Condividere una nuova consapevolezza

Immaginiamo di essere all’interno di un grande cantiere, di forma quadrata. Su ciascun lato una squadra di muratori. Nessuna delle squadre sa quale è precisamente il progetto della facciata altrui, ma sono tutti consapevoli di dover arrivare alla stessa quota e con la medesima tempistica. Risultato? Ciascuna squadra procede in totale autonomia, inserendo finestre e […]

Immaginiamo di essere all’interno di un grande cantiere, di forma quadrata. Su ciascun lato una squadra di muratori. Nessuna delle squadre sa quale è precisamente il progetto della facciata altrui, ma sono tutti consapevoli di dover arrivare alla stessa quota e con la medesima tempistica. Risultato? Ciascuna squadra procede in totale autonomia, inserendo finestre e scale a piacere, decidendo il numero dei piani e proseguendo con il lavoro o troppo in fretta o troppo lentamente, trovando evidenti difficoltà a concludere la propria parte. Perché tutto ciò? Semplice: per l’assenza di un progetto condiviso, ovvero di una visione unica che possa garantire contenuti, processi e sviluppo corretto.

Questa semplice metafora mi aiuta oggi a riflettere sul ruolo-chiave che può rivestire oggi in azienda la comunicazione interna, non tanto come strumento per “raccontare ciò che avviene” quanto come leva imprescindibile di produttività ed efficienza. Perché se non si è davvero a bordo è impossibile avere la necessaria sincronia che consenta di lavorare assieme. Ciò vale da sempre e in ogni contesto, ma vale soprattutto quando le imprese crescono, si aggregano, vengono acquisite, cambiano proprietà, come ci spiega Andrea Zorzi, responsabile Comunicazione Interna Intesa San Paolo.

“Fin dagli anni ’90 la banca per cui lavoro è cresciuta passando attraverso una serie di fusioni, con la conseguenza che spesso di anno in anno venivano messe insieme persone con provenienze professionali e culturali molto diverse. E nulla poteva funzionare se non venivano integrate anche le culture. – racconta Zorzi – Noi volevamo un’unica banca, non più di una. Così, assieme a Giovanni Bazoli, presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa San Paolo, abbiamo deciso di puntare fortemente verso la Comunicazione Interna. Ciò ci ha consentito di velocizzare decisamente il processo di fusione e soprattutto di facilitare il consolidamento di un codice comune”.

E lungo il proprio percorso l’attuale Intesa San Paolo ne ha viste tante. Di qui già negli anni ’90 la creazione della prima intranet, con programmazione e contenuti continui. Fino ad arrivare oggi a 22 canali web dedicati alle proprie 96.000 persone, passando per un house organ online. Il tutto supportato da uno staff di 55 persone, che lavora a stretto contatto con l’area HR.

“Solo grazie ad un coerente e costante programma di comunicazione dedicato ai collaboratori dell’azienda è davvero possibile proiettarsi in avanti ed evitare che le persone guardino di continuo nello specchietto retrovisore. – continua Zorzi – Ciò serve anche ad evitare tensioni nel caso di vertenze che piombano dall’alto, come nel recente caso di Air France. Difficile far funzionare le cose senza un adeguato piano interno di comunicazione, che passa sempre da un ascolto strutturato”.

Ed è proprio sul tema dell’ascolto che tutto si impernia. Perché non ha senso agire in alcun modo se non si è consapevoli di ciò che sta avvenendo, del livello di comunicazione esistente e del clima. D’altra parte le leve per fare la differenza risiedono tipicamente all’interno dei vertici aziendali accompagnati in questo dall’area Risorse Umane. Perché siamo di fronte ad un mondo in evoluzione sempre più rapida, che necessita di organizzazioni tanto dinamiche quanto consapevoli.

Dal proprio osservatorio Luca Solari, professore di Organizzazione aziendale presso l’Università degli Studi di Milano e autore di numerosi libri, articoli e saggi sui temi del management e del lavoro, evidenzia come oggi sia fondamentale sviluppare una saggezza collettiva (collective wisdom) che ha molto a che fare con un processo di apprendimento continuo.

“Le regole del gioco sono cambiate e stanno cambiando. Un tempo i manager condividevano obiettivi e fissavano la meta. Poi entrava in gioco la delega e l’autonomia concessa ai propri collaboratori. Ora tutto ciò non basta. Gli scenari sono in perenne evoluzione e le stesse mete non è detto che rimangano fisse. – spiega Solari – È dunque necessario attivare un processo di verifica che preveda anche di mettere in discussione gli assunti iniziali, ed in questo è necessario che le stesse figure manageriali siano pronte a ammettere la necessità di cambiare rotta. Siamo oggi di fronte ad un Manager Esploratore che agisce quasi ispirandosi ai dettami del pensiero economico liberale con una certa dose di spontaneità. Osservando, ascoltando e soprattutto comunicando”.

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