Fifa17: il nuovo “viaggio” dello storytelling sportivo

  “Ogni volta che un bambino prende a calci qualcosa per la strada lì ricomincia la storia del calcio”. La fortunata espressione è del grande scrittore argentino Borges e appartiene a quella folta schiera di frasi, citazioni e pillole di saggezza indifferentemente diffuse tramite bustine di zucchero, virgolettati su pagine di diari scolastici, aggregatori di […]

 

“Ogni volta che un bambino prende a calci qualcosa per la strada lì ricomincia la storia del calcio”.

La fortunata espressione è del grande scrittore argentino Borges e appartiene a quella folta schiera di frasi, citazioni e pillole di saggezza indifferentemente diffuse tramite bustine di zucchero, virgolettati su pagine di diari scolastici, aggregatori di aforismi e bachece social.
Eppure, con buona pace di Borges e della sua visione romantica del calcio, è già da tempo che la storia del presunto “gioco più bello del mondo” passa anche da strade meno intrise di polvere e asfalto: vie più vicine al mondo simulato che a quello per il quale quotidianamente camminiamo – che è altra cosa dal “navigare”.

Qualcuno lo chiama “Calcio moderno” assegnandogli caratteristiche più vicine al tradimento che non a un’evoluzione. In un assai interessante articolo pubblicato sull’ultimo numero di Limes, interamente dedicato al “Potere del calcio”, Ilvo Diamanti e Luigi Ceccarini raccontano “il triste declino” delle passioni degli italiani: il Calcio e la Politica. La loro analisi poggia su dati, interviste demoscopiche e indagini statistiche che parlano di stadi vuoti, di disaffezione generalizzata, di crisi del tifo e, in misura ancora maggiore, della partecipazione alle sue dinamiche: più tv, meno fidelizzazione.
È come se, da un certo punto in poi, offrire quanto più Calcio possibile non avesse più rappresentato la risposta giusta alla domanda dei suoi appassionati. Ed è in questa crisi della “quantità” che si sono creati spazi nuovi per la “qualità”.

Riprendere il calcio in strada del bambino di Borges con mille telecamere non bastava più, forse serviva raccontarne la storia: quella del suo quartiere, quella della sua famiglia, quella dei suoi pensieri nel momento del tiro, quella dei suoi sogni nel seguire la parabola del suo effetto.
Attraverso lo “Storytelling”, il racconto sportivo è così andato sempre più a caccia di storie e ha sviluppato modi e mondi intorno a queste: è successo nella tv con il fortunato format curato da Federico Buffa, ha continuato nel web attraverso le esperienze editoriali di pagine, riviste e collettivi di appassionati, studiosi e maniaci del pallone che hanno trovato nel “long form” lo strumento ideale per ritratti, testimonianze, biografie alternative e racconti a tratti sociologici su partite, squadre, giocatori o comunità geografiche del calcio.

È notizia di qualche giorno l’ingresso con gli effetti speciali dello storytelling nel mondo del gaming. Il progetto si chiama “Il Viaggio” e andrà ad arricchire l’esperienza di gioco di FIFA17 – prodotto cult firmato EA SPORTS – con una modalità assolutamente inedita per questo tipo di contenuti. Se il gioco di ruolo è, infatti, alla base del successo di tanti giochi e videogiochi a tema guerra, spionaggio, fantasy, supereroi; nei titoli di intrattenimento sportivo – tanto nel calcio quanto in sport come basket, hockey o simili – la performance di gioco è sempre stata prioritaria rispetto alla costruzione di una “storia” del giocatore.
Le migliorie consistevano essenzialmente in: più realismo, più interazione tra utenti.

Con “Il Viaggio”, FIFA17 segna una svolta in questa offerta di intrattenimento, sviluppando in maniera seriale una modalità già testata nel tempo ma mai veramente capace di fare breccia nel cuore dei “giocatori” virtuali: la “modalità carriera”. Con la modalità carriera si assumevano i panni di un solo avatar di cui si era chiamati a portare avanti la storia professionale a suon di allenamenti, partite, goal e voti in pagella. Una modalità sicuramente interessante dal punto di vista dell’esperienza di “gioco” – muovere un giocatore rispetto al muoverne dieci più, in parte, il portiere, è cosa assai diversa; ma monca di una dimensione “umana” capace di creare una “vita” attorno a una “sessione di gioco”.

“Il Viaggio” ha, invece, le fattezze e la storia personale di Alex Hunter, un giovane calciatore inglese chiamato a costruire una carriera di successo a partire da una pesante eredità familiare: quella di un nonno grande calciatore inglese degli anni ’60. Non un semplice “avatar” ma un  vero e proprio personaggio di cui assumere volto, storia, speranze, limiti e sogni in un’esperienza di gioco in cui, il “campo” diventa parte e non tutto dell’intrattenimento. Trailer e sito dedicato sembrano promettere un vero e proprio sviluppo “seriale” della modalità di gioco attraverso filmati e bivi all’interno della storia assai più vicini ai giochi di ruolo che sino a oggi hanno caratterizzato titoli editoriali ben diversi dai prodotti a tema sportivo.

Ma se, lato intrattenimento, una modalità come “Il Viaggio” di FIFA17 promette all’utente giocatore una nuova esperienza di gioco; è dal punto di vista professionale che, forse, apre gli scenari più interessanti e innovativi. Per la prima volta, infatti, un gioco di calcio non annovera tra i suoi “consulenti” solo giocatori e testimonial che hanno aiutato il team di sviluppo a migliorare movimenti, dinamiche di gioco e performance atletiche; ma vede anche la presenza di un giornalista e scrittore in qualità di “autore e consulente storia”. Si tratta di Tom Watt, ghost writer di “My Side”, autobiografia di enorme successo dedicata alla vita di David Beckam.
Con Tom Watt si inaugura, per i produttori di storie: gli storyteller, un nuovo contenitore per la propria opera. Non più solo tv, radio, cinema, libri e web, ma anche videogame, intrattenimento e giochi per consolle e pc aprono ai contenuti di qualità, in una domanda di “serialità”, “interazione” ed “esperienza immersiva” che supera l’azione di gioco con l’immedesimazione con il giocatore.

Alex Hunter può rappresentare il biglietto da visita di un intero mondo professionale, quello dei produttori di storie, oggi sempre più centrale nel trasformare i fatti in storie e le storie in racconti con cui conquistare un’attenzione sempre più labile e rilanciare una grande passione in declino.
Magari, per la politica è troppo tardi, ma per il Calcio siamo ancora in tempo.
D’altra parte, se la storia del calcio ricomincia ogni volta che un bambino calcia qualcosa per strada, non è detto che quel bambino non possa chiamarsi Alex Hunter.

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