Cavaliere, se permette: “Se parla Confindustria, figurarsi noi”.

“Io sono stato Presidente di una territoriale di Confindustria anni fa”. Pausa. “Qui il setaccio è più fine, ne passano pochi”. Pausa breve. “Per cui credo che, se Confindustria dice la sua, noi possiamo fare altrettanto. Possiamo dare un contributo, sì, di idee e di proposte”. Insomma, se parlano gli industriali, figurarsi i Cavalieri. “Quindi ha senso questo […]

“Io sono stato Presidente di una territoriale di Confindustria anni fa”. Pausa. “Qui il setaccio è più fine, ne passano pochi”. Pausa breve. “Per cui credo che, se Confindustria dice la sua, noi possiamo fare altrettanto. Possiamo dare un contributo, sì, di idee e di proposte”. Insomma, se parlano gli industriali, figurarsi i Cavalieri. “Quindi ha senso questo Ordine al merito del lavoro?”. “Ha senso, sì. Abbiamo bisogno di cose sedimentate nel tempo, se vuoi antiche”.

Casoli: “Mica ho vinto la lotteria?”

Francesco Casoli è un imprenditore sui generis. Quando tutti correvano per la riconferma in Parlamento, lui fece un passo indietro. Da Senatore per il Pdl, tra il 2006 e il 2013, lasciò il posto ai “paracadutati da Roma”, quelli che – sparite le preferenze alle Politiche – hanno occupato i seggi secondo il neo manuale Cencelli, ieri berlusconiano, oggi post renziano.

Nel frattempo Casoli ha fatto parecchie pedalate in avanti, sulla bicicletta, folgorato dalle due ruote a oltre 50 anni, con l’infaticabile vizio di rispondere sempre alle telefonate, comprese le interviste rilasciate sui tornanti in salita del Mortirolo, oppure sulle onde cavalcate con il proposito di traversare l’Atlantico in barca a vela. Una sfida classica, quindi, perché rinunciare?

Oggi l’uomo si prepara all’appuntamento solenne del 30 novembre al Quirinale, con Sergio Mattarella, dando peso alla tradizione “contro la corsa all’ultimo tweet”. Fosse anche quella dei Cavalieri del lavoro, tra i quali è entrato dopo la nomina del Presidente della Repubblica nel giugno scorso, in attesa del culmine previsto a fine mese.

Per il 56 enne patron di Elica Spa, unica multinazionale rimasta a guida italiana nel distretto delle cappe aspiranti di Fabriano, l’ingresso tra i 557 di “specchiata condotta civile e sociale” requisita per l’ingresso è un “riconoscimento a un lavoro collettivo”. “Mica ho vinto la lotteria?”, aggiunge.

Lo scatto di tradizione e orgoglio che non t’aspetti è quello di chi a 16 anni si è trovato senza il papà Ermanno, fondatore dell’azienda, e con tutta una storia imprenditoriale da scrivere.

“Siamo la metà del Pil italiano”

Le sue parole riprendono quelle recenti di Antonio D’Amato, pure lui ex di Confindustria (palestra per futuri insigniti), dal 2000 al 2004: “Siamo poche centinaia, ma siamo quasi la metà del Pil italiano. Dobbiamo esercitare fino in fondo questa responsabilità”. È un’agenda nuova per l’industriale napoletano, oggi Presidente della Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro.

La “cavalleria” ha visto, nei 116 anni di attività, 2.852 nominati, di cui 557 associati alla federazione. Il “restringimento della carreggiata” nella maggioranza dei casi è frutto del passaggio a miglior vita, e in quelli restanti della cancellazione dalla federazione o della decadenza del titolo. Tra gli ultimi due, cancellazione o decadenza, il nodo.

Berneschi, Berlusconi, Zonin: “Non associati”. Tanzi: “Indegno”

“Se lei controllerà, sul sito dell’associazione – ci dicono dalla federazione – troverà alcuni nomi con una X accanto. Vuol dire che non ne fanno più parte”. I cavalieri non più associati sono nomi come Gianni Zonin, per cui è stato chiesto il rinvio a giudizio nell’affaire Popolare di VicenzaGiovanni Berneschi, condannato in primo grado per truffa nella vicenda Carige, per non parlare del cavaliere per antonomasia, Silvio Berlusconi. Tutti formalmente cavalieri del lavoro, quindi “di specchiata condotta” e in regola con i tributi, ma non più associati.

L’unico che ha perduto il titolo, per “indegnità”, è Calisto Tanzi, ex patron di Parmalat. “Una vicenda particolare”, ammettono dalla Federazione. E gli altri sono più degni? “Non fanno più parte della Federazione. L’onorificenza viene attribuita ogni anno dal Presidente della Repubblica su proposta del Ministro dello Sviluppo e istruttoria del Consiglio dell’ordine. Il procedimento vale anche per le revoche”. Quindi se Mattarella non revoca il titolo a Berlusconi, Berneschi e Zonin (per fare alcuni esempi) voi non potete fare nulla? “Sulla revoca non interveniamo”. Ovvero: i pesi non valgono per tutti allo stesso modo. Però voi potete sospendere? “Sì, ma non revocare”. Casoli, se le parlo di “etica” dei Cavalieri? “Come ha detto, Elica?”. No, e-t-i-c-a. “Guardi, neppure i preti sono santi. E poi in questa battaglia sulla purezza c’è sempre il più puro che ti epura”.

“La nostra è una realtà variegata di persone – ci spiegano – che hanno un quid pluris”, un qualcosa in più, “la visione di lungo periodo, la presenza nei mercati esteri e un impegno in termini di occupazione e investimento”. E poi? “Non possono essere nominati più di 25 cavalieri all’anno, ci sono maglie strette”.

Famiglie e “misteri”: una storia italiana

Scorrendo l’elenco dei 2852 (sul sito si legge 2.847) ne risulta un ritratto italiano fatto di famiglie imprenditoriali – AgnelliAstaldiAuricchioAvernaBenetton Bormioli – banchieri – AbeteProfumo Passera – e misteri: tra i cavalieri anche Roberto Calvi, l’ex “banchiere di Dio”, condannato in primo grado per reati valutari e trovato suicida a Londra il 18 giugno del 1982.

È una carta d’identità fedele di chi siamo stati e di chi siamo, dunque, seguendo Casoli: “Perché cambiare?”. A proposito Casoli, è emozionato per la consegna? “Sono vaccinato, ma un po’ d’ansia da prestazione c’è sempre. Un po’ come il giorno prima dei compiti in classe”.

 

Foto: “I Cavalieri del lavoro incontrano Papa Francesco”, anno 2015.

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