Industria 4.0, trade off e il rischio di rompere tutto

Lavorando per una multinazionale, mi è capitato di ideare un processo di engagement proattivo, basato su lead generation e programmatic ADV. Un processo complesso con molteplici attività basate su semplici azioni come, ad esempio, controllare con una frequenza quotidiana i vari KPI e rimodulare così le azioni di remarketing per garantire al processo finale l’erogazione […]

Lavorando per una multinazionale, mi è capitato di ideare un processo di engagement proattivo, basato su lead generation e programmatic ADV. Un processo complesso con molteplici attività basate su semplici azioni come, ad esempio, controllare con una frequenza quotidiana i vari KPI e rimodulare così le azioni di remarketing per garantire al processo finale l’erogazione massima del valore.

La granuralità delle azioni

Leggo questo titolo su Agenda Digitale: “Pirlo: Industria 4.0, dare più peso alla crescita delle competenze. Nel Piano Industria 4.0, la componente legata alla crescita delle competenze va considerata in maniera più significativa”. Poi, nel corpo dell’intervista: “I principali ostacoli da superare per l’attuazione del Piano Industria 4.0…. L’ostacolo maggiore è relativo alla granularità delle azioni che, se troppo piccola, rischia di non determinare l’impatto necessario per avviare e sostenere l’effetto “volano “*.

Se l’Industria 4.0 vuole raggiungere le leadership di costo, una differenziazione di offerta e la focalizzazione verso i propri clienti, come può superare questa granularità insita nelle azioni processuali?

Provate ora a pensare agli ingranaggi del cambio di un’auto. Aprite con la vostra immaginazione questa scatola nera che, con i suoi processi, crea il valore aggiunto tra la potenza erogata dal motore e la velocità dell’auto. Potrebbe funzionare con sotto processi granulari? Se tra le ruote dentate dei suoi meccanismi si insediassero dei granuli?

Riflettete un attimo e pensate alle semplici azioni che svolgete nei vostri processi quotidiani.

Pensate a cose semplici, come la puntualità, la precisione, la regolarità, l’ordine, la tempestività delle azioni – aspetti che strutturano le attività processuali – perché è qui che si insediano i granuli che bloccano i processi relazionali.

Con il nostro cliente multinazionale siamo in piena impresa 4.0 e dove sono i granuli?

L’headquarter della multinazionale non concede l’accesso ai dati di analytics al Responsabile di processo di remarketing italiano, che è un fornitore esterno, e la policy aziendale sembra non consentirne l’autorizzazione.

Risultato? Trasferimenti dei dati in pdf dall’headquarter alla filiale italiana, al responsabile di processo di remarketing. Quando? Quando il webmaster dell’headquarter ha tempo per produrli. Risultato del processo? Ritardi nel remarketing e ovviamente decrescita del potenziale valore dei KPI raggiungibili e conseguente sottovalutazione dell’attività svolta da tutto il processo e quindi perdita di valore complessivo per tutti.

Come è vissuta dall’headquarter l’organizzazione del suo fornitore italiano,  il suo gruppo di lavoro, i singoli individui che sono coinvolti, su cosa si basano le relazioni? E-mail! Skype! Limitandosi a valutare i KPI senza conoscere le azioni che portano all’attività di generazione di valore, non possono comprendere i bisogni di fondo delle persone che quotidianamente si impegnano per incrementare il loro lavoro. Serve chiedersi se abbiano creato un team e se stiano concretamente facendo il massimo per l’interesse della loro organizzazione.

No, a questo livello loro si affidano semplicemente al senso del dovere, dimenticando le forti motivazioni che invece emergono da un forte senso del volere.

Dalle organizzazioni ai processi

Chi mi conosce lo sa, e condivide con me che il tempo non esiste in natura: esistono i processi, quelli sì che esistono e  manager, quadri e dipendenti vi sono immersi dentro con l’obiettivo di renderli sempre più efficienti.

Ma quanti di voi che leggete avete chiari i processi nei quali siete coinvolti sia professionalmente sia personalmente?

Quanti hanno compreso a fondo le aspettative che hanno le persone coinvolte nei processi che presidiate?

Nelle organizzazioni sono i processi che creano o distruggono il valore delle produzioni e dei servizi. Questa ormai è una consapevolezza più che mai condivisa, ma vi siete mai chiesti – osservando i processi quotidiani – Dove finisce la mente e dove comincia il mondo? E, viceversa, dove finisce il mondo e dove comincia la vostra mente? **

Dalle attività alle azioni

Ogni processo è una specie di scatola nera per chi lo osserva dall’esterno, come un manager ad esempio. Egli vede e misura un certo input all’ingresso, sa chi si occupa delle procedure al suo interno e vi apporta delle trasformazioni mettendo in pratica delle attività, composte da tante azioni. Lo fa utilizzando le risorse aziendali, seguendo ordini logici più o meno sequenziali e nei tempi prescritti al fine di incrementare il valore. Questo valore aggiunto va poi trasferito come output desiderato e richiesto al processo successivo, spesse volte percepito semplicemente come un “processo esterno”.

I processi appaiono così come un modo “razionale” di rappresentare e organizzare l’attività dell’impresa e, nel pensiero manageriale, se i processi funzionano allora funziona anche l’impresa. Li posso cioé controllare nei loro input ed otput e sono “padrone” degli elementi di controllo dell’organizzazione.

Grazie a Michel Porter, che ci ha illuminati. Se il valore dell’input è inferiore al valore dell’otput,  si sta creando valore.

Quello di cui Porter, invece, ci ha tenuto all’oscuro (non si può mica fare tutto in una volta) sono le relazioni che esistono tra gli individui che operano, lavorano, gestiscono, i processi.

L’ignoranza di chi non ha potuto

ha una dignità che

l’ignoranza di chi non ha voluto

non avrà mai.**

Trade off e il rischio di rompere tutto

All’orizzonte, per noi fornitori italiani si addensavano le fosche nuvole dell’annullamento dell’incarico e, complessivamente, la perdita di valore per noi e per il cliente multinazionale che, attribuendo il calo dei valori dei KPI all’attività di processo del fornitore, lo avrebbe sostituito così come si cambia un paio di calzini perdendo così tutto il valore intangibile del know-how capitalizzato insieme. Eravamo molto prossimi al trade-off.  Potevamo annullare il contratto alla sua naturale scadenza. Forse non era il cliente ideale per la nostra organizzazione.

Che fare allora?  Porte aperte in Italia

Alla prima occasione di un meeting internazionale della multinazionale in Italia, abbiamo approfittato per bilanciare le priorità relazionali e, pur consapevoli dello sbilanciamento tra i poteri in gioco, abbiamo richiesto un’ora di attenzione per illustrare a tutto il management board non solo le attività che la nostra struttura svolgeva quotidianamente per la loro  organizzazione, ma anche tutte le azioni più semplici.

Una semplice presentazione dei dettagli delle azioni necessarie per creare il valore desiderabile.

Lavorando sulle relazioni, oltre che sulle competenze, abbiamo così raggiunto alcuni obiettivi concatenati tra loro:

  • trasformato un gruppo di individui che lavoravano in processi complementari in un team di persone che collaborano tra loro focalizzate su un obiettivo comune, perché hanno compreso a fondo il loro ruolo nella catena del valore;
  • velocizzato il processo tramite una condivisione fiduciaria di informazioni che ha permesso alla nostra organizzazione di accedere ai dati di analytics in modalità locale ed immediata;
  • il successivo veloce incremento dei valori di KPI;
  • il rinnovo del contratto.

 

Abbiamo evitato il trade off e ritrovato la nostra libertà funzionale. Il peggio era passato.

Una buona relazione e una comunicazione interpersonale sostanziale sono il lubrificante delle organizzazioni che evita la creazione di quei granuli interni responsabili di rallentare o bloccare i processi.

 

*Giuseppe Pirlo, Università di Bari, referente Agenda Digitale e Smart City

**Vincenzo Costantino. Cinaski

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