Editoriale 04. Ritorno al futuro

Il futuro è l’espressione migliore di ciò che siamo stati e lo confermano tre storie europee. L’Inghilterra ha già vinto una battaglia educativa. Intuendo con grande lucidità l’importanza di investire sui bambini per assicurarsi generazioni di professionisti digitali, già nel 2003 ha avviato una riforma scolastica incentrata sull’inserimento sempre più massiccio dell’ICT nelle aule e […]

Il futuro è l’espressione migliore di ciò che siamo stati e lo confermano tre storie europee.

L’Inghilterra ha già vinto una battaglia educativa. Intuendo con grande lucidità l’importanza di investire sui bambini per assicurarsi generazioni di professionisti digitali, già nel 2003 ha avviato una riforma scolastica incentrata sull’inserimento sempre più massiccio dell’ICT nelle aule e arrivando lo scorso anno ad introdurre una materia interamente dedicata al coding. Non lezioni spot ma una vera e propria materia curriculare che insegni ai ragazzi – la fonte è il sito del governo inglese – “to use computational thinking and creativity to understand and change the world”. Rendere visionari i bambini è forse l’ipoteca più intelligente sul futuro di uno Stato.

“Produrre di più ma con meno” è il messaggio con cui la Francia sta accompagnando il rilancio dell’agricoltura biologica dopo aver pianificato negli ultimi anni la totale riqualificazione culturale dei propri produttori ed esser riuscita ad accrescere ben dell’85% l’estensione dei terreni agricoli da poter utilizzare a quello scopo. Nel 2007 era tra i Paesi europei decisamente in ritardo su questo comparto produttivo ma, con la buona volontà delle azioni che contano, ha saputo convertire al pensiero biologico quegli agricoltori ostinati a mantenere posizioni di vantaggio individuale perché il rialzo dei prezzi stava garantendo rendimenti altrettanto alti sui loro ettari. Considerando che Francia vuol dire da sempre coltura estensiva, le remore erano più che comprensibili ma la determinazione sistematica del processo ha dato i suoi frutti.

L’Italia, nel 2015, offre lo scenario immobile di un’Agenzia italiana per il digitale (AGID) istituita il 1 marzo 2012 con lo scopo di costruire pensieri innovativi che svecchiassero gli ingranaggi. Il 4 marzo scorso, tre anni dopo, il sito ufficiale AGID collegato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri dirama un comunicato stampa con cui il Direttore Alessandra Poggiani annuncia l’ennesimo progetto nel sottovuoto spinto di un nome imbarazzante quale Crescita digitale e garantisce anche che ci informeranno “periodicamente sullo stato di avanzamento del piano operativo per assicurare un’informazione corretta e trasparente sui passaggi attuativi della strategia”. Insomma nel nostro Paese sembra prioritario mostrarsi trasparenti piuttosto che agire concretamente. Dal profilo ufficiale Twitter di @AgidGov troviamo per ora solo ringraziamenti dopo la recente spiegazione delle fatturazioni digitali nelle Camere di Commercio italiane. Che svolta. Intanto i contadini francesi zappano in sintonia con la politica nazionale e i bambini inglesi sognano di cambiare il mondo.

Senza Filtro si avvicina questa volta al “digitale”, provando a spingersi oltre le apparenze delle parole. Il digitale potrà incidere sul lavoro, con ricadute socio-economiche, solo nella misura in cui la politica, le imprese e la ricerca si faranno carico insieme di trasferire quel valore dal più alto dei gradini istituzionali fino a terra. Il digitale o indossa una pelle culturale o non funziona. Negli articoli di questo numero 04 ce lo conferma Roberto Cingolani, direttore dell’Istituto Italiano di Tecnologia. Ce lo ribadisce il marketing umanoide. Ce lo ricorda il progetto Genome con cui sono stati mappati i principali caratteri delle startup nel mondo. Non basta comunque l’entusiasmo e il lampo di genio dei giovani: le aziende che marciano bene sono quelle che contabilizzano anche strategie, business plan, esperienza e capacità di gestione.

Senza contagio non succede nulla. Al recente WMC 2015 di Barcellona si sono ritrovati i “grandi”. Eppure dal racconto di MioT, l’unica startup italiana selezionata in finale, ci sarà pure tanto digitale in giro ma di scambio costruttivo manca davvero traccia.

Da recenti studi sul valore contagioso dello sbadiglio, pare che lo stimolo sia direttamente collegato agli anni: davanti allo sbadiglio di altri, più aumenta l’età e meno si ha l’istinto a compiere quello stesso gesto. A me ricorda tanto la scarsa attitudine delle imprese italiane così vecchie da non reagire più agli stimoli di chi sta davanti.

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