Ma la produttività riguarda solo le aziende private?

Così come sempre accade, seguendo gli interventi dei nostri rappresentanti politici, non è occasionale che i loro argomenti facciano sempre riferimento al mondo dell’impresa privata, quasi mai alla Pubblica Amministrazione. Nell’intervento del Ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan al meeting di Comunione e Liberazione di Rimini del 26 agosto 2015, l’argomento era la produttività come indice […]

Così come sempre accade, seguendo gli interventi dei nostri rappresentanti politici, non è occasionale che i loro argomenti facciano sempre riferimento al mondo dell’impresa privata, quasi mai alla Pubblica Amministrazione.

Nell’intervento del Ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan al meeting di Comunione e Liberazione di Rimini del 26 agosto 2015, l’argomento era la produttività come indice di cultura economica di un Paese, affermando che l’Italia è un Paese a bassa produttività se si guarda soprattutto ai dati aggregati, e porta con sé un giudizio di fannulloni. La fotografia appare quella di un Paese in cui la gente non lavora, in cui imbroglia… correggendosi subito dopo affermando che, paradossalmente, è esattamente vero il contrario.

Secondo il Ministro, infatti, la bassa produttività è spesso causata da una difficile situazione ambientale dell’impresa, facendo passare l’idea che bassa produttività sia sinonimo di mancanza di rispetto del mondo del lavoro e di cattiva gestione d’impresa.

Qualche settimana fa, volendo dare un feedback concreto al Ministro Padoan, abbiamo chiesto ai middle e top manager, nonché agli imprenditori della Community di FiordiRisorse (oltre 6000 iscritti, nrd) cosa pensassero della dichiarazione del ministro.

La maggioranza degli imprenditori italiani è consapevole che l’ambiente di lavoro e il clima aziendale influenzano in modo determinante sull’efficienza produttiva; in particolare gli investimenti sul benessere e la salute dei lavoratori danno come ritorno facilmente misurabile la motivazione, senso di appartenenza e soddisfazione di chi lavora.

Gli imprenditori sono consapevoli che le ragioni della generale bassa produttività italiana ha le sue responsabilità anche nella scarsa innovazione delle imprese. Al contrario, però, esiste una parte di esse che rappresentano una eccellenza produttiva e modello di riferimento nel mondo, malgrado le nostre Istituzioni con la loro burocrazia siano un ostacolo continuo, incidendo negativamente sullo sviluppo molto più dell’arretratezza e dalla scarsa visione dei peggiori imprenditori.

Sono inoltre coscienti che l’attuale sistema scolastico che dovrebbe preparare le nuove generazioni al mondo del lavoro non è sufficiente ed adeguato; che la incomprensione tra imprenditore e lavoratore nasce talvolta dal fatto che la comunicazione è quasi sempre affidata al sindacato, danneggiano la solidarietà ed il rapporto diretto tra impresa e lavoratori.

Sicuramente le riforme sono lo strumento di sostegno al miglioramento della produttività, non sempre favorevoli alle imprese alle quali sono indirizzate. Ci chiediamo perché le più importanti riforme programmate nel settore pubblico tardino ad essere attuate ed ancora perché la riforma del lavoro Jobs Act non abbia applicazione anche ai lavoratori della Pubblica Amministrazione.

Il problema, diversamente da quanto succede nelle aziende private, è che i politici che si alternano al governo del Paese, amministratori delegati dell’Impresa Italia, non applicano con coraggio e rigore le più elementari regole di gestione d’impresa.

Questi signori, dovrebbero sapere che migliorando la produttività della nostra malandata Pubblica Amministrazione favorirebbero automaticamente quella delle nostre imprese che tanto già patiscono in un contesto economico “esageratamente ostile”.

Il vero paradosso è che il comportamento delle nostre imprese è sistematicamente giudicato da autorevoli personalità politiche di uno Stato improduttivo e inefficiente.

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