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Come si drogano i manager per resistere ai ritmi di oggi?
Qualche settimana fa, per il 4° anno consecutivo, abbiamo ospitato all’interno del nostro campus aziendale una gara di Ultramaratona in cui colleghi e atleti, anche di livello internazionale, corrono dal primo mattino a tarda sera con livelli straordinari di resistenza fisica e mentale. Risultati d’eccezione, con il record italiano a oltre 124 km in 12 ore. Che dire? […]
Qualche settimana fa, per il 4° anno consecutivo, abbiamo ospitato all’interno del nostro campus aziendale una gara di Ultramaratona in cui colleghi e atleti, anche di livello internazionale, corrono dal primo mattino a tarda sera con livelli straordinari di resistenza fisica e mentale. Risultati d’eccezione, con il record italiano a oltre 124 km in 12 ore.
Che dire? Disciplina, allenamento, passione, tecnica, buona dieta e ottime scarpe. Non mancava nulla.
E che dire di chi, in 12 ore, supera di slancio le 124 e-mail fra riunioni insidiose, conference-call moleste e forecast trimestrali, passati di moda ma – detto in gergo da artigliere – pur sempre “belli e potenti”?
Il manager, atleta da ufficio
Il nostro manager, sempre alle prese con dubbi amletici, fra regole e valori, persone o metriche, l’altro ieri e posdomani, troppo spesso circondato da stuoli di inutili Rosencrantz e Guildenstern, come sopravvive? Come allena la sua personale resistenza?
Ma poi, citando il dizionario, resistenza è “l’azione di opporsi a qualcuno o qualcosa” oppure la capacità di adattarsi, di cercare e trovare il favore della corrente? In un mondo sempre più elettronico e digitale, conta più la durata delle batterie o la velocità di ricarica? E queste batterie, come le ricarichiamo?
Troppo spesso invece di nutrienti biologici, ottimi e con un ciclo di assimilazione lento ma sano, cerchiamo bombe di zucchero e caffeina (per tacer del resto) che permettono di agire e reagire sempre al massimo. Non c’è tempo.
E che dire del rapporto con la tecnologia, nuovo anabolizzante del supermanager? Mai meno di due o tre dispositivi (oggetti, storicamente detti “telefonini”, che dispongono a piacimento delle nostre vite); attenzione spasmodica a tutto quello che emerge da Google, perfettamente ritagliato sui singoli utenti, in modo che si continui a crescere all’interno di una bolla confortevole e filtrata; i social network, che con 200 like conoscono qualcuno più del suo miglior amico; gli strumenti diabolici di posta, messaggistica e business intelligence (?) che con un click passano la palla altrove e sollevano da riflessione e responsabilità.
D’altra parte, meglio non darsi il tempo di leggere giornali e riviste: ne servirebbe troppo e si rischierebbe di trovare interessi per qualcosa di diverso, una pericolosa attenzione per “l’altro” teorizzato da qualche vecchio filosofo.
Ma è quello che vogliamo?
Mi piace più pensare al nuovo esperimento del no-meetings day, e mi piace trovare tempo per costruire relazioni e sistemi di relazioni. Così come mi piace coltivare l’indipendenza di pensiero che molto spesso cresce nel silenzio e non nella confusione.
Insomma, meglio droghe o rimedi naturali? Il buon senso suggerisce di cercare, trovare e darci il tempo. Certo, costa qualche fatica in più.
Che cosa dice la scienza?
Anni fa uno studio, dalle parti di Berkeley, partito sui gorilla e approdato agli umani, dimostrò che la quantità di serotonina* in circolo nel maschio e nella femmina dominanti corrispondeva a circa il doppio di quella dei loro diretti collaboratori.
Un fine attore comico bolognese, con un sillogismo spregiudicato ma corretto, trasse queste conclusioni:
- il / la manager ha il doppio della serotonina rispetto ai collaboratori;
- la dose massima giornaliera di prozac alza il livello della serotonina sì e no del 30%;
- i manager sono tutti pesantemente drogati.
È solo una simpatica battuta, o merita qualche riflessione su quello che siamo? Anche qui, nella continua ricerca di senso e ruolo nel bel viaggio della vita, ci prendono per mano un grande pensatore, Eduardo, e la saggezza del golfo di Napoli.
Pe’ ffa ‘o rraù, ce vonno otto ore…
‘O rraù ca me piace a me, m’ ‘o ffaceva sulo mammà.
M’ ‘a faje dicere na parola? Chesta è carne c’ ‘a pummarola.
Le droghe, le scorciatoie, come abbiamo visto sopra, non ci mancano. Tutto, quasi perfetto e subito…. È la nostra strada, il nostro viaggio? Io credo di no!
Quando mi siedo a tavola, con la pasta voglio ‘o rraù, non carne e pomodoro. Se così non fosse, mi sentirei ‘nu babbà senza capocchia e senza rum.
* sostanza naturale essenziale; è uno dei più potenti modulatori corporei di umore, appetito, sonno e percezione della sofferenza e ha un potente effetto sul cervello. Fluttuazioni della sua disponibilità possono causare depressione, ansia, frenesia alimentare, insonnia, mal di testa e altri problemi comuni della vita di tutti i giorni.
Photo by Andrew Neel on Unsplash
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