Quello che sta accadendo su Facebook in queste ore, con inserzioni truffa che trovano terreno fertile in un target variegato che una volta agganciato non viene più mollato in alcun modo, rimette però al centro del dibattito (o almeno, si spera) una urgenza reale.
Queste società, questi colossi del tech che macinano fatturato e poi spostano parte dei loro introiti verso le sedi centrali sotto la voce “costi per servizio” (come raccontava in uno straordinario articolo di qualche mese fa Francesco Bertolino sul Corsera) lasciando spiccioli di imposte sul territorio, dovrebbero rispondere di tali condotte. Il concetto di offrire un servizio e lasciare che venga utilizzato allo scopo di perpetrare una truffa (o un reato qualsiasi) guadagnando dei soldi dalle sponsorizzazioni nel processo, crea un imbarazzante corto circuito: la truffa arricchisce anche la stessa piattaforma. Solerte sì a bloccare attraverso algoritmi atti del tutto innocui, ma non altrettanto attenta a non far passare inserzioni che a un occhio umano (e non a un algoritmo – incluso quello di intelligenza artificiale che anima azioni di sicurezza e chatbot di discutibile efficacia) sarebbero subito individuabili in tutta la loro viscida illiceità.
In altre occasioni una simile condotta sarebbe ritenuta equiparabile alla complicità in atto illecito. Per i big del tech tale assioma non vale. Eppure, quella dicitura “sponsorizzato” sotto la pagina violata per l’azione criminale dice tutto.
David Rothkopf, insigne politologo e accademico statunitense, qualche anno fa diceva: “I proprietari di siti di social media dovrebbero essere responsabili delle conseguenze di bugie e disinformazione diffuse sui loro siti, proprio come altri proprietari di media. L’idea che le società di social media non siano società di media (che risale agli anni Novanta) è una parte importante del problema che dobbiamo affrontare oggi”. Che l’Italia possa invertire tale errata convinzione e dettare una nuova linea, finanche essere pioniera su tali argomenti che la vedono sempre fanalino di coda a livello comunitario, è quello che ci auspichiamo. Non tanto per disquisire sui massimi sistemi, ma per evitare che i nostri nonni, a causa di un improbabile arresto di Fabio Fazio, finiscano per prosciugare i loro conti.
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Photo credits: borsainside.com