Dati povertà: gli stranieri non vogliono più andarsene, gli italiani non riescono a restare

Al Nord aumenta la povertà tra gli stranieri, come testimonia un rapporto Caritas. L’Italia è sempre meno appetibile per chi emigra, ma anche per gli italiani: in 980.000 hanno lasciato il Paese nell’ultimo decennio. Un’analisi dei dati più recenti

Povertà di stranieri e italiani: un clochard chiede l'elemosina con il tricolore a fianco

L’Italia non è un Paese per stranieri. Non è una questione di razzismo, è proprio così: ci vengono di meno, e quando sono qui, soprattutto nel post pandemia, hanno visto peggiorare le proprie condizioni di vita rispetto a quando sono arrivati. Sono sempre meno gli immigrati che nel nostro Paese trovano l’America, e anche molti italiani la vanno a cercare da altre parti.

Da Cuba alla Caritas in Lombardia

Eddy Suarez è cubano, ha 61 anni e due lauree conseguite in Unione Sovietica. In Italia ci è venuto otto anni fa con la famiglia e oggi lavora a Milano per una cooperativa di pulizie.

“Ho studiato a Cuba – racconta Eddy – ma poi mi sono trasferito nell’allora Unione Sovietica, dove mi sono laureato in scienze motorie, ma anche in storia. Qui mi sono adattato. Faccio le pulizie, ma faccio anche il giardiniere. Mi piace imparare cose nuove, capire come si fanno altri lavori e trovare nuovi modi di confrontarmi e di mettermi in gioco.”

Ogni giorno raggiunge il capoluogo lombardo da Vigevano in treno. Torna alle 19.30 ogni sera. In Italia ci è venuto otto anni fa alla ricerca di una vita migliore; l’ha trovata, e dice di condurre un’esistenza più soddisfacente di quella che aveva a Cuba, anche se negli ultimi anni il caro vita sta mettendo in difficoltà anche le famiglie di migranti, che vedono il potere d’acquisto dei propri stipendi diminuire in modo consistente.

“Io devo sempre dire grazie all’Italia – dice – che mi ha accolto e che è il Paese grazie al quale ho potuto migliorare le mie condizioni di vita. Negli ultimi anni però le cose vanno peggio anche per noi. La crisi si sente anche per chi è venuto in questo Paese per cercare una vita migliore. A creare problemi è soprattutto l’impennata dei prezzi”.

Così tramonta il mito del Nord industrializzato

Lo confermano i dati che si trovano nel rapporto sulla povertà della Caritas riferito ai dati del 2021, che è stato pubblicato nei mesi scorsi e spiega come “il peso delle persone straniere è in crescita rispetto al 2020 e si attesta al 55% (a fronte del 52%), con punte che arrivano al 65,7% e al 61,2% nelle Regioni del Nord-Ovest e del Nord-Est, dove un tempo si è concentrata di più l’immigrazione che veniva attratta dalle sirene dell’industrializzazione del Nord Italia, che è sempre meno produttivo. Di contro, nel Sud e nelle Isole, prevalgono gli assistiti di cittadinanza italiana che corrispondono rispettivamente al 68,3% e al 74,2% dell’utenza. In valore assoluto, le persone di origine straniera transitate in un anno nei servizi Caritas sono state oltre 120.000 (esattamente 120.536) appartenenti a 189 nazionalità diverse. Come per il 2020, le prime tre nazionalità risultano il Marocco (21.177 persone, pari al 18,1%), la Romania (9.450, 7,8%) e la Nigeria (8.844, 7,3%). Le restanti provenienze nazionali fanno registrare valori progressivamente inferiori”.

Quella di Eddy è una di quelle famiglie, che ha iniziato ad affidarsi al sostegno della Caritas perché fatica ad arrivare a fine mese. In un certo senso per molte famiglie arrivate in Italia dall’estero il miraggio di una vita migliore si è allontanato: lo conferma lo stesso direttore della Caritas diocesana di Vigevano don Moreno Locatelli.

“Il dato sugli stranieri – spiega – è andato aumentando negli ultimi anni, e vediamo molti nuclei che prima non si rivolgevano a noi chiedere un aiuto. Possiamo dire che lo spartiacque sia stato il COVID-19. Dopo la pandemia hanno iniziato a rivolgersi a noi molte famiglie che prima non venivano, e tra queste ci sono molti stranieri.”

Ne è la controprova il fatto che il 79% circa ha il permesso di soggiorno, quindi è in Italia da diversi anni, magari con figli nati nella Penisola e che frequentano le scuole qui. Questo spesso rappresenta una forte barriera a ritornare nel proprio Paese d’origine.

L’Italia non è El Dorado e nemmeno l’Europa

Chi è approdato nel nostro Paese a cavallo tra gli anni Novanta e Duemila oggi vive una realtà diversa. Dopo aver fatto trasferire la famiglia, magari per dare un futuro ai propri figli, si trova così in condizione di dover richiedere aiuto, mentre prima erano in molti a trasferire denaro ai famigliari nel Paese d’origine.

In tutte le città, in modo particolare quelle del Nord, erano sorte delle attività di trasferimento fondi all’estero; i più famosi erano i circuiti Western Union. Oggi ci sono ancora, e ci sono ancora molti cittadini che trasferiscono soldi. Come spiega una ragazza peruviana che lavora in una di queste attività, però, il numero più alto di trasferimenti è dovuto alla maggior presenza di stranieri in Italia rispetto al passato.

“La nuova tendenza – dice – è quella di mandare denaro ai propri famigliari, ma non più in euro. Ora chiedono il trasferimento in dollari. La moneta europea è troppo debole, e in molti Paesi, soprattutto del Sudamerica, la moneta locale in pratica non ha valore. In valore assoluto, rispetto a quando ho iniziato a lavorare qui, i trasferimenti sono incrementati, anche perché il numero di stranieri continua a crescere.”

La crisi, dunque, non è soltanto italiana, ma quantomeno europea, sebbene chi si è trasferito come Eddy non voglia in nessun modo rientrare nel proprio Paese. “Non intendiamo andarcene dall’Italia: qui siamo riusciti a cambiare la nostra vita, e non possiamo in un momento come questo non ringraziare la Caritas che ci sostiene”.

Un peso in quest’ottica ce l’hanno senza dubbio i figli, che ormai si sono radicati in quello che a tutti gli effetti è il Paese d’adozione per molti stranieri, ma allo stesso modo c’è ancora una speranza.

Italiani popolo di santi, navigatori ed emigranti

L’Italia rimane un Paese in cui i migranti continuano ad arrivare, ma anche dal quale gli Italiani se ne vanno.

“Nel 2020 le emigrazioni – scrive nel proprio report l’ISTAT – sono state poco meno di 160.000 (-10,9% sul 2019), le immigrazioni circa 248.000 (-25,6% sull’anno precedente), mentre la mobilità interna ha riguardato 1.334.000 trasferimenti (-10,2%)”. Va comunque tenuto conto che si tratta dell’anno nel quale c’è stato l’impatto maggiore del COVID-19.

Rimane stabile il dato che riguarda i permessi di soggiorno: nel 2016 quelli rilasciati in Italia erano 3.247.129, nel 2017 erano 3.390.000, e nel 2021 3.561.540. “I primi dati provvisori riferiti al periodo gennaio-ottobre 2021 – continua il report ISTAT – evidenziano un moderato incremento dei flussi migratori interni e di iscrizione dall’estero (rispettivamente, +7% e +16% rispetto allo stesso periodo del 2020), e una ulteriore forte riduzione dei flussi in uscita dal Paese (-21%)”.

In tutto negli ultimi dieci anni la cifra degli italiani che hanno abbandonato è di 980.000 persone. Per capire come sia cambiata l’Italia è necessario osservare lo storico dell’ISTAT sull’emigrazione. Dal 2011 al 2019 gli italiani che hanno abbandonato il proprio paese sono passati da 82.461 a 179.505, cioè praticamente sono triplicati, prima del crollo dovuto ai blocchi per la pandemia nel 2020. La tendenza si è comunque invertita, perché i nuovi arrivi di immigrati stranieri dall’estero sono in calo da alcuni anni (da 530.456 nel corso del 2007[ a 250.026 nel corso del 2015).

L’unico convitato fisso, in Italia, sembra essere il rischio di una povertà che non è affatto stata esorcizzata. E tra arrivi e partenze sembra essersi almeno in parte ribaltato un paradigma: stranieri che non vogliono andarsene e italiani che non riescono a restare.

 

 

 

Photo credits: infosannio.it

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