Progettare per la Social TV con gli utenti

Non fa più notizia dire che le audience sono attive. Non è proprio più concepibile pensare che non lo siano. Commentare i programmi TV su Twitter, guardarli anche su schermi diversi da quello classico televisivo e usare applicazioni second screen sono abitudini entrate ormai a far parte del nostro comportamento come audience e, al tempo […]

Non fa più notizia dire che le audience sono attive.
Non è proprio più concepibile pensare che non lo siano.

Commentare i programmi TV su Twitter, guardarli anche su schermi diversi da quello classico televisivo e usare applicazioni second screen sono abitudini entrate ormai a far parte del nostro comportamento come audience e, al tempo stesso, come utenti di Social Media.
Se Social TV era un termine incomprensibile ai più fino a qualche anno fa, oggi è riconosciuto come un insieme di pratiche che generano cambiamenti significativi in termini di fruizione dei contenuti ma anche di produzione e marketing degli stessi.
Circa l’80% delle persone che guardano un programma in TV, infatti, usa un secondo schermo per cercare contenuti legati a quanto sta vedendo o per commentare ciò che accade.

Cosa muta allora per chi realizza contenuti televisivi?

Bisogna fare i conti con almeno tre grandi cambiamenti che determinano poi il modo in cui i programmi vengono pensati, prodotti e promossi:

  1. Bisogna disegnare strategie di lancio, promozione e conversazione con gli utenti e per gli utenti: ripetiamo insieme “si chiamano Social Media, non Monologue Media”.
    L’utilizzo di un canale Social in modalità broadcasting non solo è sbagliato è proprio insensato, oltre che una perdita di tempo e, soprattutto di soldi.
    Bisogna rispondere ai commenti (e sì anche alle critiche quando esposte in maniera educata), valorizzare il contributo degli utenti e premiare quelli più attivi, che possono rappresentare degli ottimi alleati e contribuiranno certamente ad aumentare il volume delle conversazioni intorno al vostro programma.
    In termini economici, non si tratta solo di prevedere investimenti per un Social Media Team ed in eventuali attività di advertising ma anche di usare le strategie di second screen come volano per realizzare conversions: non potete cliccare su uno schermo TV ma potete farlo su quello di uno smartphone o di un tablet e per i brand ciò significa poter tracciare esattamente l’intera catena del comportamento di un utente online dal momento in cui vede una pubblicità in TV a quello in cui clicca un contenuto ad essa legato sul second screen. Non parliamo di poco. In TOK.tv, ad esempio, durante uno dei nostri test abbiamo registrato un CTR dell’11% su advertising sincronizzato.
  2. Bisogna pensare a strategie di medio-lungo periodo ma anche di real-time marketing: è vero, i programmi TV hanno una durata limitata nel tempo ma i Social Media sono veicoli straordinari per costruire strategie che consentano di tenere viva l’attenzione tra un episodio e il successivo, tra una stagione e l’altra ma – qualora si trattasse di programmi non seriali – anche di creare un’attenzione prolungata nel tempo, sfruttando ad esempio la coda lunga generata dal rilascio di video e pillole posteriori alla messa in onda.
    I Social sono luoghi che vanno curati con costanza, non è possibile pensare di aprire una fan page su Facebook, abbandonarla dopo la fine della stagione e quindi “resuscitarla” mesi dopo. Una community è un organismo vivo ma per rimanere tale va nutrito. Francamente pensare che, persi degli utenti, se ne troveranno di nuovi l’anno prossimo denota non solo poco rispetto per gli utenti stessi ma anche una scarsa comprensione del potenziale di fidelizzazione rappresentato dai canali Social. HBO è maestra in questo campo: provate a dare un’occhiata alle pagine Facebook e agli account Twitter dei suoi programmi TV e noterete che quando anche si registri una diminuzione del volume di post e tweets questi non cessano mai del tutto.
  3. Bisogna monitorare le conversazioni Social relative al proprio programma e a quelli dei concorrenti: come per altri settori, il monitoring non è un optional ma un’attività che può aiutare a identificare gli utenti più influenti e la loro posizione rispetto allo show, può supportare la pianificazione dei contenuti da pubblicare, e migliorare la reputazione del programma (ma anche della produzione e del broadcaster), anche grazie alla possibilità di individuare immediatamente eventuali crisi emergenti e di rispondere dunque prontamente alle stesse. Non dimenticate: le reazioni degli utenti non sono “manipolabili” (basti pensare a quanto accaduto di recente su Twitter con il caso #striscianospoiler).

Non è dunque più sufficiente pensare che le conversazioni Social che si generano intono ai programmi televisivi siano semplicemente buzz o che costituiscano qualcosa di differente dal programma in sé: sono parte di esso e contribuiscono a crearne storia e narrativa.
E sì, possono decretarne anche il successo in termini di ascolto: secondo l’ultima ricerca condotta da Nielsen Social e Twitter, infatti, ci sarebbe una correlazione diretta tra Social engagament e ascolti.

Il più tradizionale dei media ha aperto senza dubbio la strada alla meno convenzionale delle innovazioni. Quella generata dagli utenti e dalle loro conversazioni Social.

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