La formazione gratuita si chiama “marchetta”

Facendo una ricerca sui corsi di team building che prevedano al termine del percorso la camminata sui carboni ardenti risultano migliaia di link, tutti molto vecchi, datati fra il 2010 e il 2012. Fortunatamente la formazione si è evoluta. Tuttavia, fra nuovi motivatori che ti incitano a “prendere in mano la tua vita” e giovani aziende […]

Facendo una ricerca sui corsi di team building che prevedano al termine del percorso la camminata sui carboni ardenti risultano migliaia di link, tutti molto vecchi, datati fra il 2010 e il 2012. Fortunatamente la formazione si è evoluta.

Tuttavia, fra nuovi motivatori che ti incitano a “prendere in mano la tua vita” e giovani aziende leader di mercato (prevalentemente quello del multilevel anni 80) che credono nei miracoli, si fa spazio un tipo di formazione ancora più subdola, quella commissionata per conto terzi ma che nasconde tentate vendite di cui si saprà solo alla fine della giornata; pretesti per raccogliere contatti in carne e ossa da trasformare in clienti, contenitori di sponsor mascherati da esperti della materia sul palco ma con lo stand fuori dall’aula e le brochure sulle seggioline.

Li avete riconosciuti? Quante volte ci siete cascati ?

Quando la formazione costa.

Costa per il semplice fatto che un formatore per spostarsi da casa sua all’aula in cui farà formazione, prende uno skateboard, una bicicletta, un motorino, un’auto, un treno, un aereo, un transatlantico. Costa perché gli argomenti che viene a trasmetterti sono frutto di esperienze maturate negli anni e pagate con le suole delle proprie scarpe e i mal di pancia della propria pancia e non c’è alcun motivo per cui dovrebbe venire a regalartele. Costa perché (almeno) una settimana prima si è seduto davanti ad una slide vuota, ci sta scrivendo proprio il tuo nome e cognome e inserendo la data del giorno che verrà a trovarti. Costa, perché una settimana dopo ha prodotto 30 slide tutte per te, totalmente customizzate a seconda del tuo pubblico e delle tue necessità, che ti lascerà senza alcun problema al termine dell’intervento.

Quando la formazione è gratis.

E’ gratis perché sei un target, un pubblico, un utente, un consumatore, un indirizzo email, una tessera fedeltà, un contatto da vendere, un pollo da spennare. Dopo. E’ gratis perché il convegno a cui sei stato invitato sui “nuovi trend dell’innovazione che faranno di te un leader di successo attraverso lo storytelling” è già stato pagato da sponsor e partner. I partner sono quelli che ti ritrovi sul palco, vettori di innovazione attraverso l’ennesimo gestionale per PMI che funziona a singhiozzo o per le attività di consulenza manageriale di cui “già decine di manager e aziende hanno usufruito migliorando le proprie performance di oltre l’80%” (rispetto a cosa, scusi?).

Ma hanno pagato e quindi devono parlare. Peccato che il tempo che stai sprecando sia il tuo, non il loro.

Gli sponsor li riconosci perché i successivi due anni (il tempo stimato per capire quando mai tu abbia dato loro il consenso) riceverai newsletter, inviti, promozioni, suggerimenti per diventare un uomo di successo. Con o senza storytelling.

Quando la formazione è a pagamento, ma sarebbe meglio fosse gratis.

E qui mi riferisco ai corsi manageriali delle business school più disparate, li riconoscete perché costano uno sproposito ma sui siti internet è impossibile avere un programma dettagliato o spesso anche solo conoscere chi saranno i docenti per ogni giornata. Esiste però una “Faculty”, ovvero quel Consiglio di Grandi Saggi che appartengono generalmente a Enti, Associazioni di Categoria, all’Università cittadina, a un Centro di Ricerca che servono a determinare l’onorabilità del consesso scientifico. Fra questi non c’è un solo vertice aziendale, non c’è un portatore sano di innovazione come sarebbe d’obbligo a un percorso studiato per manager aziendali che non possono più permettersi di  continuare a pensare con la testa di un troglodita o continuare ad avere come punto di riferimento Olivetti o Ford.

I tempi cambiano, gli ispiratori pure. Solo i Comitati Scientifici rimangono. 

Scuole che hanno le pareti dei loro ingressi tempestati da targhe di “aziende partner” che in aula non vedrete mai ma che sono una sorta di coperta di Linus per genitori e manager che decidono di sottoscrivere una quota con cui acquistare “quasi sicuramente” un pezzo del loro futuro o di quello dei loro figli. Presenze aziendali che vengono millantate dagli organizzatori, non solo per attirare adesioni e iscrizioni, ma anche per convincere decine di consulenti – ex manager d’azienda – a collaborare a titolo quasi gratuito in cambio di “visibilità”. Ma qualcuno ci crede ancora alla storia della visibilità?

Imprese con cui collaboriamo SenzaFiltro

Segue una sfilza di aziende. A due di queste abbiamo richiesto espressamente che tipo di collaborazione avessero intrapreso con la Business School di cui sopra. Ci è stato detto dalla prima che non c’è alcun tipo di rapporto. La seconda ci ha riferito che dal punto di vista del “placement” ogni anno vengono inviati dalla scuola in azienda decine di CV per proporre stage come fa ormai qualsiasi Scuola o Università. Con ritorni numerici risibili.

Nel frattempo, con un linguaggio che sembra preso in prestito dall’imprenditore dei cinepanettoni (“lavoro, guadagno spendo”), si professano percentuali di occupazione quantomeno poco credibili:

Promesse di impiego SenzaFiltro

Considerando che la Business School di cui sopra ha almeno 1000 iscritti l’anno, significa che quest’anno è riuscita in percentuale ad ottenere risultati migliori dell’intero Jobs Act su scala nazionale.

E poi a seguire, altri esempi:

Master in finanza avanzata SenzaFiltro

Impiego dopo i Master SenzaFiltro

Quelli che rendono la formazione formativa.

Quelli che non usano le slide perché ogni lezione è diversa e hanno una esperienza tale e una conoscenza delle aule e dei temi, che riescono a fare una lezione diversa tutte le volte, o quantomeno riescono a renderla unica. Quelli che preparano le slide almeno dieci giorni prima dopo essersi informati su chi è l’aula, chi son le persone, qual’è la qualità del contesto e l’ambiente in cui parlano. Li riconosci perché presentano analisi specifiche, perché hanno studiato almeno un caso attinente con quella lezione, perché senti che quell’intervento è preparato proprio per te e non per mille altre situazioni. Lasciano le slide ai partecipanti perché non sono le stesse che useranno altre 30 volte cambiando solo i titoli e le date. Quelli che pubblicano in chiaro i temi e i docenti. Quelli che hanno docenti diversi per ogni corso e non riciclati a cui dover garantire un posto sempre e comunque tanto che te li ritrovi nel corso di management, in quello sull’innovazione, in quello sulle organizzazioni, sul retail, sulla leadership, sul taglio, il cucito e la sfoglia per le tagliatelle. Quelli che ogni due docenti teorici inseriscono in programma una case history concreta a supporto di quelle teorie, altrimenti tanto valeva mi comprassi un libro. Quelli che creano spirito di classe dove il placement diventa automatico, perché quando le persone si conoscono fra di loro nascono occasioni di visibilità, di collaborazione, di coinvolgimento gli uni nelle aziende degli altri. Quelli che le aziende te le fanno toccare con mano e non attraverso i video del “chi siamo” o le slide “la nostra azienda è leader di mercato”.

Questa è la formazione che forma. Impariamo a scegliere per i contenuti, non per i titoli.

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