Procuratori sportivi: i nuovi padroni del calcio

Per alcuni sono «i nuovi padroni del calcio», per altri, soprattutto per gli assistiti, sono un male necessario. Ma una cosa è certa: il mestiere del procuratore sportivo affascina. Genera visibilità, potere, grandi guadagni, bella vita, viaggi, feste, e chi più ne ha più ne metta. Nel calcio sono loro che dettano regole, parlano, lanciano […]

Per alcuni sono «i nuovi padroni del calcio», per altri, soprattutto per gli assistiti, sono un male necessario. Ma una cosa è certa: il mestiere del procuratore sportivo affascina. Genera visibilità, potere, grandi guadagni, bella vita, viaggi, feste, e chi più ne ha più ne metta.
Nel calcio sono loro che dettano regole, parlano, lanciano ultimatum, annunciano novità.

Nel corso degli anni, questa figura ha subito senza alcun dubbio il contagio capitalistico-consumistico della società moderna in cui viviamo, acquisendo la forma di un vero e proprio business. Quando si parla di procuratore sportivo si fa riferimento a quella figura professionale a metà fra il consigliere-manager e il legale dell’atleta professionista o di una società di calcio.
Tecnicamente, rappresenta l’unico soggetto legittimato a promuovere e a tutelare gli interessi del calciatore da lui assistito nei confronti dei terzi.

I numeri degli agenti sportivi in Italia

Oggi, in Italia, sono in tanti ad inseguire il sogno di diventare procuratore sportivo, spinti dal desiderio di andare incontro a grandi opportunità, di intascare soldi, tantissimi soldi, inseguendo magari la scia luminosa e milionaria di alcuni grandi procuratori di successo come Mino Raiola (agente di Balotelli, Hamsik, Ibrahimovic) o Jorge Mendes (agente del grande allenatore Murinho), ma spinti anche dall’enorme passione per il calcio che da sempre caratterizza il nostro paese.

Ma il dubbio che sia una fabbrica di illusioni è forte. Il nostro paese è già pieno di procuratori, ce ne sono ben 1.062 iscritti nel registro ufficiale (e il dato è in crescita) a fronte di un numero di calciatori di serie A di poco superiore: 1.079.

Siamo il Paese con più agenti al mondo, il doppio della Spagna e il quadruplo del Brasile. Eppure, di questi mille, appena una trentina contano davvero, guadagnando più di € 80.000 l’anno. In un ambiente tanto competitivo, solo il 5% è stato capace, finora, di raggiungere l’apice della fama e del successo.

Infatti, per emergere e avere popolarità in questo mestiere non basta saper competere, ma occorre essere praticamente il migliore, in quanto ciò che conta non è vincere ma convincere. Per diventare procuratori sportivi di successo bisogna avere il pelo sullo stomaco. È un mondo di squali e di avvoltoi, un mondo praticamente chiuso dove non conta solo essere bravo, ma anche avere le giuste spinte e le giuste conoscenze. Amati oppure odiati, a seconda dei casi, sono loro che assicurano ai calciatori ingaggi milionari, sono loro che spingono i propri assistiti a chiedere sempre più soldi alle società o a tradire le squadre di appartenenza. Ma, in fin dei conti, questo è il loro lavoro, negoziare, intuire e stipulare contratti. Ma come funziona in realtà questo mondo, e come si fa ad ottenere successo? In basso ci arrivano più o meno tutti, in alto davvero pochi, anzi pochissimi.

L’intervista a Antonio Rebesco, da calciatore a procuratore

L'intervista di Angelo Lacerenza a Antonio Rebesco per Senza Filtro
Antonio Rebesco, giocatore per il Football Club Matera, nell’anno 1983-84 [Credits photo: Materacalciostory.it]

Per comprendere meglio le logiche di questo settore, ho interpellato Antonio Rebesco, materano, classe 1967, ex calciatore professionista di serie A; oggi procuratore sportivo di moltissimi calciatori professionisti, Rebesco vanta collaborazioni con importanti società calcistiche, quali Juventus, Pescara, Spezia.

Antonio, come si diventa procuratori sportivi di successo?
“Questa è una bella domanda, a cui non so rispondere; quello che posso dirti è che avere successo in questo lavoro è davvero molto difficile. Sono un procuratore sportivo di calcio, e vivo appunto di calcio, mi reputo un professionista del settore ma parlare di successo è tutta un’altra cosa. La strada per arrivare al successo è molto lunga, anche perché in questo lavoro non esiste una logica o uno schema ben preciso che ti faccia diventare famoso al 100% e in base alla mia esperienza penso che per avere grande fama e popolarità in questo mestiere non basti solo essere competenti e professionali, ma serve sicuramente avere anche molta pazienza, ottime conoscenze e tanta fortuna”.

A cosa ti riferisci quando parli di fortuna?
“Quando parlo di fortuna intendo avere tra le mani un buon prodotto, nel senso che se hai la possibilità di rappresentare un grande campione o una futura promessa del calcio allora diventa tutto più facile. Non dico che il successo sarà garantito, ma sicuramente sarà a portata di mano, perché è proprio un buon prodotto che può farti fare quel salto di qualità. Però ripeto trovare la strada giusta è molto difficile perché in questo lavoro non ci sono certezze”.

A cosa si rinuncia in questo mestiere?
“Nel mio caso, la rinuncia più grande è la mia famiglia. La mia famiglia viene prima di tutti, anche del mio stesso lavoro, ma purtroppo quello che faccio mi porta spesso a stare lontano da loro, non ho una meta fissa e sono sempre costretto a spostarmi di città in città. Credo che molti miei colleghi patiscano questa situazione e penso che sicuramente rappresenti una delle rinunce più grandi di questo mestiere”.

Antonio, ha senso secondo te per tanti giovani cercare di diventare procuratori sportivi di successo? Vale la pena inseguire questo sogno?
“Non voglio illudere nessuno, né tanto meno distruggere i sogni di tanti giovani, ma quello che è sicuro è che questa è una realtà molto difficile e diventare procuratore di grande successo lo è ancora di più. Non ti so dire se valga la pena oppure no inseguire questo sogno, però credo che nella vita è giusto sognare o porsi un obiettivo da raggiungere”.

Esistono dei compromessi in questo lavoro?
“Parliamoci chiaro: compromessi, favoritismi e complotti sono all’ordine del giorno e rappresentano il pane quotidiano per chi vuol far carriera. In questo settore si scende spesso a compromessi, soprattutto quando in palio c’è un buon prodotto sul mercato, un talento o un campione. Personalmente, non mi sono mai fatto tentare da tutto ciò, non mi sono mai permesso di arruffarmi un talento a danno degli altri, perché adoro il lavoro che faccio, amo rispettare le regole e le persone con cui ho a che fare. Cerco sempre di mettere a disposizione le mie competenze e la mia professionalità con grande onestà e serietà. E chi mi conosce questo lo sa bene”.

Un’ultima domanda, quali sono secondo te i pro e i contro di questo lavoro?
“Come in tutti i lavori anche in questo settore ci sono dei pro e dei contro, l’aspetto positivo è che fai sicuramente un lavoro che ti piace, l’aspetto negativo è che questo mestiere comporta tanti costi e sacrifici, soprattutto dal punto di vista economico. I procuratori sportivi sono una categoria di liberi professionisti e non hanno di certo uno stipendio mensile. Io dico sempre che la mia azienda sono io, padrone di me stesso, una sorta di spirito libero, perciò sono io che devo inventarmi il lavoro per essere sempre competitivo soprattutto in un mondo come questo, dove non ci sono mai delle certezze, dove tutto quello che fai te lo devi sempre guadagnare, perché qui nessuno ti regala niente”.

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