Mezzi di trasporto, non mezzi passeggeri: disabilità e accessibilità, diritti a intermittenza

L’autonomia delle persone con disabilità passa anche per il libero accesso ai mezzi pubblici. Una questione che spesso va in secondo piano, specie su treni e autobus: il caso di Irene.

Prende vita un nuovo 3 dicembre, la giornata internazionale dedicata ai diritti delle persone con disabilità cui si affianca spesso – e purtroppo – un corteo di frasi fatte e di nodi al fazzoletto mai sciolti. Un corteo che ferisce per l’ipocrisia di cui è intriso. Parliamo di una giornata simbolica: i diritti, per dirsi tali, andrebbero infatti riconosciuti e tutelati ogni giorno, ma la realtà ci mostra una situazione ben diversa. Proprio per questo con SenzaFiltro ci occupiamo di diritti, inclusione e discriminazioni anche in giorni privi di dedica, dando voce a storie e vissuti che raccontano le sfaccettature di un tema che non ha e non può avere scadenze.

In questa occasione torniamo a focalizzarci su accessibilità e autonomia, due aspetti fondamentali inclusi nella stessa Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità. Ma come sempre è una storia in carne e ossa ad aprire un varco di potenziale consapevolezza sull’argomento.

La disabilità e l’accessibilità per “partecipare a tutti gli ambiti della vita”

Prima di introdurre la vicenda che stiamo per raccontare facciamo una doverosa premessa.

La Convenzione ONU, ratificata in Italia nel 2009, introduce un nuovo concetto di disabilità che possiamo definire a tutti gli effetti “dinamico”. La disabilità è così definita come “il risultato dell’interazione tra persone con minorazioni e barriere attitudinali e ambientali, che impediscono la piena ed efficace partecipazione nella società su una base di parità con gli altri”. Un ambiente fatto di persone, strutture, costruzioni e allestimenti che hanno un ruolo, e quindi delle responsabilità al riguardo.

In particolare l’articolo 9 della Convenzione è dedicato al tema accessibilità: “Al fine di consentire alle persone con disabilità di vivere in maniera indipendente e di partecipare pienamente a tutti gli ambiti della vita, gli Stati Parti devono prendere misure appropriate per assicurare alle persone con disabilità, su base di eguaglianza con gli altri, l’accesso all’ambiente fisico, ai trasporti, all’informazione e alla comunicazione, compresi i sistemi e le tecnologie di informazione e comunicazione, e ad altre attrezzature e servizi aperti o offerti al pubblico, sia nelle aree urbane che nelle aree rurali”.

E proprio traporti, autonomia e accessibilità sono al centro della storia di Irene (nome di fantasia), che vive in un piccolo Comune della bassa modenese.

Stessa stazione, due tratte: una accessibile, l’altra no. La segnalazione di Irene

Irene è una giovane donna che studia, svolge attività di tirocinio, è impegnata in numerose iniziative di carattere culturale e ha una disabilità di tipo motorio. Aggiungiamo quest’ultima specifica solo perché saliente per la vicenda che intendiamo approfondire. Irene decide di andare a Bologna per partecipare al Disability Pride, e il treno si configura come il mezzo di trasporto più adatto per motivi importanti e ben comprensibili, come spiega: “Oltre a inquinare di meno, è la soluzione migliore per eventi come questo perché risulta molto complicato trovare parcheggi riservati alle persone con disabilità”.

Irene ci illustra la sua situazione: “Premetto che la stazione del paese in cui vivo è ben servita dal punto di vista dei treni che partono per Bologna. Ci sono infatti sia i treni della tratta Bologna-Poggio Rusco sia quelli della Bologna-Verona. Per una persona con una disabilità motoria, come nel mio caso, il discorso però si complica: i treni della tratta Bologna-Verona non sono infatti accessibili in autonomia. I treni della tratta Bologna-Poggio Rusco invece lo sono, ossia non presentano dislivello tra la banchina e il treno, o comunque ne presentano uno superabile. La situazione cambia del tutto nei giorni festivi, perché i treni della tratta Bologna-Poggio Rusco mancano; occorre allora dirottarsi su quelli della tratta Bologna-Verona, che sono accessibili alle persone con disabilità ma non in autonomia, ossia serve l’operatore per salire a bordo”.

Irene inoltre sottolinea: “Pochi treni della linea Bologna-Verona risultano accessibili, anche con l’aiuto dell’operatore. Spesso si tratta infatti di treni vecchi e con la presenza di gradini: questo implica fatica anche con l’utilizzo del carrello elevatore, e per motivi ben comprensibili”.

Accessibilità e autonomia sono termini distinti, da non confondere, e Irene fa il punto della situazione: “Capisco che non si possa avere un’offerta piena come durante la settimana, ma non capisco perché nei giorni festivi ci debba essere un così grande divario. Si tratta di sostenere il diritto non solo al trasporto, ma anche alla cultura e alla libertà di movimento in autonomia, indipendentemente dalla condizione che si ha”.

Costretti a chiedere aiuto. Ma la discriminazione passa anche dalla comunicazione

Irene puntualizza: “Il mio non è un capriccio, ma una questione importante che vorrei porre all’attenzione soprattutto per come è stato gestito il riscontro alla mia perplessità. In quell’occasione mi sono interfacciata, come in altri casi, con la Sala Blu, che gestisce il servizio per le persone con ridotta mobilità. Mi è stato risposto di contattarli il giorno prima perché così avrebbero saputo con certezza quale materiale sarebbe stato presente sul treno di riferimento. Così ho fatto, e mi hanno risposto”.

Irene ci mostra la risposta ricevuta, che di certo non presenta elementi di maleducazione, ma balza all’occhio la questione da lei evidenziata: “I treni da Lei indicati sono in materiale cosiddetto ‘Vivalto’ non idoneo alla salita in autonomia. Questo perché essendo domenica mancano tutti i treni della tratta Poggio Rusco-Bologna che sarebbero stati per Lei idonei. Se proprio vuole prendere i treni da Lei indicati dobbiamo fornirle la nostra assistenza. Ci faccia sapere”.

“Mi sembra assurdo che nel 2022 l’autonomia venga tradotta come una pretesa e che si punti sull’assistenzialismo”, chiosa Irene. “In più trovo fuorviante l’espressione ‘se proprio vuole’: fa sentire un peso la persona in questione, ed è una sensazione che chi accede ai servizi non dovrebbe provare. Mi sono sentita di dover rinunciare al treno dirottandomi su altre soluzioni”. E aggiunge: “Occorre investire di più sul binomio accessibilità e autonomia, e in una comunicazione adeguata da parte dei servizi che non faccia sentire in alcun modo le persone con disabilità un peso. Ho posto la questione a coloro che hanno esplicitato la comunicazione, ma non ho ricevuto risposta”.

“Un luogo a misura di persona con disabilità diventa a misura di tutti”

Irene non è a digiuno di esperienze lacunose o negative sul fronte trasporti: “Mi è già capitato più volte che mancasse la possibilità di salire sull’autobus, e quindi che non fosse accessibile nonostante lo avessi prenotato nel rispetto dei tempi. In uno di questi frangenti un autista mi aveva suggerito di chiamare mia madre per farmi venire a prendere, come se fosse una cosa implicita per una persona con disabilità avere un genitore che non lavora ed è disponibile a farsi diversi chilometri di strada di andata e ritorno, o essere accompagnata da qualcuno a piedi. Quel giorno sono riuscita a salire in autobus solo grazie a dei miei amici che mi hanno caricata di peso sul bus”.

Le cose non vanno meglio con i treni: “Alcuni garantiscono autonomia e accessibilità, ma mi è anche capitato di viaggiare su treni con cinture della sicurezza non funzionanti. Non sono mancate occasioni in cui sul treno mi è stato detto: ‘Ma tanto non succede nulla se metti i freni della carrozzina’: una risposta non adeguata. A volte, ad esempio, si fa fatica persino a raggiungere i pulsanti della richiesta di aiuto per comunicare con il capotreno. Non dimentichiamo la questione bagno: per fortuna non ho mai avuto la necessità, ma chi potrebbe portarmici se non sempre riesco prima ad avvisare? Sinceramente mi chiedo se in Italia esista un trasporto per tutti”.

Se qualcuno a livello governativo fosse disponibile, Irene si dichiara aperta al confronto per proporre soluzioni. Intanto la sua istanza suona chiara e forte più che mai: “Credo sia ora di capire che le battaglie per i diritti portate avanti da persone con disabilità o dai caregiver non sono battaglie che riguardano soltanto loro, ma l’intera società. I miglioramenti raggiunti con queste azioni coinvolgono infatti anche bambini, donne incinte, persone anziane, genitori che spingono un passeggino, chiunque conviva con una disabilità magari temporanea a causa di una frattura. Bisogna partire dalla logica che un luogo a misura di persona con disabilità diventa a misura di tutti”.

Leggi gli altri articoli a tema Discriminazioni.

Leggi il mensile 116, “Cavalli di battaglia“, e il reportage “Sua Sanità PNRR“.


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Photo credits: concreteonlus.org

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