Sicurezza precaria: meno lavori, più sei a rischio

“C’è una correlazione tra la precarietà e il calo dell’attenzione per la sicurezza sul lavoro. Tanto più la forma contrattuale è precaria, pensiamo ai contratti di somministrazione brevissima, tanto meno l’azienda si sente responsabile riguardo alla salute e alla sicurezza del lavoratore. Un lavoratore assunto per periodi brevissimi spesso viene lanciato in situazioni di lavoro […]

“C’è una correlazione tra la precarietà e il calo dell’attenzione per la sicurezza sul lavoro. Tanto più la forma contrattuale è precaria, pensiamo ai contratti di somministrazione brevissima, tanto meno l’azienda si sente responsabile riguardo alla salute e alla sicurezza del lavoratore. Un lavoratore assunto per periodi brevissimi spesso viene lanciato in situazioni di lavoro per cui non ha adeguate conoscenze, mancando di formazione e informazione.”

Con queste parole Rossella Marinucci, della Nidil (Nuove Identità del Lavoro), Cgil Macerata, fa il punto sulla zona grigia del lavoro stagionale, atipico e precario, il mondo degli interinali a poche ore o pochi giorni di contratto, il vasto sottobosco di tirocini, collaborazioni e partite Iva, parasubordinati che poco hanno di autonomo e molto di lavoro dipendente mascherato. “Si pensi, al riguardo, alle persone che consegnano la pizza a domicilio per conto di un produttore in assenza di qualsivoglia livello di garanzia in termini di compenso (in molte realtà territoriali l’unica forma di compenso rischia di essere costituita dall’eventuale mancia offerta dal fruitore del servizio) e di protezione sociale (assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali in primis, copertura pensionistica, assicurazione contro la malattia, ecc.)”, si legge nel rapporto annuale dell’Inps.

 

Infortuni sul lavoro (atipico): i dati

Dai dati Inail riguardanti gli infortuni sul lavoro tra il 2014 ed il 2016, esposti nell’autunno scorso a Roma, durante un seminario organizzato da Inail e Nidil Cgil, le denunce presentate da lavoratori atipici (somministrazione, collaborazione e voucher) sono 13.000 l’anno, pari al 2% del totale. Di queste denunce una parte tra il 69 e il 78% sono di lavoratori con contratto di somministrazione (ex interinali), tra l’11 e il 14% di percettori di voucher; in diminuzione dal 20 all’8% quelle dei collaboratori.

Mentre le denunce di infortuni sul lavoro nel triennio sono calate del 3,4%, per quelle dei lavoratori atipici l’aumento è stato del 14,1%, che tra i lavoratori somministrati sale al 25,7%. Tra i lavoratori atipici ci sono stati in questo triennio 25, 18 e 15 morti, pari al 2,8% dei morti totali sul lavoro. Tra chi è morto il 40% era in viaggio per lavoro. Per i contratti di somministrazione gli infortuni da spostamento sono il 17,7% del totale, per i collaboratori quasi un terzo, con il 27,7%; per coloro che avevano il voucher il 12,5%.

 

Poche morti in meno, molti infortuni in più

L’ultimo caso salito alla ribalta della cronaca nazionale è quello dell’operaio Luca Savio, morto a soli 41 anni, travolto da un blocco di marmo già posizionato, in un deposito a Marina Di Carrara. L’azienda di gru per cui lavorava lo aveva assunto con un contratto di soli sei giorni. Quel maledetto 11 luglio era al suo terzo giorno di lavoro; non è più tornato a casa dalla sua compagna e dalla figlia di soli 14 mesi.

Secondo i dati Inail, nel 2017 i morti sul lavoro sono stati 1.112, contro i 1.142 nel 2016 e i 1.370 del 2012. Per infortuni si sono registrate 11 milioni di giornate di inabilità al lavoro, con 85 giorni di assenza per chi ha subito menomazione, 21 giorni senza menomazione. Gli infortuni accaduti al lavoro sono 617; il 58% del totale avvengono fuori dall’azienda. Il numero complessivo di incidenti mortali è in calo del 2,8% rispetto al 2016 e del 25% rispetto al 2012.

“Nei primi cinque mesi dell’anno si sono avute 389 denunce di infortunio mortale: 14 in più rispetto allo stesso periodo del 2017” recita la relazione di Massimo De Felice, presidente Inail. “L’analisi dei dati sulle morti è sempre attività triste, ma doverosa perché utile per meglio comprendere le cause e fronteggiarle. Va notato che gli infortuni mortali ‘in occasione di lavoro’ sono diminuiti (sebbene di troppo poco, da 194 a 190), mentre forte è stato l’incremento degli infortuni in itinere (da 68 a 96)”. Nel 2017 gli ispettori Inail hanno controllato 16.648 aziende (il 67,49% del terziario, il 28,21% del settore industria); l’89,43% sono risultate irregolari.

 

Aziende poco sicure: perché?

Certi aspetti contrattuali, relativi alla formazione e all’informazione dei lavoratori, sono visti come costi dall’azienda” testimonia Rossella Marinucci. “Il lavoratore deve poter tornare a casa tutti i giorni. Manca la cultura della sicurezza sul lavoro, vista come un costo superfluo; non si presta la dovuta attenzione a questo, nelle forme del lavoro precario. La somministrazione breve è soggetta ad alcuni vincoli; con le forme para-subordinate, come tirocini, collaborazioni, partite Iva, le aziende si sentono libere da responsabilità. Non si sa a chi competa la sicurezza, le mansioni sono eterodirette; si tratta di lavoratori subordinati di fatto e autonomi sulla carta, la responsabilità della loro salute e sicurezza viene lasciata a loro stessi”.

Spesso si ricorre a questa forme contrattuali atipiche, proprio per abbattere i costi relativi a obblighi di sicurezza sul lavoro: “Nel lavoro stagionale, che a volte avviene fuori da ogni regola contributiva e contingente, viene presa gente senza un minimo di competenza, buttata a fare un lavoro di cui ignora i rischi, senza avere adeguata formazione. Pensiamo a tutto il comparto dell’alberghiero, la ristorazione, l’accoglienza, i bagnini, la cucina: per non avere responsabilità e pagare meno, le aziende si avvalgono della formula dell’appalto e della somministrazione, e altre forme di intermediazione del tutto legale, per cui ciò che viene a mancare oltre il riconoscimento di certi diritti del lavoratore sono ad esempio le responsabilità in materia di sicurezza del lavoro”.

La zona grigia del lavoro precario si esemplifica nel rito della firma del venerdì sera, racconta la sindacalista Nidil: “Un lavoratore in somministrazione può andare avanti due o tre anni, con il contratto firmato il venerdì sera alle sette, subendo una forma di ricatto continua. Non si parla solo di giovani, ma anche di donne, uomini, esodati dal mercati del lavoro, cassintegrati, disoccupati di lungo corso. L’antidoto a tutto questo è quello di far arrivare informazioni ai lavoratori. La conoscenza è il primo strumento di reazione a queste condizioni di lavoro precarie e meno tutelate”.

 

Il riflesso sull’occupazione della sicurezza sul lavoro

Nel 2017, secondo il rapporto annuale dell’Inps, l’occupazione a termine è passata da 3.600.000 unità a 4.600.000 lavoratori, con un aumento del 24%. Spicca, anche per l’avvenuta abolizione dei voucher, la crescita del lavoro intermittente, con il 73% di occupati in più. L’anno scorso, nel settore del lavoro dipendente, quasi il 20% delle giornate lavoro sono state svolte da lavoratori con contratto diverso da quello a tempo determinato: rispetto al totale il tempo determinato è passato dal 9,9% del 2016 all’11,8% del 2017, l’apprendistato dal 3,0% al 3,2%, il somministrato dal 2,0% al 2,4%, lo stagionale dall’1,1% all’1,2%, l’intermittente dallo 0,4% allo 0,6%.

Il lavoro a termine cresce, nel settore della ristorazione e dell’alloggio, del 35% rispetto al 2016, del 16% nel commercio e della stessa percentuale nel manifatturiero. In crescita il part time al 28,1% del totale nel 2017. I dati del lavoro somministrato (ex interinale), divisi secondo il settore delle aziende utilizzatrici, non sono disponibili nel rapporto Inps, perchè si specifica che le “missioni” sono in capo alle agenzie di somministrazione, rendendo impossibile qualsiasi comparazione o valutazione.

 

Le professioni più pericolose

Nel dettaglio, secondo il rapporto congiunto sul mercato del lavoro redatto da Ministero del Lavoro, Inps, Inail, Istat e Anpal, tra l’inizio del 2016 e la prima metà del 2017 si è registrata una crescita dei lavoratori in somministrazione: nel settore industria e servizi il loro impiego è cresciuto del 50,7%, a fronte del 5,5% degli occupati totali nel medesimo ambito.

“Gli andamenti degli infortuni vanno però contestualizzati con le peculiarità degli stessi e, in deroga all’andamento occupazionale, incidono principalmente: la fortuità del verificarsi degli eventi (come da definizione stessa di infortunio sul lavoro) e il rischio da circolazione stradale determinante, sia per la categoria degli infortuni in itinere, che per le attività lavorative che coinvolgono un mezzo di trasporto. Per i casi mortali a questi elementi si aggiungono i possibili effetti ‘punta’ degli incidenti plurimi (un unico evento causante il decesso di più lavoratori contemporaneamente)”, si rileva nello stesso rapporto.

Non solo infortuni mortali, ma anche la denuncia di malattie professionali è in aumento, pari a 60.259 nel 2016 (a fronte di 45.000 lavoratori), in crescita del 2,3% rispetto al 2015 e del 39,9% rispetto al 2010, con il 60% riguardante il sistema osteo-muscolare, il 15% il sistema nervoso, il 5% i tumori.

Tra i settori di lavoro, il 59% delle denunce di infortuni sul lavoro ha riguardato il settore dei servizi, commercio, trasporto e magazzinaggio, sanità e assistenza sociale, attività di alloggio e ristorazione; il restante 41% nell’industria, con punte nella fabbricazione di prodotti in metallo e macchinari; 33.000 le denunce nel settore delle costruzioni. Per gli infortuni mortali nel 2016, 273 sono avvenuti nel settore di industria e servizi, con 129 incidenti mortali nel settore delle costruzioni, seguite dal manifatturiero, con 101 morti nel settore del trasporto e magazzinaggio, seguito da 59 decessi nel commercio e 27 nel settore ristorazione-alloggio. Tra le prime dieci professioni con più incidenti mortali si notano conduttori di veicoli, operai edili e agricoltori nelle prime tre posizioni. Le altre categorie ricorrenti sono addetti alle pulizie, addetti al facchinaggio, personale sanitario, gli addetti alla ristorazione, alle vendite, gli operai del settore metallurgico e meccanico.

Photo by Lukas Juhas on Unsplash

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