Lavorare per passione. Ne vale sempre la pena?

La figura dell’imprenditore oggi è sempre più articolata e composita. Nei tempi recenti, grazie all’espandersi di internet, si sono moltiplicate le possibilità di divenire imprenditori, anche imprenditori di se stessi, e si è dovuto ripensare alle strategie di marketing nell’ottica allargata che la rete offre. Si sono rotti gli schemi classici dell’imprenditorialità ma al contempo […]

La figura dell’imprenditore oggi è sempre più articolata e composita. Nei tempi recenti, grazie all’espandersi di internet, si sono moltiplicate le possibilità di divenire imprenditori, anche imprenditori di se stessi, e si è dovuto ripensare alle strategie di marketing nell’ottica allargata che la rete offre. Si sono rotti gli schemi classici dell’imprenditorialità ma al contempo si sono aperte nuove strade per metter su un’impresa.
Chi decide di avviare un business, da parte sua deve sì portare alla massimizzazione del profitto, ma sa anche che questo è fonte di potere, prestigio e notorietà.

Fisionomia del successo

Quali sono i tratti che una accomunano le figure imprenditoriali di successo?
Adriana Lopez, su Forbes, racconta che dopo essere rimasta molto colpita dal suo incontro con Sean Meenan, imprenditore di New York nel settore della ristorazione – filantropo, ambientalista e grande developer dall’aspetto carismatico ma senza pretese – ha tentato di delineare le caratteristiche che accomunano gli imprenditori di successo. Di chi, come lui, è fatto di sostanza e non ha bisogno di rientrare in un’etichetta per atteggiarsi a potente.
“Il percorso verso la buona riuscita comincia dalla passione che vive dentro di sé”, commenta Lopez. “È quella che dà la grinta per riuscire e allo stesso tempo ispirare gli altri per raggiungere gli obiettivi. La passione dà fiducia in se stessi e l’onestà di ricordare sempre da dove si proviene. Fa venire voglia di lavorare più di quanto si abbia mai lavorato prima e di non mollare mai. E, se lo si fa correttamente, è da questa intensa passione che può sfociare il profitto.

Passione da e verso i dipendenti

Gli imprenditori che si dimostrano appassionati hanno sicuramente più probabilità di raccogliere fondi d’investimento e di coinvolgere i dipendenti in maniera originale e alternativa.
Le passioni in generale fanno stare bene, ci aiutano a dare un significato alla nostra vita e a immaginare un futuro di successo. Anche studi scientifici recenti lo dimostrano (come conferma la disamina fatta da M. Chinellato, Passioni e valori nella definizione dell’intento imprenditoriale: Un’analisi empirica nella sua tesi di laurea). La passione, come detto prima, si può trasmettere ai dipendenti, ma anche assumere dipendenti che siano in sintonia con l’impresa è importante. In questo modo si costituisce la base di partenza per la diffusione della passione a tutta l’organizzazione.

Il contagio emotivo aziendale sta proprio nei linguaggi condivisi e nella positività nell’ambiente di lavoro. Buon project management, incoraggiamento, atmosfera collaborativa, riconoscimento individuale e percezione collettiva della sfida sono tutti indicatori di un gruppo che funziona. Lo sono anche il saper sviluppare un senso di comunità, saper fare rete con i clienti e con i collaboratori e non trascurando le aziende competitors.

Talento batte passione?

Paolo Gallo, capo delle risorse umane del World Economic Forum, in una recente intervista su lavoro, talento e passione sostiene che: «Per me il talento conta molto più della passione. Io ho una grande passione per il tennis, ma nessun talento. Mia moglie ha un talento per le lingue, ne parla sei. Ma prima di riconoscere il proprio talento ci ha messo anni. La passione offusca il talento. E il talento offusca la passione». A volte è il talento a portarci altrove, quella capacità che ci fa lavorare con energia e coinvolgimento. «Certo, se stai lavorando col pilota automatico, stai perdendo un’ottima opportunità per crescere. Se pensi che, stando nella posizione in cui sei, il tuo stipendio arriva, ti stai fregando con le tue mani. Le organizzazioni ti organizzano come credono loro. La responsabilità di cambiare il proprio stato di cose appartiene all’individuo».

Nuove strategie per la positività dell’ambiente di lavoro
Antonino Borgese, partner di Great Place to Work® Italia sulla rivista “Formiche” racconta alcune tecniche su Come affrontare la cultura del benessere in azienda – fra cui rientrano anche le discipline orientali (yoga e meditazione) – per la riduzione del livello di stress che «migliorano la qualità dei rapporti interpersonali, portando a un rafforzamento della collaborazione; una maggiore tranquillità delle persone, inoltre, consente un migliore rapporto con il cliente e una maggiore proattività nell’ideazione di nuove soluzioni». Così ha fatto Niccolò Branca, Presidente e AD di Fratelli Branca Distillerie, che ha avviato di recente un programma di Yoga Coaching per i suoi dipendenti e lo ha raccontato nel libro Per fare un manager ci vuole un fiore. Come la meditazione ha cambiato me e l’azienda (Ed. Mondadori).

Troppa passione: pericoli e insidie

La positività di un atteggiamento emozionale e appassionato nasconde al tempo stesso delle insidie. Troppa passione infatti può spingere l’imprenditore a ragionare irrazionalmente, ad avere un comportamento troppo fiducioso e ottimistico che lo può portare a prendere decisioni sbagliate.
Passione, visionarietà e sogno in questo caso possono trasformarsi in nemici e rendere ciechi di fronte all’evidente rischio del fallimento, come emerge dal punto di vista di Noam Wasserman sul Wall Sreet Journal (lui, professore all’Harvard Business School). Ottimismo, fretta di cambiare e avventatezza fanno passare in secondo piano la mancanza di competenze imprenditoriali e di sostegno all’impresa che ci devono essere per forza. “Sottostimare i rischi di quando per esempio si pensa di lanciare una start-up travolti dall’ebrezza dell’idea è uno degli errori più frequenti”, sostiene Wasserman.

Il professore ha raccolto le osservazioni di cento laureati della Harvard Business School lungo dieci anni della loro esperienza imprenditoriale; da queste interviste sono emerse in particolare la mancanza di capacità di vendita, di competenze tecnico/scientifiche e di gestione, pochi contatti con gli investitori e con i potenziali clienti. Non da meno rientra in queste considerazioni la componente familiare, spesso infatti hanno dato troppo per scontato il sostegno dei propri cari o del proprio coniuge all’impresa.

Il futuro imprenditore non può fare a meno di chiedersi:
– ho competenze in un determinato settore?
– sarò in grado di resistere un anno senza uno stipendio?
– ho i contatti di cui avrò bisogno per attirare clienti?
Dopodiché procedere ad affrontare tali mancanze attraverso proattività, pianificazione, formazione e networking.
Come ha detto Steve Jobs: «Segui il tuo cuore ma porta con te il cervello».
Non dimentichiamo poi che non tutti coloro che hanno una forte passione per qualcosa sono destinati ad avviare un’impresa, a volte la propria strada si può trovare all’interno di un contesto lavorativo già avviato che comunque asseconda le proprie inclinazioni.

La passione per il lavoro vista dalle donne

In un mondo di discriminazioni di genere, differenze contrattuali e salariali, è un desiderio condiviso e condivisibile per una donna quello di scegliere di fare impresa, ed è frequente che si decida di farlo in un campo che appassioni. Anita Roddick, da appassionata di attivismo ambientale e sociale, è stata la prima a vietare l’uso di prodotti testati su animali nella sua compagnia, The Body Shop.

Un recente esempio positivo del connubio fra passione e impresa femminile è quello della campagna di maggior successo per un libro nella storia di Kickstarter, ideata da Elena Favilli e Francesca Cavallo, per il libro Good Night Stories for Rebel Girls, per il quale hanno raccolto oltre mezzo milione di dollari. In questo caso hanno saputo trarre profitto dalla loro passione ma basandosi sulla esperienza che avevano nel settore della narrativa dell’infanzia e individuando un campo attualmente di forte interesse come quello della letteratura per bambine priva di stereotipi. Infine hanno trovato chi desse loro fiducia e sono state pronte a partite al seguito del progetto, che ora è una realtà editoriale ben avviata che si muove anche nel campo dell’innovazione digitale.

Ovviamente c’è anche in questo caso un altro risvolto della medaglia. Capita spesso, infatti, che la motivazione delle donne nell’avviare un’attività imprenditoriale nasca da uno scontento nei confronti del proprio lavoro attuale e intravedono così nell’imprenditorialità un modo per bilanciare meglio il lavoro con la famiglia. Capita molto spesso inoltre che si tratti di personal business (blogger, community manager, influencer). È bene sottolineare che non è una scelta e un percorso per tutti, per essere imprenditori di se stessi ci vogliono come minimo una grande determinazione e spiccate doti comunicative e relazionali il tutto accompagnato da gran rigore, soprattutto se all’inizio è necessario lavorare da casa.

L’obiettivo auspicabile è quello che finalmente si passi oltre la distinzione di genere e che diventi sempre più normale vedere donne ricoprire ruoli importanti come Fabiola Gianotti, direttore italiano del Cern (la scienziata italiana inserita fra le cento signore più potenti del mondo per “Forbes”) che ha molto da raccontare riguardo a impegno e passione. Intervistata su La Repubblica dopo la sua nomina, ha dichiarato: «Il Cern è un luogo che celebra la diversità. Vi lavorano undicimila scienziati di cento nazionalità differenti, studenti che operano gomito a gomito con premi Nobel. Il genere, l’etnia, l’età e il passaporto contano poco. Sono qui perché sono un buon fisico, non perché sono donna».

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