro viene aggiornato quotidianamente e tiene conto degli infortuni e anche dello stato di forma più recente: partite più lontane nel tempo hanno un peso inferiore.

A beneficio del pubblico, ecco qui la classifica dei 10 attaccanti più in forma:

1)  Cristiano Ronaldo
2)  Zlatan Ibrahimovic
3)  Olivier Giroud
4)  Gareth Bale
5)  Harry Kane
6)  Alvaro Morata
7)  Jamie Vardy
8)  Aritz Aduriz
9)  Robert Lewandowski
10) Fedor Smolov

Non c’è neanche uno degli azzurri, senza che ce ne vogliano Pellè, Eder o Immobile,  e che, in ogni caso, fino ad ora si sono comportati alla grande.

Aggregando il ranking dei giocatori per ogni singola squadra, considerando la posizione in classifica come un punteggio, abbiamo ordinato i team, da quello con il punteggio inferiore (e quindi con più giocatori in alta classifica) a quello con il punteggio massimo (e quindi con più giocatori fuori forma).
La Spagna risulta la squadra più in forma, mentre l’Italia si classifica al sesto posto, davanti al Belgio che abbiamo battuto, infatti, in apertura.

C’è di che essere ottimisti?
Noi pensiamo di sì, ma il modello di predizione dei risultati stimato costruisce uno scenario non troppo speranzoso per le nostre ciance finali.
Gli azzurri, infatti, secondo le nostre stime, hanno buone probabilità di classificarsi ai quarti ma, con altrettanta franchezza, rischiano di uscire eliminati da un tabellone iper difficile.
Serviranno gli occhi della tigre che cita sempre Antonio Conte. E magari pure la fortuna della coccinella salvata da Barzagli.

A vantaggio del ct, possiamo dire che i dati non possono tenere conto del valore aggiunto dell’allenatore o di elementi emozionali come il fattore campo (a favore della Francia) o la pressione dei tifosi.
Quello che certamente aiutano a fare è gestire al meglio il team con tutti i suoi membri, per centellinare gli sforzi e sfruttare le debolezze dell’avversario. Non è un caso che proprio l’uso dei dati abbia aperto delle prospettive di business interessantissime nel mondo calcistico.
Ma chi vince l’Europeo? Dopo lungo iterare di stime, noi diciamo la Spagna. Ma ora palla al centro e parola al campo.

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