Passaporto Digitale – Isole vs Network, Soffitti vs Pavimenti

Di disruption, bitcoin, pavimenti, viaggi.  Ecco cosa penso per (tornare ad) essere i Protagonisti della Rivoluzione Tecnologica – o almeno, per difendersi a dovere. Tanto da dedicarci una rubrica “actionable”. Era praticamente un anno fa – il 18 Gennaio 2016 – quando il report “The Future of Jobs” del World Economic Forum (WEF) diede la malefica notizia: entro il 2020, […]

Di disruption, bitcoin, pavimenti, viaggi.  Ecco cosa penso per (tornare ad) essere i Protagonisti della Rivoluzione Tecnologica – o almeno, per difendersi a dovere. Tanto da dedicarci una rubrica “actionable”.

Era praticamente un anno fa – il 18 Gennaio 2016 – quando il report “The Future of Jobs” del World Economic Forum (WEF) diede la malefica notizia: entro il 2020, 5 milioni di posti di lavoro saranno spazzati via a causa delle innovazioni tecnologiche.

Secondo il Report, alcune skill, alcune industry e alcuni Stati saranno maggiormente interessati a tale disruption. Indovina l’Italia dove si posiziona(va)? :-/

Un articolo di lancio del Report sul sito del WEF ha inquadrato bene la questione:

“Stiamo vivendo un’Era di cambiamento senza precedenti rispetto al modo in cui lavoriamo. Il progresso accelerato nel campo della tecnologia, come l’intelligenza artificiale e il machine learning, e nel modo in cui creiamo cose, come la robotica, le nanotecnologie, la stampante 3D e la biotecnologia, cambieranno significativamente le caratteristiche dei lavoratori di tutto il mondo.”

Cosa c’è di sbagliato nel nostro modo di pensare la tecnologia?

Dalle parole sopra e da tante altre sparse in rete nei diversi report sul tema, la tecnologia sembra dunque essere:

  • da un lato un vero e proprio nemico, pronto a toglierci il lavoro quando meno ce lo aspettiamo;
  • dall’altro, qualcosa da imparare in fretta, per non rimanerne schiacciati.

Un bel dilemma, vero? A proposito, ho già fatto alcuni ragionamenti su quello che a mio avviso diventa il dilemma dell’Innovatore, oggi. Un dilemma che porta comunque a una situazione di supremazia della stessa tecnologia, nei confronti di un essere umano in continuo affanno. Nonché a una serie di eventini, forum, workshop, appetizer, apericena, colazioni in cui ospiti si ritrovano e ci chiamano a raccolta con il mantra #tuttogratis per impaurirci sul futuro lavorativo senza umani che verrà.

Pensaci, pensiamoci un momento. Cosa c’è di sbagliato nell’approcciare così la tecnologia? Appunto, il nostro approccio ad essa. A compartimenti stagni.

Un esempio banale, ma evidente? I bitcoin. Tutti a parlarne (quasi tutti a sproposito), tutti a curiosare nel mare magnum di link e risorse online e cartacee che ne trattano. Premesso che il 99% delle persone che non li ha comprati nel momento in cui il loro prezzo era gestibile non può fare altro, oggi, che leggere e informarsi a causa del loro valore attuale esorbitante, sono davvero i bitcoin l’argomento?

I bitcoin sono solo la punta di un iceberg (digitale e tecnologico).

Sotto, alla base, stanno la blockchain, l’Intelligenza Artificiale, le fake news e altri temi di cui parlano molte meno persone – soprattutto tra i non addetti ai lavori. Ecco la soluzione: vedere la tecnologia come un puzzle di pezzi, come una connessione di soluzioni e paradigmi strettamente interconnessi tra loro. Sia in verticale, che in orizzontale.

  • Cosa sta poi alla base della blockchain?
  • Cosa può esserne innestato ai lati?

E così via.

La cultura – qualsiasi cultura – non si genera solo leggendo un tema, ma connettendone diversi, capendone le radici e gli orizzonti, stimolando il pensiero laterale e l’inter-connessione tra i fattori. E partendo dal pavimento, non dal soffitto.

Occorre posizionare tali paradigmi e le diverse innovazioni (per esempio, la Wheel of Disruption attraverso cui il futurologo Brian Solis include periodicamente tutte le novità tech che sconvolgono il mondo)…

… in un network dove tali innovazioni diventano nodi comunicanti, ponti, bolle (nel senso geometrico del termine).

Solo così è possibile riconoscere / anticipare pattern, studiare davvero ciò che è interessante lasciando stare il rumore di fondo, farsi trovare pronti a qualsiasi innovazione tecnologica. E magari, cavalcarla.

Sul proprio Medium, nel post “Technology Is Threatening Our Jobs”Erik Vermeulen riassume bene ciò che voglio dire.

Le tecnologie si accelerano reciprocamente, e lavorando insieme portano ad applicazioni di rottura. In particolare, la forza della blockchain combinata con altre tecnologie come l’intelligenza artificiale e i sensori […].”

Come vedi, è una ricetta NON segreta: è sotto gli occhi di tutti! Basta volerla guardare, o meglio leggere.

Come prepararsi? Inizia il tuo Digital Journey 

Questa è la ricetta. Quali sono gli ingredienti?

Con tutti i cibi pronti / precotti / pre-masticati che ormai mangiamo, siamo sempre meno abituati a pensare per ingredienti. Semplicemente qualcosa è. Invece, strano ma vero, qualcosa diventa.

E qui passiamo sul personale. Ciascuno, infatti, ha un proprio modo di preparare / prepararsi. Pensiamo solo ai tanti che amano correre. Tanti corrono, in modi (con ingredienti!) totalmente differenti tra loro. Lo stesso accade nel momento in cui facciamo training verso la cultura del digitale. Per farci trovare pronti per la gara della disruption.

Sempre Erik Vermeulen propone il suo modo, a mio avviso convincente. Per una serie di ragioni:

  • è semplice, quindi azionabile dall’oggi al domani. Che non guasta mai;
  • è circolare, quindi intelligente perché capace di imparare dai propri “errori”;
  • ha un nome – Digital Journey – per me affascinante.

Ti sembrano poche, queste ragioni? Valutalo tu stesso.

Il Digital Journey è composto da 5 passi fondamentali da compiersi per essere sempre “sul pezzo”:

  • Learning: chi utilizza la rete come fonte informativa principale, chi invece ama il cartaceo. Chi adora i contenuti snack, chi segue formati più lunghi e complessi. Quando faccio lezione all’Università, con platee di ventenni, so bene di non poter mostrare un video per più di 1 minuto. Quando ho davanti un’aula di migranti digitali, invece, sono consapevole di potere osare molto di più. Spingendomi fino a 30 minuti di contenuto multimediale.
  • Sharing: non si può fare tutto da soli. I pareri, i consigli, le condivisioni aiutano a orientarci tra le n fonti possibili, selezionando le migliori a vantaggio del nostro tempo e della nostra salute. Hai mai letto “Teniamoci in Contatto. La Vita come Impresa”? Un libro oldie but goodie, scritto da due massimi esponenti del social web (Reid Hoffman e Ben Casnocha). Fallo!
  • Creating: non solo cura di contenuti, ma anche creazione. Così Erik è diventato Scrittore, Autore, Blogger. Utile per organizzare gli argomenti e generare una propria prospettiva sulle diverse tematiche. Anche perché curare stanca e, come dice il nostro Mirko Pallera quando parla di marche, bisogna prendere posizione. RT is not endorsement is dead!
  • Networking: i pensieri si espandono, si uniscono sempre più i puntini. Dalle isole si passa al network. Riesci già a vederti, in questa nuova e fantastica condizione? La condivisione stimola al contatto, alla conoscenza, alla co-creazione. A sua volta, il networking genera valore. Grande valore: valore esponenziale.

  • Experimenting: ormai, si sa. Il vecchio adagio “chi dorme non piglia pesci”, in questo mondo è più che mai vero. Occorre “uscire”, ovvero sperimentare e ingaggiarsi – in questo caso, tastando con mano le cosiddette emerging technology. I teorici son perduti!

Trattandosi di un (Digital) Journey, il valore risiede nella capacità che può avere la sperimentazione nell’attivare (o anche solo nello stimolare) nuovi processi di apprendimento, generando così un processo circolare e in costante ottimizzazione.

Digital Journey o non Digital Journey: ci dedichiamo una rubrica “actionable”

Ecco cosa penso della tecnologia, e del nostro rapporto (lavorativo) con essa.

Al fine di imparare a ragionare a network e a calare a terra un tuo possibile Digital Journey, abbiamo creato una rubrica.

Anche tu avrai sentito parlare di Nativi Digitali e di Migranti Digitali, nonché delle loro profonde differenze. In che modo tali migranti – ovvero, le persone che non sono nate negli ultimi 20 anni di sviluppo e diffusione esponenziale della rete e delle nuove tecnologie – possono affinare la propria cultura digitale? La rubrica che lanciamo oggi si chiama Passaporto Digitale, e unirà i puntini parlando di cultura digitale alla portata di tutti.

Come scrivevo sopra, un altro problema importante quando si approccia la cultura digitale oggi consiste nel fatto che quasi mai si parte “dal pavimento”, ovvero dalle fondamenta. Sempre a quegli eventini, forum, workshop, appetizer, apericena, colazioni che menzionavo, si usano spesso paroloni – tipicamente inglesi. Io stesso ne faccio largo uso – ma sto migliorando. Digital disruption, Future of Work, Digital Transformation. In tal modo si generano torri d’avorio, dove gruppi di “illuminati” parlano tra di loro (non generando nuove idee) e/o con la community allargata ma in modo ermetico (non comunicando efficacemente le loro idee).

E allora, se proprio dobbiamo parlare inglese, parliamo almeno di un inglese da usare, oltre che da parlare. Usiamo termini come “actionable”. Ecco: la rubrica Passaporto Digitale sarà actionable

Sarà una rubrica che spiega a tutti noi come non farci “fregare” dal digitale al lavoro, a partire da domani mattina al timbro del badge.

La leggerai su SenzaFiltro a partire da febbraio: chiacchiererò con un sacco di professionisti interessanti su come affrontare efficacemente e nell’ambiente di lavoro alcune tematiche digitali e tecnologiche oggi rilevanti. Con un taglio actionable, appunto. Personalmente non parlerò quasi mai, se non per aggiungere o esplodere qualche punto: da quando ho accettato con orgoglio il ruolo di Direttore della Collana “Professioni Digitali” di FrancoAngeli, ho apprezzato ancora di più il valore dell’ascolto e del dare la parola a persone che hanno più competenze di me in merito a qualcosa. Più che a scrivere, mi divertirò anche io a leggere, insomma. 

Mi farai sapere poi come sta andando il tuo viaggio, e se in azienda starai finalmente ottenendo anche tu il Passaporto Digitale. Che di questi tempi, con i passaporti, bisogna stare attenti e tenerseli stretti.

Buona lettura e buona cultura digitale a tutti noi.

CONDIVIDI

Leggi anche

Dai Fab Lab alle aziende: l’ascesa dei maker nell’economia della fabbricazione digitale

Se penso ai (tanti) termini che si sono maggiormente arricchiti di nuovi significati con l’arrivo delle nuove tecnologie, maker è nella mia personale top tre (per completezza, insieme a Storytelling e Design). Da una concezione artigiana e di produzione crafted semanticamente vicina a mondi passati, la parola ha assunto negli ultimi quindici anni significati che, seppur […]

La nuova sfida professionale? Lavorare e raccontare il proprio lavoro. Con il personal storytelling

Nuove professioni – digitali e non –, nuove dinamiche lavorative e nuovi modi di essere lavoratori e lavoratrici hanno impattato con forza sul modo tradizionale di intendere la dimensione professionale. Questo l’ho vissuto anche sulla mia pelle, dopo diverse università cambiate nel giro di pochi mesi (tempi densi di angosce, che ricordo ancora con un […]