Da HR a Learning and Development manager

Ogni anno, in questo periodo, per tutte le professioni è opportuno fare un bilancio, e quella del formatore non fa eccezione. Il punto della situazione è necessario per individuare le aree di potenziale miglioramento in questa attività sempre più cruciale per le imprese. Agli inizi di gennaio ho avuto la fortuna di ascoltare un intervento di […]

Ogni anno, in questo periodo, per tutte le professioni è opportuno fare un bilancio, e quella del formatore non fa eccezione. Il punto della situazione è necessario per individuare le aree di potenziale miglioramento in questa attività sempre più cruciale per le imprese.

Agli inizi di gennaio ho avuto la fortuna di ascoltare un intervento di Simon Vuillaume, direttore dei progetti internazionali del gruppo Cegos, e ho fatto alcune considerazioni sul significato più attuale e più profondo della professione di formatore. Penso sia utile condividere su Senza Filtro le conclusioni alle quali sono arrivato dopo aver analizzato i sentiment di marketing negli USA, e del mondo delle risorse umane in Europa. Concluderò poi con un esempio concreto di recruiting australiano.

Le domande che mi sono posto sono le seguenti:

  1. A chi sarà meglio rivolgersi per sfruttare al massimo il potenziale delle proprie competenze?
  2. Quali sono i cambiamenti in atto nel mondo HR?
  3. Che cosa si aspettano i responsabili HR manager?

Comprendere i macrotrend: un’occhiata agli scenari marketing USA

Osservare ciò che accade oltreoceano è un po’ come aprire uno Stargate sul futuro prossimo, dare un’occhiata ai prossimi scenari, a ciò che potrà probabilmente accadere in Europa in generale e in Italia più in particolare.

Secondo Ken Bernhardt, professore di Marketing presso la Georgia State University e membro del Consiglio consultivo di Harte Hanks, “il 2018 sarà l’anno in cui il comportamento dei consumatori cambierà nel momento in cui, prendendo le loro decisioni di acquisto, cominceranno a capire come si comporta un’azienda (compreso il modo in cui tratta i lavoratori, come tratta i clienti, come tratta l’ambiente e come interagisce con le comunità locali)”.

Kay Lemon, docente di Marketing presso la Carroll School of Management, focalizza invece la sua previsione per il 2018 sulla customer retention, perché “il processo decisionale dei clienti continua a cambiare e a trasformarsi con la digitalizzazione di tutto ciò che è digitalizzabile, sia nel mercato B2B sia nel mercato B2C. I consumatori e i buyer saranno sempre più coinvolti e partecipi nei loro processi comportamentali d’acquisto, e le aziende dovranno adattarsi a questi nuovi comportamenti. Se si aggiunge a ciò la tendenza delle aziende di tutti i settori e in tutte le aree geografiche, che hanno adottato e compreso il potere del marketing digitale iper-mirato, ne conseguirà che sarà sempre più difficile e molto più costoso acquisire nuovi clienti/consumatori”.

Tornando in Italia: a chi converrà rivolgersi?

Lo scenario del mondo del lavoro nel nostro Paese è stato descritto abbastanza esaustivamente in una ricerca pubblicata da ADN Kronos il 20 dicembre scorso e condotta nel 2017 da InfoJobs, piattaforma di reclutamento online numero uno in Italia:

“Le aziende italiane guardano con fiducia ai segnali di ripresa economica, ma chiedono che questi vengano supportati dall’adozione di provvedimenti legislativi che favoriscano l’assunzione di nuovi talenti e l’implementazione di misure di welfare aziendale. Secondo la ricerca, le aziende continueranno anche durante il prossimo anno l’inserimento di nuove figure professionali: l’85,6% del campione ha in programma di assumere nel 2018. Il 42,8% del campione ha in programma un numero elevato di assunzioni, in vista di una forte ripresa del proprio settore. Questo risulta particolarmente evidente per le grandi aziende: l’86,2% di esse ha, infatti, in previsione un significativo programma di recruiting per il prossimo anno”.

“Tornando al totale aziende, un altro 42,8% prevede una ripresa economica più debole, per cui proseguirà la campagna di recruiting già iniziata negli scorsi anni ma con un numero di inserimenti limitato. Solo il 12,6% del campione prevede di non effettuare nuove assunzioni. Per attrarre nuovi talenti, nel 2018 le aziende punteranno su un ambiente lavorativo stimolante e dinamico (61,2%), con significative possibilità di crescita e di carriera interna (55,1%). Il 53,1% del campione mette l’accento sull’offerta di una formazione continua dei dipendenti per garantire l’acquisizione di competenze richieste da un business sempre in evoluzione. Le occasioni di aggiornamento professionale saranno una priorità soprattutto per le piccole imprese: più della metà di quelle intervistate, infatti, le ha indicate come asset per risultare più appetibile per i migliori talenti. Completano la top five la disponibilità di benefit aziendali (20,4%) e lo smart working (18,4%).”

La prima risposta è evidenziata qui, in questo dato: il 53,1% di tremila aziende dell’universo osservato da InfoJobs rappresenta, in valore assoluto, oltre 1.500 aziende interessate alla formazione continua dei dipendenti. Quindi la domanda in questo mercato si prospetta ampia, ma che cosa si aspetteranno i responsabili HR manager per “garantire l’acquisizione delle competenze richieste da un business sempre in evoluzione”?

Una risposta molto articolata e complessa si può trovare nella lettura della ricerca L & D: Where are we now? realizzata e pubblicata da Towards Maturity, un’organizzazione di ricerca e benchmark che aiuta i professionisti delle risorse umane di tutto il mondo a prendere decisioni intelligenti, basate sui dati che portano a cambiamenti duraturi. Ricordando l’insegnamento darwiniano per cui sopravvive chi meglio si sa adattare, questa ricerca illuminante offre al lettore accorto una molteplicità di riflessioni sullo stato dell’arte del panorama del Learning & Development management.

Che cosa vogliono le aziende

Le prime informazioni utili da inserire nella lista delle opportunità (per redigere una S.W.O.T. Analysis di respiro internazionale) sono le esigenze sentite dal 98% delle imprese intervistate che desiderano migliorare le prestazioni organizzative. Il 97% di esse vuole aumentare la produttività e, contemporaneamente, aumentare la flessibilità e l’accesso all’apprendimento. Il 96% del campione desidera poi che l’apprendimento sia autonomo.

Emerge un’opportunità primaria collegata alla domanda di metodi e tecnologie di erogazione delle conoscenze, posta dal singolo per aumentare la propria efficienza professionale.

Per le imprese, le cinque principali minacce – che per le imprese di formazione si trasformano in opportunità da cogliere nel mercato – sembrano essere rappresentate dal costo di set-up, sviluppo e mantenimento delle competenze e conoscenze (66% delle imprese); dall’incapacità dei dipendenti di gestire autonomamente il proprio apprendimento (65%); da una riluttanza dei manager di linea a incoraggiare nuovi modi di apprendimento (65%); dalla mancanza di competenze nel personale HR relative all’implementazione e alla gestione dell’apprendimento abilitato dalle nuove tecnologie (53%); dalle infrastrutture TLC inaffidabili (52%).

Tradotto in parole povere, le opportunità che si stagliano all’orizzonte saranno: offerta di soluzioni tecnologiche scalabili nel set up e nell’implementazione; coinvolgimento culturale delle risorse umane nel piano di sviluppo formativo personale e autogestito, grazie anche alle tecnologie; condivisione con i manager di linea dell’importanza del driver “cultura d’impresa”; coaching per l’HR per orientarlo verso una visione di Learning and Development.

HR manager o Learning and Development manager?

Una lettura attenta della ricerca fa emergere come gli HR manager delle aziende che ottengono i migliori risultati dalla modernizzazione delle loro strategie di conoscenze siano coloro che prendono coscienza di essere i leader di un cambiamento.

Gli HR manager sono sempre più consci dell’utilità dei nuovi investimenti in tecnologia focalizzati concretamente sulla diffusione e condivisione delle conoscenze, delle capacità, delle competenze dei loro team. Stanno evidentemente acquisendo una nuova consapevolezza: diventano così Learning and Development manager, figure dotate di grande chiarezza d’intenti, che sanno creare esperienze olistiche con le persone, in un sistema vigoroso, dotato di agili infrastrutture digitali, in grado di coinvolgere con continuità le risorse umane al fine di permettere loro l’attuazione di decisioni tempestive e intelligenti.

Le organizzazioni che si muovono in questo senso ottengono un alto numero di benefici, per se stesse in termini di profitto, e per le loro risorse umane.

Una nuova organizzazione dell’apprendimento

Proseguendo nella S.W.O.T. Analysis, dopo aver identificato minacce e opportunità nell’environment internazionale, ognuno di noi professionisti della formazione potrà cercare i propri punti di forza e di debolezza rispetto ai competitor. La ricerca Toward Maturity evidenzia le eccellenze richieste ai L&D internazionali, aprendo le sfide sulle nuove potenzialità dell’attività formativa:

  • saper offrire ai L&D manager nuove strategie di apprendimento mirate a sviluppare le capacità e le prestazioni della forza lavoro, aiutandoli nell’organizzazione per raggiungere i loro obiettivi;
  • saper motivare i professionisti di L&D alla crescita, con un focus a lungo termine sul quadro generale degli obiettivi d’impresa.
  • suggerire piattaforme e sistemi di comunicazione interna. Aiutarli nella navigazione nel complesso mondo IT, semplificando le soluzioni per soddisfare le esigenze di conoscenza delle loro risorse umane;
  • favorire le opportunità di cambiamento, combinando efficacemente gli elementi one-to-one, one-to-many, on e off line;
  • iniettare proattivamente nuove energie e idee;
  • cercare dati e prove concrete per aiutarli a fare i passi successivi.

La ricerca non si ferma qui: fornisce anche informazioni pratiche su altri importanti benefici richiesti dai L&D manager.

Ci sarebbe da aspettarselo, comunque. In merito anche Piero Angela fu chiaro quando a Bologna, in occasione delle Celebrazioni della Settimana della Storia in Sala Borsa, il 15 ottobre 2009 dichiarò: “In tutta la storia dell’umanità, la politica non ha mai creato ricchezza. Sono l’innovazione, la ricerca, la competenza, il talento, la creatività, l’istruzione che creano il valore aggiunto”.

Saper creare valore aggiunto con un apprendimento basato su tecnologie che contribuiscano in modo significativo alle prestazioni aziendali, che permettano l’incremento dell’apprendimento auto diretto, integrato nei flussi operativi, nei processi di lavoro: questa sarà la priorità delle esigenze per gli HR che vorranno evolversi in Lead and Development manager.

Emerge poi una sempre maggiore sensibilità verso l’employer branding, verso la creazione di una forte immagine dell’impresa non solo agli occhi dei clienti, bensì a quelli delle sue risorse umane. Citando Enzo Spaltro, si sta concretizzando la volontà di essere orgogliosi di lavorare per la propria impresa, perché si vive in un ambiente saldamente basato sulle colonne dell’etica del business, e questo crea empowerment e leadership.

Ci si può attendere, quindi, un maggiore impatto della tecnologia nel mondo della formazione, mentre nei L&D sta crescendo il senso di importanza della cultura generale e diffusa, dell’apprendimento e del coinvolgimento delle risorse umane.

Cultura, apprendimento, coinvolgimento appaiono come veri e propri driver del successo per molte organizzazioni.

Che cosa si aspettano gli HR manager?

Per rispondere alla terza domanda bisogna comprendere come si misurano i L&D manager attraverso la “catena del valore” applicata alle risorse umane, in termini di efficacia ed efficienza.

La catena del valore si sviluppa su 5 driver principali: l’engagement, l’abilità di comprendere i gap cognitivi, la capacità nel monitorare il cambiamento dei comportamenti e i risultati ottenuti, e infine l’attenzione al ROI generato.

Engagement

Può essere visto come la capacità di coinvolgimento, la capacita di interpretare le percezioni iniziali nei confronti dei cambiamenti delle risorse umane in target, con un assessment di partenza che sappia mettere in luce la propensione al cambiamento. L’engagement è anche la capacità di selezionare e raggiungere il target più adatto a innescare il cambiamento stesso.

L’abilità nella comprensione dei gap cognitivi

Risponde ad alcune domande potenti: con quale efficacia si potrà intervenire? Poi, tutti i partecipanti hanno avuto l’opportunità di imparare i concetti erogati? I contenuti sono stati equamente compresi? Qual è il feedback rate rispetto ai contenuti?

La capacità di osservare i cambiamenti dei comportamenti

Prima di misurare i risultati formativi, occorre osservare il cambiamento dei comportamenti. “Learning and Development” assume qui un significato ancora più profondo: quando si impara qualcosa di nuovo, qualcosa che permetta di cambiare il punto di vista sui processi nei quali le risorse umane sono impegnate, si possono cambiare gli atteggiamenti; se si cambiano gli atteggiamenti, si potranno cambiare i comportamenti; se si cambiano i comportamenti, si potranno ottenere risultati diversi.

Il Learning and Development manager si interroga: i comportamenti dei partecipanti sono cambiati? Come stanno cambiando?

I risultati ottenuti

Per essere davvero utile, questo cambiamento comportamentale dovrà essere visto o misurato al momento, prima e dopo il processo formativo e nelle circostanze reali in cui era necessario osservarlo. Le domande da porsi sono le seguenti:

  • Le risorse umane hanno imparato qualcosa?
  • Ciò che è stato imparato viene applicato nei processi che si desiderano cambiare?
  • Qual è l’impatto sul business che questi cambiamenti stanno causando?

L’impatto della formazione può essere misurato a livello di squadra o di gruppo, ma la priorità sarà osservare il riflesso del cambiamento organizzativo e di miglioramento complessivo dell’impresa. Può essere una misurazione difficile, a meno che non sia associata a key performance indicators programmati a priori, partendo dalle fasi di ideazione e progettazione del cambiamento “con la meta in testa”.

ROI, l’obiettivo tangibile del cambiamento

Anno dopo anno, si è dimostrato ciò che conta davvero per i consigli di amministrazione delle aziende che investono in formazione: una maggiore produttività, capacità di trasformazione, crescita, profitto e sostenibilità. È ormai chiaro e comprovato che l’innovazione nell’apprendimento, quando è fatta bene, ha un impatto tangibile sul business.

Quali saranno i criteri nella scelta dell’offerta formativa?

Si può prevedere che nel prossimo futuro i Learning and Development manager preferiranno le imprese di formazione in grado di progettare e realizzare mix di attività formativa e coaching nella trasformazione aziendale e quelle capaci di formulare progetti internazionali. Del pari, saranno richiesti formatori con una conoscenza specifica nelle attività di digital learning personalizzato sulle popolazioni che vivono nell’azienda cliente, sugli engagement che quelle tribù produttive esprimeranno ogni giorno.

Sarà preferito chi saprà governare i 4 driver del successo dell’evoluzione della cultura d’impresa:

  1. un fruibile accesso alle informazioni;
  2. una efficiente digital transformation;
  3. una efficace gestione delle relazioni interne e esterne all’impresa;
  4. una efficace gestione delle risorse umane che verranno sempre più coinvolte in nuove modalità lavorative.

I formatori dovranno saper sfruttare la tecnologia e ripensare il modo in cui l’apprendimento viene erogato, supportando le prestazioni e contenendone i costi. Inoltre dovranno essere consci che i professionisti delle risorse umane hanno un ruolo fondamentale da svolgere nelle loro organizzazioni, e in particolare nella promozione del cambiamento e nella trasformazione del business.

Se funzioni, vai bene. Un esempio globale

Per corroborare le tesi esposte in precedenza sui nuovi trend da interpretare per sopravvivere nel mondo della cultura d’impresa, vi porto un esempio concreto tratto da una inserzione career – un “lavora con noi” australiano.

Essere assunti a Sidney come International Coach in un’impresa che ha come mission rendere possibile il design di qualità per tutti porta i seguenti benefit: visto e permesso di soggiorno per l’Australia, uno stipendio competitivo con opzioni azionarie, orario di lavoro flessibile, alcuni chef che cucinano ogni giorno deliziose colazioni e pranzi, una palestra per il fitness quotidiano, l’iscrizione gratuita a yoga e boxing gym. Naturalmente ci sono anche tutti i congedi necessari per la propria vita familiare e la possibilità di portare in ufficio l’animale domestico preferito, perché in azienda c’è un bel giardino, dotato anche di parete per arrampicata. Per non parlare delle associazioni ai club sponsorizzati.

Se volete godere di tutto questo, è sufficiente che abbiate i seguenti requisiti:

  • senso di responsabilità;
  • un valido empowerment individuale;
  • una forte iniziativa e un efficace orientamento agli obiettivi;
  • una forte gestione delle relazioni con gli stakeholder manager e la capacità di risolvere i conflitti;
  • una comprovata esperienza nella progettazione di programmi di coaching concentrati sulle persone e sugli affiliati, e nella risoluzione di problemi con modalità innovative;
  • capacità di relazionarsi one-to-one con le risorse umane dei team di lavoro, erogando un team coaching in grado di fornire un’adeguata sicurezza psicologica.

Inoltre dovrete saper organizzare workshop e coaching di gruppo finalizzati alla crescita personale, coinvolgendo le risorse umane nella progettazione di un quadro di coaching interno per lo sviluppo della leadership, un programma di personal coaching e coaching di squadra.

Organizzerete i laboratori di coaching di gruppo e, ovviamente, svilupperete il primo programma di formazione interna, collaborando con leader e follower interni per creare la roadmap ideale, nel rispetto degli obiettivi professionali e personali. Poi vi sarà richiesto di distribuire i rapporti del gruppo ogni quindici giorni, avviare i blog interni ed esterni e, infine, riesaminare e perfezionare i programmi di coaching interno.

Notate bene: nessun titolo è richiesto. Il focus è sui risultati: se funzioni, vai bene. È un esempio che evidenzia alla perfezione l’approccio scientifico e pragmatico alle risorse umane.

 

by Arunkumar Umapathy (Own work) [CC BY-SA 4.0], via Wikimedia Commons

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