Giornalisti freelance senza Santi in paradiso

«Oggi, nella redazione de La Stampa a Torino, ci sono 150 giornalisti a tempo indeterminato e altrettanti collaboratori. Metà del giornale è fatto da lavoratori autonomi». A dipingere un quadro realista di questo angolo di Nord-Ovest è Stefano Tallia, giornalista professionista e segretario dell’Associazione Stampa Subalpina, il sindacato unitario dei giornalisti piemontesi. Un quadro in […]

«Oggi, nella redazione de La Stampa a Torino, ci sono 150 giornalisti a tempo indeterminato e altrettanti collaboratori. Metà del giornale è fatto da lavoratori autonomi». A dipingere un quadro realista di questo angolo di Nord-Ovest è Stefano Tallia, giornalista professionista e segretario dell’Associazione Stampa Subalpina, il sindacato unitario dei giornalisti piemontesi. Un quadro in continuo peggioramento. «Il giornalismo italiano vive una crisi senza pari. A livello nazionale abbiamo perso 3mila posti, con colleghi pre-pensionati mai sostituiti. Le aziende non assumono, ma i giornali escono lo stesso. Col ricorso a contratti atipici quali Co.Co.Co., Partite Iva e Cessione dei diritti d’autore. Tutte forme di lavoro autonomo».

Una crisi che non lascia indifferente chi la categoria la rappresenta. «Il sindacato si è interrogato. Una volta rispondeva solo ai lavoratori dipendenti. Ora che metà dei giornalisti sono autonomi, le risposte sono diverse. Con fatica è iniziata una riconversione, per venire incontro a quei colleghi che non si riconoscevano nel sindacato. Abbiamo potenziato la gamma dei servizi, come la consulenza contrattuale, le convenzioni con i commercialisti e la tutela legale, fino a farci carico delle spese in caso di sconfitta nelle vertenze. L’ultimo progetto è la partecipazione ai bandi europei, per creare opportunità di lavoro».

Problemi del presente, ma soprattutto del futuro. Conclude Tallia. «La questione più gravosa riguarda il welfare. Nel nuovo contratto vorremmo allargare le tutele agli autonomi e garantire diritti a tutti. Come a La Stampa, con cui stiamo cercando un accordo. Per la dignità del lavoro ma anche per una questione più generale. Solo i giornalisti i cui diritti sono garantiti anche contrattualmente possono produrre un’informazione libera. Tornando a livello nazionale, questa battaglia la portiamo avanti con altre categorie alle prese con lavoratori precari. Servono soluzioni perché la crisi non sarà breve, nell’editoria è strutturale e gli autonomi sono in aumento. In passato si era freelance a inizio carriera, lo sono stato pure io. Ora si rischia di esserlo per tutta la vita professionale. O di diventarlo, come tanti colleghi dopo la chiusura di numerose tv locali. Alcune all’apparenza solide, come Telesubalpina».

Già Telesubalpina, ovvero l’emittente della diocesi di Torino. «Discutendo con colleghi di altre tv, tutti ci tranquillizzavano. “Voi non sparirete mai, avete la Chiesa alle spalle, di cosa vi preoccupate?”. Invece. A parlare è Monica Gallo, una delle giornaliste testimoni della vicenda. Passata dal “casa e Chiesa” – dipendente in una delle realtà locali più forti – alla vita da freelance “a casa dopo la chiusura di una tv della Chiesa”. «Le mie prime collaborazioni risalgono ai tempi dell’università, alla Voce del Popolo (settimanale della diocesi, ndr) e all’ufficio stampa della Santa Sindone. Dopo la laurea in Scienze della Comunicazione, nel 2001 sono entrata a Telesubalpina. Prima come sostituzione maternità, poi a tempo indeterminato».

Che realtà era Telesubalpina?
«Essendo tv della diocesi, trasmetteva programmi religiosi, ma anche legati al territorio. In redazione eravamo in cinque a occuparci del tg, insieme ad alcuni collaboratori esterni. Tutto è andato bene fino al 2006. I costi di gestione e i debiti sono aumentati e, d’accordo col Cardinale Severino Poletto, l’editore ha ceduto la proprietà a Multimedia San Paolo, gruppo legato ai Paolini, già titolari di Telenova e Famiglia Cristiana».

Come hai vissuto il cambio di proprietà?
«Con ottimismo. La qualità era calata, avevamo perso spettatori e si faceva poco per cambiare. All’inizio c’è stata una ventata di novità, tra cui i tg in diretta, la rassegna stampa al mattino e nuovi format ispirati a quelli di Telenova. Multimedia San Paolo ha anche pensato a un’iniziativa per unire le tv locali piemontesi limitando così i costi, ma non ha funzionato. Poi col tempo abbiamo capito che non c’era intenzione di investire nella nostra tv. La svolta al passaggio dall’analogico al digitale terrestre, che ha comportato molte spese, specie per i ripetitori. I Paolini hanno cosi deciso di tagliare nelle testate in perdita. Ci hanno chiesto di non fare straordinari, poi hanno iniziato a posticipare il pagamento degli stipendi, fino alla cassa integrazione. Il tutto fatto comunque con puntualità, io nel 2009 sono andata in maternità e non ho avuto problemi. Così fino alla chiusura, anche grazie al sindacato, abbiamo preso tutti gli stipendi e la liquidazione».

Come è stato il post-Telesubalpina?
«Il 1 aprile 2014 è cessata l’attività. Rimasti senza impiego, in cinque di noi abbiamo pensato di creare un’altra tv, magari sul web. Abbiamo scritto a TV 2000, assicurando di poter fornire ancora i servizi e loro ci hanno dato fiducia. Multimedia San Paolo ci ha lasciato parte dell’attrezzatura e al resto abbiamo provveduto noi reinvestendo i primi guadagni. Anche grazie agli ammortizzatori sociali siamo riusciti a superare il momento più difficile e ad arrivare fino a oggi».

Com’è questa nuova vita da freelance?
«Siamo rimasti in tre e abbiamo fondato la Ola Video: io, Alessandro Valabrega che negli anni si è re-inventato operatore video e Gabriella Ruffo che lavora part-time come giornalista e come amministrativa. Oltre a collaborare ancora con TV 2000, ci siamo specializzati nei video e nei documentari e forniamo servizi di ufficio stampa. Da alcuni giorni abbiamo anche una sede e non dobbiamo più operare ognuno da casa propria. La vita da freelance? Ci sono la burocrazia e le tasse, ma sotto molti punti vista non tornerei indietro. Nell’ultimo periodo a Telesubalpina si faceva tutto in tempi stretti e con pochi stimoli. Io mi sono specializzata nel montaggio video e questo mi permette anche di puntare sulla creatività, cercando quella qualità a cui ho sempre aspirato nel mio modo di fare la giornalista».

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