Gaetano Aloisio, Il sarto degli sceicchi

Tutti sappiamo che l’abito non fa il monaco: di sicuro però contribuisce a confermare lo status di sceicco. Sono arrivato a questa conclusione dopo una lunga chiacchierata col sarto Gaetano Aloisio. L’appuntamento è di mattina presto nel suo atelier romano, una splendida palazzina con un gran terrazzo da feste tra Via Veneto e Trinità dei Monti, […]

Tutti sappiamo che l’abito non fa il monaco: di sicuro però contribuisce a confermare lo status di sceicco. Sono arrivato a questa conclusione dopo una lunga chiacchierata col sarto Gaetano Aloisio. L’appuntamento è di mattina presto nel suo atelier romano, una splendida palazzina con un gran terrazzo da feste tra Via Veneto e Trinità dei Monti, situata in un complesso che ospita anche la redazione de “La Civiltà cattolica”, la rivista dei gesuiti.

Aloisio, 52 anni, di origini calabresi, arrivato a Roma dopo un percorso professionale a Milano, veste gente ricca: ma molto ricca. Per lo più sono businessman stranieri, emiri, sceicchi, capi di stato africani (sorride: “quelli europei hanno timore di farsi vedere con indosso abiti molto costosi”). Del suo atelier, dove lavorano una ventina di persone, non vedrete in giro la pubblicità: la clientela che cerca questo tipo di Made in Italy arriva col passaparola. Di solito – mi spiega – l’abito circola in determinati ambienti e viene quindi notato. Sono quindi i suoi stessi clienti i primi testimonial che, dietro richiesta di un amico o conoscente che ha apprezzato le fattezze di giacca e pantalone, lo contattano per fare da tramite. E qui parte il film. Di solito l’aspirante cliente facoltoso organizza il viaggio per il sarto: biglietto aereo (se proprio non dispone di un jet di proprietà) limousine a bordo scaletta, albergo extralusso e accoglienza come si deve. Spesso, è il caso degli sceicchi, sono loro stessi che lo prelevano in albergo per portarlo a casa e mostrargliela (“è un gesto di riguardo”). È a questo punto che il cliente chiede di essere completamente vestito secondo una formula che nel mondo anglosassone si chiama “total look”.

Aloisio in questo caso deve pensare non solo al completo ma anche a camicia, pochette, cravatte, calzini e scarpe (che commissiona ad artigiani di sua fiducia). I gemelli no: sono fuori dalla sua competenza anche perché di solito gli sceicchi hanno gioiellieri di fiducia. Il nostro sarto romano prende personalmente le misure e la prima volta prepara un modello che servirà per tutti i capi che seguiranno: questa è gente che non ha tempo per farsi strisciare addosso il metro per ogni abito nuovo anche perché sarebbe complicato visto che ordina tra i 30 e i 40 vestiti l’anno.

Emiri sceicchi e presidenti si fidano del taglio e del gusto di Aloisio che comunque deve adattare l’abito allo status del committente: le tasche posteriori dei pantaloni ad esempio sono cucite perché quel tipo di clientela non gira col portafogli avendo di solito a disposizione segretari e assistenti. Gli uomini che veste Aloisio pretendono la perfezione (“c’è un capo di stato africano che indossa l’abito una sola volta: sostiene che poi le pieghe non sono più perfette come quando è nuovo”) e spesso gli chiedono di non cucire più vestiti per altri. Sono insomma un po’ capricciosi, gelosi, ma pian piano il sarto riesce a convincerli che non può garantire esclusive di questo genere. Sul tessuto però non transigono: quello del loro abito non deve averlo nessun’altro (immaginate l’imbarazzo). Per questo quando ordinano la stoffa (la cerchia si restringe a quattro fornitori, italiani inglesi ed un belga) si assicurano che venga consegnata tutta la produzione. Il grosso del costo dell’abito dipende appunto dalla stoffa che può arrivare anche a 10.000 euro per ogni completo. A questo aggiungete il costo di 70 ore di lavoro sartoriale e il prezzo è fatto (di preciso però non sono riuscito a farmelo dire).

La consegna è altrettanto particolare. Se si tratta di recapitare l’abito in alcuni paesi africani – diciamo – non molto stabili, Aloisio manda un suo uomo di fiducia in aereo col porta-abiti. Non è raro che lo sceicco di turno mandi invece un suo volo privato per ritirare i capi. Del pagamento il cliente non se ne occupa: è faccenda per i suoi collaboratori che a volte saldano in anticipo, altre volte in uno o due mesi, sempre puntuali comunque. Molto importante il supporto post vendita. Di solito dietro ad ogni sceicco ci sono 2 o 3 persone che si muovono con lui nei viaggi, per curargli il guardaroba: arrivano in albergo il giorno prima, prendono possesso di un intero piano (si portano i cuochi e anche le vettovaglie) per anticipare il Principale.

Aloisio deve istruire quindi i guardarobieri e il maggiordomo lasciando delle schede su come abbinare vestito-camicia-cravatta senza dimenticare le modalità per la stiratura (è sempre meglio anche consigliare che ferro usare). Per il resto, il suo cellulare deve essere sempre acceso giorno e notte, sabato e domenica, a disposizione per ogni interrogativo o necessità sull’illustre guardaroba. Non è raro – mi spiega – che il sarto di questi personaggi ne diventi col tempo anche una sorta di confidente o persona di fiducia, col quale si crea un rapporto di stima che va oltre l’abbigliamento.

Le persone molto ricche sono tra loro in competizione e i pochissimi professionisti della sartoria “top”, frequentando regge panfili e ville di vacanza extralusso, sono molto ascoltate e considerate perché in grado di fare comparazioni. Per questo può anche capitare che un emiro chieda al suo sarto di metterlo in contatto con un determinato cantiere navale per il nuovo yacht o con la società che gestisce immobili in determinate zone del pianeta. Ad un certo livello insomma ci si arriva, certo, con l’ago e il filo ma se poi ci si vuole rimanere bisogna imparare a conoscere ogni aspetto dell’affascinante, irraggiungibile e a volte folle mondo dei miliardari.

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