Stagisti, una Repubblica nella Repubblica

Quando ho fondato la Repubblica degli Stagisti, una decina d’anni fa, la situazione del mercato del lavoro era diversa. Era come una pentola a pressione che sobbolliva: il fischio era minaccioso, ma l’esplosione veniva trattenuta. Il precariato selvaggio, i giovani senza futuro, gli expat in continuo aumento, le finte partite Iva, i lavori sottopagati; tutto […]

Quando ho fondato la Repubblica degli Stagisti, una decina d’anni fa, la situazione del mercato del lavoro era diversa. Era come una pentola a pressione che sobbolliva: il fischio era minaccioso, ma l’esplosione veniva trattenuta. Il precariato selvaggio, i giovani senza futuro, gli expat in continuo aumento, le finte partite Iva, i lavori sottopagati; tutto esisteva già. Ma sottotraccia.

Anche gli stage esistevano già, naturalmente, ma nessuno ne parlava. Non si capiva nemmeno bene quanti fossero, report ufficiali non ce n’erano. Eppure stavano diventando la porta d’ingresso verso il mondo del lavoro: sembrava che non fosse più possibile essere assunti se non con qualche tirocinio nel cv. Gli stagisti all’epoca avevano poche tutele, un quadro normativo debole; erano il sottogradino del precariato. Tutto ciò a svantaggio non solo dei diretti interessati – i giovani – e delle loro famiglie, ma anche delle imprese che, utilizzando con responsabilità lo strumento dello stage, venivano invece assimilate a chi ne abusava.

In questo scenario mi venne l’idea di fondare uno spazio online di informazione sul momento di passaggio dalla formazione al lavoro; un luogo dove condividere le proprie esperienze di stagisti, ma anche dove elaborare proposte da sottoporre alla politica, e dove valorizzare le aziende virtuose.

Gli stage, oggi

La situazione, dieci anni dopo, è ancora critica. In mezzo ci sono stati: la peggior crisi economica mondiale dai tempi del 1929, un preoccupante aumento del tasso di disoccupazione in Italia, la chiusura di un gran numero di aziende e la riduzione del personale in molte altre.

Ma ci sono stati anche passi avanti: le normative regionali in materia di tirocini extracurriculari varate tra il 2012 e il 2014, fortemente perorate dalla Repubblica degli Stagisti, hanno significato un miglioramento delle condizioni dei tirocinanti; a cominciare dal diritto a ricevere una congrua indennità mensile. L’enorme carrozzone di Garanzia Giovani, pur con tutti i suoi difetti, ha portato quasi un milione e 200mila under 30 a varcare la soglia dei centri per l’impiego, attivandosi formalmente per trovare lavoro.

Il combinato disposto di Jobs Act e incentivi all’assunzione delle ultime finanziarie ha fatto sì che diverse centinaia di migliaia di lavoratori passassero da contratti precari a contratti a tempo indeterminato, con tutte le tutele del caso. Il progressivo ampliamento della platea del sussidio di disoccupazione – oggi chiamato Naspi – ha ricompreso anche chi ne era tradizionalmente escluso, cioè i giovani e i precari. E sembra finalmente intravedersi la luce alla fine del tunnel della crisi.

Soprattutto, in questi dieci anni il tema stage è uscito dal cono d’ombra ed è entrato nel dibattito pubblico. Oggi la politica, il sindacato, il mondo imprenditoriale e l’università non possono lavarsene le mani. Ci sono ancora tanti casi, nel privato come nel pubblico, di stage utilizzati malamente; ma ora capita che chi li propone venga sanzionato, che le politiche irrispettose vengano rese pubbliche e condannate.

Una cattiva pubblicità in questo senso incide anche sulla brand reputation, aspetto su cui le aziende sono sempre più sensibili: già nel 2012, del resto, i dati del Reputation Institute – organizzazione internazionale attiva nello studio della reputazione aziendale – dimostravano come le scelte d’acquisto fossero influenzate solo per il 40% dalla qualità del bene o del servizio offerto, e per il 60% dalla reputazione che un marchio era in grado di comunicare di sé al consumatore, anche a partire dalle condizioni offerte ai propri lavoratori – e gli stagisti, nell’opinione pubblica, sono assimilati ai lavoratori.

Tirocini: la situazione italiana ed estera

Il tema – e il problema – non è certo solo italiano. L’Italia è forse il Paese europeo dove l’abuso dello strumento dello stage è più evidente, e coinvolge anche enti pubblici e persone over 50; ma negli ultimi anni anche all’estero sono emerse situazioni simili, e sono nate organizzazioni (più o meno spontanee, più o meno efficaci) a difesa dei diritti degli stagisti. In Francia c’è Génération Précaire, nel Regno Unito Interns Aware, in Belgio InternsGoPro. Ogni Paese ha la sua peculiare organizzazione del mercato del lavoro, e i sistemi di transizione sono diversi: in linea generale i Paesi nordici non hanno grandissimi problemi, potendo contare anche su robusti sostegni

all’ingresso, servizi per l’impiego più efficienti dei nostri e policy meno spregiudicate su contratti e retribuzioni dei giovani.

A livello di numeri il fenomeno stage è piuttosto stabile e coinvolge in Italia all’incirca mezzo milione di persone all’anno. Il numero preciso non è noto, perché a livello sistematico vengono tracciati solo i tirocini cosiddetti extracurriculari (cioè svolti al di fuori di ogni percorso di studio), per i quali vige l’obbligo di comunicazione obbligatoria – dal quale invece i tirocini curriculari sono esentati.

Il numero dei tirocini extracurriculari è aumentato considerevolmente (+53,5%) tra il 2014 e il 2015: questa esplosione, che in numeri assoluti ha voluto dire 348mila stage extracurriculari attivati tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2015 (di cui ben 37.500 su persone over 35), è coincisa con l’entrata a regime dell’attuazione di Garanzia Giovani. L’exploit più incredibile si è verificato al Sud, in particolare in Sicilia: +715%. I numeri si sono poi calmati l’anno successivo: nel 2016 ne sono stati attivati 318mila, segno evidente che l’impennata era dovuta quasi esclusivamente ai tirocini finanziati con i fondi di Garanzia Giovani.

La percentuale di assunzione post stage, secondo il report annuale da cui sono tratti tutti questi dati (il Rapporto sulle Comunicazioni Obbligatorie del Ministero del Lavoro) è rimasta invariata (26,4%) nel 2015 rispetto all’anno precedente, ma è invece finalmente salita – di sei punti: 32,5% – nel 2016.

Bisogna sempre tenere a mente che questi dati si riferiscono solo a una metà dell’universo stage: tracciano l’esito dei tirocini extracurriculari. L’altra metà dell’universo è composta dai curriculari, quelli che si svolgono mentre si studia (tipicamente all’università). Di questi non solo l’esito, ma perfino il numero preciso è ignoto: si può calcolare che siano all’incirca 200-250mila all’anno, e si tratta di percorsi eterogenei tra loro: un tirocinio curriculare obbligatorio di 150 ore (tre settimane) di uno studente al primo anno è ben diverso da un tirocinio di 6 mesi di un laureando!

La Repubblica degli Stagisti

In sostanza lo stage è uno strumento neutro: che sia buona occasione, win-win sia per lo stagista sia per chi lo ospita, oppure una perdita di tempo, con annessa frustrazione e delusione, dipende da come si comportano i soggetti coinvolti.

La Repubblica degli Stagisti opera su tre fronti: spinge sulle istituzioni per un miglioramento normativo e un monitoraggio più puntuale; incentiva le imprese a migliorare le proprie policy verso stagisti e profili junior, considerando lo stage un investimento in risorse umane e non un modo per risparmiare sul costo del personale; e agevola un empowerment dei giovani attraverso l’informazione, quel “conoscere per deliberare” di einaudiana memoria che non dovrebbe mai passare di moda.

Pochi mesi fa la ONG americana Ashoka mi ha nominata tra i suoi Ashoka fellow proprio perché la Repubblica degli Stagisti rappresenta un esempio di imprenditoria sociale innovativa: migliora le condizioni di un largo gruppo di persone attraverso un’idea nuova e sostenibile. E tanto più sostenibile sarà quante più imprese continueranno a entrare nell’RdS network, il circuito di aziende virtuose che si impegnano con noi a garantire buone condizioni ai giovani, e in cambio possono utilizzare il nostro sito per far conoscere le proprie opportunità.

Dieci anni fa dicevo che, nel migliore dei mondi possibili, una cosa come la Repubblica degli Stagisti sarebbe stata inutile – e che sarei stata felice di chiuderla, quando non fosse stata più necessaria ai giovani. Purtroppo quel momento sembra ancora lontano.

 

Photo by Rebecca [CC BY-NC-ND 2.0] via Flickr

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