Disabilità e RdC, altro che inclusione

L’esperienza di Anna, percettrice di RdC con disabilità, e la ricerca di un’occupazione: una sola chiamata (incompatibile con la sua patologia) in 18 mesi.

Dalla scorsa primavera è iniziato un loop che ha invaso prima le pagine di giornali italiani (provinciali e nazionali), poi i social, e infine numerose discussioni che hanno assunto toni spesso accesi, se non aspri. Parliamo dei vari imprenditori e imprenditrici che lamentano di non trovare personale a causa del Reddito di Cittadinanza, da loro individuato come causa principale di questa difficoltà. Al di là di aver analizzato, in altre occasioni, diverse contraddizioni riguardanti questo rapporto causa-effetto, con SenzaFiltro vogliamo invece fare un’operazione differente e confrontarci con chi vive la situazione dall’altra parte, ossia chi cerca lavoro mentre percepisce il Reddito di Cittadinanza.

Ricontattiamo così Anna (nome di fantasia), che l’anno scorso ci aveva rilasciato un’intervista molto schietta dedicata a disabilità e Reddito di Cittadinanza. Con lei sondiamo nuove sfaccettature relative al tema senza tralasciare le storture che lo riguardano.

Diciotto mesi di RdC e una sola offerta di lavoro (incompatibile)

Anna vive in una provincia della Lombardia e ha una patologia rara di tipo degenerativo che determina dei riflessi importanti sulla muscolatura, la deambulazione e la vista. Nonostante la gravità della malattia percepisce una pensione di invalidità che si aggira sui 300 euro mensili. La sua odissea lavorativa scocca al momento della gravidanza, quando nel luogo di lavoro la lasciano a casa calpestando del tutto i suoi diritti. Nel tempo la ricerca di lavoro diventa essa stessa un lavoro, stancante e demoralizzante: “Mi proponevano mansioni fortemente sottopagate e inconciliabili con la mia patologia”, racconta.

Dalla nostra ultima intervista è trascorso un anno abbondante. Oggi qual è la sua situazione?

Adesso non sto percependo più il Reddito di Cittadinanza”, ci racconta. “Dura 18 mesi e va rifatta la domanda con tutte le pratiche previste. L’assistente sociale mi ha consigliato di farlo se la mia situazione lavorativa non migliora”. Tocchiamo il tasto dolente della questione occupazionale e chiediamo se nel frattempo qualche proposta sia arrivata, considerando che Anna rientra tra i destinatari del collocamento mirato come previsto dalla legge 68/99, in questo caso l’articolo 1, avendo una condizione di disabilità.

In un anno intero purtroppo non ho mai ricevuto proposte di lavoro, né tantomeno chiamate da parte dell’ufficio preposto”, afferma. “L’unica offerta che ho avuto risale all’anno scorso ed era del tutto incompatibile con la mia condizione”. E puntualizza: “Mi era stato proposto un lavoro di magazziniera che prevedeva di trasportare pesi: una mansione per me ingestibile. Non si tratta di disonestà o mancanza di voglia di lavorare, con la mia patologia certe cose non si possono fare. Potrei svolgere attività di ufficio, ma non ho mai ricevuto proposte al riguardo, come se non ci fosse offerta: il Reddito di Cittadinanza è stato un supporto in una fase difficile”.

Una sola proposta di lavoro ricevuta da Anna, tra l’altro inadeguata, poi il silenzio totale; nel frattempo il Reddito di Cittadinanza a fare da salvagente per sopravvivere. Anna, che ha anche un bambino da crescere, intanto continua a cercare lavoro e si rimbocca le maniche vendendo qualche opera artistica che le permette di arrotondare, compatibilmente con il Reddito di Cittadinanza. Alla domanda se per lei fosse stato contemplato lo smart working, adottato come accomodamento ragionevole per diverse situazioni come patologie o disabilità che richiedono terapie e controlli medici, la risposta è: “Nessuno dell’ufficio di collocamento ne ha mai fatto cenno”.

“Col Reddito tiri a malapena a campare: impossibile rifiutare opportunità di lavoro”

Da mesi prosegue la lamentela da parte di imprenditori e imprenditrici che affermano di non trovare persone disposte a lavorare a causa del Reddito di Cittadinanza. Domandiamo ad Anna quale sia la sua riflessione in merito a questa affermazione.

“La mia situazione parla chiaro. Non ho mai ricevuto offerte dall’ufficio di riferimento e l’unica che mi è stata fatta era incompatibile con la mia condizione di malattia degenerativa che colpisce i muscoli, e non sono l’unico caso, purtroppo. Non escludo, come in tutte le situazioni, che ci sia qualcuno di disonesto che cerchi di avere il Reddito di Cittadinanza pur avendo un’entrata, ma di sicuro non possono essere così tanti perché i controlli ci sono da parte di INPS e Agenzia delle entrate, e come dicevo l’ISEE va rinnovato ogni volta.”

C’è inoltre qualcosa che non torna nella dinamica descritta in certe interviste, come ci conferma Anna stessa: “Con la situazione grave che ho io prendevo 600 euro al mese di Reddito di Cittadinanza”, racconta. “A malapena sono riuscita a pagare le bollette e il cibo per me e mio figlio, non potevo permettermi di più, nemmeno gli imprevisti che possono capitare. Se realmente vengono offerti lavori a 1.200 euro, che già con il costo della vita attuale non sono di sicuro adeguati, è impossibile che una persona che sopravvive a malapena con 600 euro, e di certo non fa una bella vita, rifiuti un’opportunità di questo tipo. Con il Reddito di Cittadinanza tiri a malapena a campare: chi spara giudizi non conosce la situazione. Gli imprenditori che invece pagano una miseria forse dimenticano che i lavoratori non sono schiavi e che se certe proposte non vengono accolte è perché sono di fatto insostenibili”.

Con Anna riflettiamo anche sul fatto che ci sono differenze notevoli se un lavoro da 1.200 euro viene offerto a persone che vivono sul territorio o che sono lontane dal luogo di lavoro. Lei stessa ci racconta una situazione emblematica: “Anni fa, quando ancora non esisteva il Reddito di Cittadinanza e il mio bambino era molto piccolo, faticavo a trovare lavoro nella mia provincia e così avevo iniziato a cercarlo anche lontano. Al di là che a malapena ci sarei stata dentro con le spese per i trasporti, mi serviva qualcuno che tenesse il bambino nelle ore in cui ero assente. Avevo così chiesto al Comune in cui risiedo se fosse attiva una convenzione per servizi di baby-sitter dedicati a persone come me, che hanno una situazione di disabilità e di disagio economico ma che sono costrette a spostarsi, e quindi ad assentarsi diverse ore per motivi di lavoro. Mi hanno risposto che questo servizio non era previsto e che se non avevo la possibilità di pagarmi una baby-sitter potevo affidare mio figlio a una casa-famiglia: assurdo! Mi hanno dato la brochure in mano come se fosse una soluzione plausibile: per lavorare dovevo mandare il mio bambino in un’altra famiglia, perché il lavoro non riusciva nemmeno a coprire metà delle spese di baby-sitter o trasporti. Questo fa capire il livello della situazione”.

“Il Reddito di Cittadinanza è un aiuto, ma non una soluzione: deve cambiare”

Chiediamo ad Anna come riesca a gestire questa fase complicata, caratterizzata dal connubio stagione estiva più assenza di supporti che diano ossigeno.

“Ribadisco che il Reddito di Cittadinanza è un aiuto ma non una soluzione; l’assistente sociale mi ha suggerito di richiederlo”, sottolinea. “Nel frattempo sono riuscita a trovare un piccolo lavoro della durata di un mese, a cottimo. Mi era stato proposto di lavorare in nero, ma ho insistito per essere messa in regola e ho ottenuto un contratto. Va detto che spesso ti mettono in condizione di accettare il lavoro in nero perché non hai altra scelta e il contratto non vogliono fartelo, ci sono purtroppo tante situazioni così. Spero di avere più stabilità”.

Abbiamo esplicitato pecche e contraddizioni riguardanti il sistema e l’informazione che ruota attorno al Reddito di Cittadinanza. Focalizzandoci sulla questione occupazionale, domandiamo ad Anna che cosa suggerirebbe per migliorare la situazione di chi sta percependo il reddito e nel frattempo cerca lavoro.

“Il Reddito di Cittadinanza è sicuramente un aiuto, ma se non si modificano certi aspetti non servirà per fasi temporanee, bensì per periodi più lunghi”. Quali sono ad esempio gli aspetti da modificare? “Il primo che mi viene in mente riguarda la frequenza dei colloqui che dovrebbe essere aumentata. Ho avuto un colloquio di tipo conoscitivo quando ho fatto dichiarazione di immediata disponibilità per il Reddito di Cittadinanza, quindi a inizio iter e poi più niente, e questo non va bene. Io aggiungerei altri colloqui per vedere come evolve la situazione. Inoltre la proposta di lavoro dovrebbe essere adeguata alla condizione di chi cerca, altrimenti l’incontro tra domanda e offerta diventa impossibile”.

Anna aggiunge: “Se la dinamica non viene migliorata rischiamo di restare incastrati nella mancanza di occupazione, e poi per forza di cose siamo costretti a richiedere il Reddito di Cittadinanza, ma non per scelta, bensì per necessità: siamo infatti i primi a volere un lavoro per vivere, e non per sopravvivere”.

Chiaro e forte più che mai.

Leggi il mensile 116, “Cavalli di battaglia“, e il reportage “Sua Sanità PNRR“.


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