Bollino rosso, lavoro nero

È iniziata da poco, ma probabilmente buona parte dei nostri ricordi estivi sulle questioni lavorative saranno legati al tema rider, il dibattito sull’inquadramento dei lavoratori delle aziende di food delivery, protagonista dei giornali e non solo. Eppure i temi caldi non si limitano ai fattorini che lavorano per i vari Just Eat o Foodora. A […]

È iniziata da poco, ma probabilmente buona parte dei nostri ricordi estivi sulle questioni lavorative saranno legati al tema rider, il dibattito sull’inquadramento dei lavoratori delle aziende di food delivery, protagonista dei giornali e non solo.

Eppure i temi caldi non si limitano ai fattorini che lavorano per i vari Just Eat o Foodora.
A fronte dei circa 50.000 che attualmente lavorano per un’azienda di food delivery c’è una questione che si ripropone purtroppo ogni anno, e coinvolge un numero sicuramente maggiore di persone.

 

Mettere i lavoratori in contatto con i loro diritti

Stiamo parlando del lavoro stagionale, ossia l’occupazione solo in determinati periodi dell’anno senza l’elemento della continuità, spesso nel periodo estivo, con particolare attenzione al lavoro nero stagionale. Si tratta di una questione ancora così rilevante che Filcams CGIL, organizzazione sindacale di categoria della CGIL che rappresenta i lavoratori dei settori terziario, turismo e servizi, ha lanciato sui social e nei territori la campagna di informazione Non c’è turismo senza tutele, con l’obiettivo di sensibilizzare i lavoratori stagionali alla conoscenza dei propri diritti.
Nell’ambito di un settore come quello del turismo, che continua a far registrare dati positivi, il lavoro spesso non viene regolarizzato, o sono gli stessi lavoratori a ignorare le possibili tutele.

Ne abbiamo parlato con Maria Grazia Gabrielli, segretario generale della Filcams CGIL, con cui abbiamo approfondito la campagna e fotografato numeri ed evoluzioni di un settore con caratteristiche diverse rispetto al passato: “Abbiamo avviato una serie di iniziative, da tavole rotonde a presidi e volantinaggi, nelle maggiori località turistiche, con l’obiettivo di contrastare non solo il lavoro nero, ma tutto il lavoro irregolare, partendo dal dotare i lavoratori della conoscenza pratica dei propri diritti e di come farli valere”.

Ma quanti sono oggi mediamente gli occupati con lavoro stagionale e qual è il loro profilo? “Nel turismo sono circa 300.000. Dopo la crisi il lavoro stagionale non è più un lavoro esclusivamente per giovani, ma anche per persone avanti con gli anni che faticano a ricollocarsi stabilmente nel mercato del lavoro. Sono part time o full time a tempo determinato: i part time in genere fanno molte ore in più di quelle previste dal contratto di assunzione, retribuite spesso in nero. Nettamente in ripresa l’utilizzo del lavoro a chiamata, che però spesso nasconde prestazioni di lavoro tutt’altro che intermittenti, ma continuative e prolungate. Poi c’è la nuova frontiera della precarietà che è quella dello stage o tirocinio. Ovviamente persiste la piaga del lavoro irregolare e nero. Nel turismo più di altri settori, il tema dell’oscillazione della domanda legata alla stagionalità è di gran lunga predominante”.

 

Imprese nel turismo, un problema culturale

Insomma il profilo dei lavoratori stagionali è cambiato con il tempo. Sembrano però non mutare le problematiche, legate soprattutto al lavoro nero: “Il fenomeno persiste in tutte le sue sfumature anche se i dati sono approssimativi, legati al numero delle denunce e alle visite ispettive, pertanto per loro natura parziali. Si va dalla vera e propria assenza di un contratto individuale, al mancato rispetto delle norme sulla sicurezza, dei riposi giornalieri e settimanali, a vere forme di cottimo”, spiega la Gabrielli.

Le cause sono di diversa natura: “Innanzitutto, c’è un problema culturale nel fare impresa in questo settore.Troppa improvvisazione, scarsa programmazione e l’incapacità di pensare a ricavi, anche attraverso investimenti sul fattore lavoro a lungo termine e non immediati. La stagionalità della domanda è di certo un problema, ma non tale da giustificare vere e proprie forme di sfruttamento che nel 2018 sono intollerabili”.

Sul risultato attuale a quanto pare hanno influito anche le ultime riforme del mercato del lavoro, denuncia la Gabrielli: “Su un quadro contrassegnato già da forti fragilità le ultime riforme del mercato del lavoro hanno contribuito a ridurre tutele e garanzie per chi lavora. Sono mancati investimenti sul turismo e per il turismo da parte dei vari governi. Il piano strategico 2017- 2021 voluto dall’ex ministro Franceschini sulla carta è valido, ma restano profonde incognite sulla sua effettiva realizzabilità. Se si aggredisse seriamente il problema della stagionalità, ad esempio, si creerebbero molte più occasioni di lavoro stabile. Non si è investito nel lavoro, come se il lavoro nel settore fosse un aspetto secondario mentre in realtà camerieri, marinai di salvataggio, receptionist e cuochi sono elementi portanti del successo della nostra offerta in tema di ospitalità”.

Le nostre politiche occupazionali in materia di disciplina del lavoro stagionale hanno insomma dimostrato leggerezza nell’approccio al tema, evidenziando scarsa attenzione a un ambito rilevante sia in termini di occupati che di ricavi.

 

Il lavoro stagionale e i rider, un problema comune

Per questo Filcams CGIL suggerisce una serie di azioni di contrasto: “A nostro avviso vanno aumentati i controlli da parte degli organi ispettivi per contrastare gli abusi. Va modificato il quadro legislativo di riferimento riducendo il numero dei possibili contratti di assunzione. Va ripristinato l’accesso alla piena tutela della Naspi, l’indennità mensile di disoccupazione per i lavoratori stagionali, che il governo Renzi ha dimezzato. Devono essere varate politiche di stampo industriale per il turismo investendo in infrastrutture, ecosostenibilità, destagionalizzazione. Bisogna chiudere in sostanza il capitolo dei proclami e aprire quello delle azioni concrete”.

In effetti, a una riflessione più attenta, qualche punto di contatto tra la situazione dei lavoratori stagionali e quella dei rider c’è. Ed è più di un punto: si tratta di una riflessione profonda su una cultura che dimostra scarsa considerazione per un certo tipo di lavoratori.

“La vicenda dei rider mette in luce come si continui, in generale, a sottovalutare il lavoro e i lavoratori. Da quando si è iniziato a parlarne, questo tipo di occupazione viene sminuita dall’etichetta di lavoretti, di attività autonoma liberamente scelta da giovani amanti della bicicletta; un modo falsato di affrontare la questione per celare che si tratta solo di contenimento dei costi e negazione delle responsabilità da parte delle imprese”, afferma la Gabrielli. Riflessione che potrebbe essere applicata anche ai tanti lavoratori stagionali privi di tutele in quanto senza contratto o impiegati con forme contrattuali inadeguate.

“C’è in atto il tentativo di normalizzare la precarietà quando, invece, la priorità è quella di rimuoverla e creare buona occupazione. Un obiettivo che possiamo centrare con la riduzione delle tante, forse troppe tipologie contrattuali, la revisione del Jobs Act e vere politiche attive per il lavoro che restituiscano diritti e tutele a prescindere dal tipo di lavoro svolto. Su queste forme inalienabili di rispetto delle persone e del lavoro la CGIL ha redatto una propria Carta dei Diritti Universali del Lavoro, una proposta di legge di iniziativa popolare, forte della raccolta di oltre un milione e mezzo di firme, su cui chiediamo si apra al più presto la discussione in Parlamento”, conclude la Gabrielli.

Non a caso, uno dei punti della Carta afferma che “tutti i lavoratori hanno diritto a condizioni contrattuali chiare e trasparenti e scritte, e a ricevere ogni informazione utile per la tutela dei propri interessi e diritti”. Affermazione più che mai pertinente e attuale, che si spera non rimanga solo un punto all’interno di un elenco.

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