Terra dei Cappelli: raddoppiato il distretto più grande d’Europa

Piccole, anzi piccolissime, con il numero medio di addetti di poco superiore alle dita di una mano, le imprese nella “Terra dei Cappelli” da tempo hanno fatto fronte comune, raddoppiando in dieci anni il fatturato, da 70 a 140 milioni di euro. Tanto di cappello contro la crisi. Nel distretto produttivo più grande d’Europa, tra […]

Piccole, anzi piccolissime, con il numero medio di addetti di poco superiore alle dita di una mano, le imprese nella “Terra dei Cappelli” da tempo hanno fatto fronte comune, raddoppiando in dieci anni il fatturato, da 70 a 140 milioni di euro. Tanto di cappello contro la crisi. Nel distretto produttivo più grande d’Europa, tra Montappone, Massa Fermana ed una manciata di piccoli comuni vicini, sono le piccole dimensioni delle aziende, insieme alla qualità produttiva, ad essere una garanzia contro i corsi e ricorsi del mercato. “Si tratta in prevalenza di piccole aziende, con un numero di addetti compreso tra 7 e 12 circa, un’impresa ha oltre cinquanta dipendenti, le famiglie sono coinvolte nella gestione aziendale – spiega l’imprenditore Carlo Forti, da due anni alla guida della sezione Cappello di Confindustria Fermo – la piccola dimensione permette di combattere i periodi di fermo e di gestire bene il programma di lavoro, grazie alla flessibilità”. Poche le realtà produttive che in questi anni hanno fatto ricorso alla cassa integrazione ed agli ammortizzatori sociali.

La produzione, basata su gesti antichi è condizionata dal modello e dalla tipologia di cappello: “Si va da qualche decina a qualche pezzo prodotto al giorno, a seconda del tipo di produzione, a mano, del materiale utilizzato, della taglia, i tempi variano notevolmente – aggiunge l’imprenditore Ferruccio Vecchi, presidente della Pro Loco di Montappone ed ideatore del museo del cappello – questo è un settore di nicchia, non presenta una struttura produttiva enorme, dunque non risente molto né dei momenti di crisi del mercato, né dei momenti di euforia”. Di recente si è tornati alla tradizione, almeno nella coltivazione di due ettari di grano dello stesso tipo che una volta intrecciavano gli artigiani per fare i cappelli di paglia, la Jervicella dal lungo stelo, con quaranta quintali già prodotti grazie ad un accordo con Coldiretti. Da queste parti, la paglia si intreccia ancora come una volta, i gesti degli artigiani di un tempo, sono i medesimi degli operai di oggi. “E’ ancora molto importante la manualità e la preparazione delle maestranze, il supporto tecnologico è quasi irrilevante – osserva Vecchi – serve del personale con capacità manuali rilevanti. Alla base della produzione ci sono gli stessi gesti, il valore delle mani conta molto, si sta provvedendo a formare dei giovani, ma è difficile trovarli”.

Una risposta alla difficoltà di reperire manodopera qualificata è la Fabbrica Pilota, inaugurata lo scorso mese di aprile. E’ questo il nome del progetto di formazione costruito su misura per le nuove leve, che alla base presenta un’alleanza tra Camera di Commercio di Fermo, Confindustria Fermo e Comune di Montappone che ha messo a disposizione la sede, oltre all’Ipsia Ricci ed alla Provincia di Fermo. “Occorrono innovazione, formazione e ricerca e per questo serve forza lavoro giovane, sia per superare il percorso di ricambio generazionale, che per avere innovazione e continuare la tradizione produttiva. Nella Fabbrica Pilota ci sono addetti, nostri dipendenti e titolari con oltre quarant’anni di esperienza, per trasmettere le basi per l’innovazione e la tecnologia del settore, formando i giovani”, spiega Forti, “molti collaboratori dall’America e dall’Europa mi hanno detto che la Fabbrica Pilota è un’esperienza unica e importantissima e che vorrebbero partecipare, il progetto è quello di realizzare una vera e propria università del cappello a Montappone”. Dalla tradizione contadina legata alla coltivazione del grano, da cui si ricavava la paglia intrecciata per i cappelli, si è passati al feltro ed alla maglieria, filati pregiati, pelle, lana ed altri materiali, per una varietà che riesce a coprire tutte le esigenze del mondo della moda, che in questo momento ha riportato i cappelli ad essere accessori di punta, in ogni stagione.

Uno dei fattori chiave della solidità economica del distretto è dato dalla elevata quota di esportazione. “L’internazionalizzazione è un fattore chiave, il mercato di riferimento è cambiato fino a trent’anni fa era quello interno, negli ultimi quindici anni l’estero, con la capacità di assorbire fino all’85 per cento di quota export, ormai si lavora tutto l’anno, coprendo mercati di diversa stagionalità”, afferma Vecchi. “Cerchiamo di allargare lo spazio di mercato, in modo che ogni azienda abbia il suo settore – chiarisce Forti – l’Unione Europea, l’America, il Giappone, la Turchia, sono importanti per le esportazioni, ci sono aziende che lavorano con la Russia”. I dati del 2014, forniti dalla Federazione Tessili Vari relativi al settore cappello, rilevano un livello medio di esportazione pari all’82 per cento, con un incremento del 4,9 per cento rispetto all’anno precedente, principalmente verso la Francia, a seguire Germania, Spagna, Stati Uniti e Giappone. La sfida nata negli anni Sessanta tra i produttori locali è ormai vinta, si è formata una rete stabile di imprese che offre una filiera produttiva completa.

Nel 2004 nel distretto fermano erano concentrate oltre 90 aziende e duemila addetti, per un valore complessivo di produzione intorno ai 70 milioni di euro, su un dato complessivo di circa 240 imprese e 3400 addetti a livello italiano. Attualmente si registrano una novantina di aziende e circa quaranta nell’indotto, quasi duemila addetti (pari al 65 per cento della forza lavoro locale) contro i 1776 del 2010, per un fatturato complessivo che in dieci anni è raddoppiato sfiorando i 140 milioni di euro, con circa 60 milioni di cappelli prodotti, pari al 70 per cento della produzione italiana ed al 50 per cento di quella dell’intera Europa. Già nel 1881 a Montappone c’erano ben 2.053 artigiani che facevano cappelli in paglia. Ora si guarda al futuro. “L’innovazione di prodotto, la manualità nella realizzazione, la possibilità di essere all’avanguardia, sono secondo me le armi vincenti su cui puntare contro la crisi – conclude Forti – insieme alla professionalità delle maestranze ed alla selezione delle materie prime”. Per Vecchi anche il contesto è importante, nel quadro di una ‘ricetta anticrisi’: “L’allentamento della tassazione e degli eccessivi vincoli burocratici permetterebbe di lavorare in modo più tranquillo, la capacità propositiva è molto elevata, non c’è la possibilità di investire in innovazione, quando la tassazione è elevata”.

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