Ma quale concordato preventivo: il 55% degli autonomi evade le tasse

Secondo una pagella stilata dal fisco, più della metà degli autonomi è “inaffidabile” riguardo le sue dichiarazioni, ed evade circa il 70% dei suoi guadagni: è questa la platea a cui il Governo pensa di rivolgere una riforma fiscale che è stata definita “fuga dalle tasse”

20.01.2024
Concordato preventivo, un lavoratore passa davanti all'insegna dell'Agenzia delle Entrate

Il tema è il cosiddetto concordato preventivo, che in questi giorni è in discussione nelle commissioni parlamentari. Serve entrare nei meandri più oscuri della giungla fiscale italiana e del suo criptico linguaggio per capire cosa si nasconde dietro quelle due paroline che tanto piacciono alla Lega di Matteo Salvini e al viceministro dell’Economia (meloniano DOC) Maurizio Leo, regista della cosiddetta riforma fiscale. Con una certa facilità abbiamo scoperto che dietro quelle due parole c’è un tentativo neppure tanto mascherato di legalizzare l’evasione del 55,4% delle partite IVA, quegli stessi lavoratori autonomi che il fisco in una pagella messa a punto dal Governo definisce “inaffidabili”.

Un modo piuttosto spudorato di consolidare una delle tante anomalie del nostro sistema: quelli che pagano più tasse sono i lavoratori dipendenti e i pensionati, che non hanno alcuna possibilità di concordare alcunché. Nei confronti dei lavoratori autonomi (consistente base elettorale del centrodestra) l’obiettivo è lisciare il pelo o, per usare le parole sdolcinate della riforma siglata da Maurizio Leo, è “stimolare sempre di più la gente a adeguarsi e a essere confidenti con il fisco”.

Ora si capisce perché in una trasmissione televisiva Maurizio Landini, segretario della CGIL ha sparato cannonate: “Non può essere che quelli che pagano di più le tasse sono i lavoratori e i pensionati. L’ultimo provvedimento che il Governo ha fatto, cosa che mi ha fatto girare le scatole, lo chiamano il concordato preventivo. Io lavoratore dipendente e pensionato ogni mese pago le tasse su quello che guadagno”, mentre “ci sono settori del lavoro autonomo che hanno una propensione all’evasione al 70% che non pagheranno più ogni anno per quello che prendono. Possono concordare quello che prenderanno nei prossimi due anni; se poi prendono di più non pagano le tasse”.

Un’opera d’arte del governo Meloni che lo stesso Sole 24 Ore stigmatizza come “fuga dalle tasse”.

Concordato preventivo, se gli autonomi sono più inaffidabili che mai

Ma proviamo a addentrarci nella tecnicalità del provvedimento.

Il concordato preventivo, ispirato dalla Lega e da Forza Italia e accolto da Fratelli d’Italia, è nato con una modalità strana. L’obiettivo è trovare un accordo con la regia del Governo tra fisco e autonomi sul reddito da dichiarare, e dunque sulle tasse da pagare.

La cosa curiosa è che il fisco ha messo a punto una pagella in base alle dichiarazioni fatte l’anno precedente, distinguendo tra dichiarazioni attendibili e inattendibili. Chi ha preso un voto dall’8 in su viene considerato “affidabile”, chi ottiene un voto sotto la soglia dell’8 viene considerato “inaffidabile”. Una pagella che serve a poco perché alla fine parteciperanno tutti, al concordato preventivo, ma se si guardano le cifre si capisce perché è in quell’area che va ricercata e colpita l’evasione; altro che lisciare il pelo.

Secondo i dati ufficiali del dipartimento finanza, su 2,42 milioni di autonomi censiti per formulare le pagelle, 1,34 milioni sono sotto la soglia degli affidabili. E, cosa che ha dell’incredibile, non di poco. Il reddito dichiarato da questi signori è di 23.530 euro l’anno; circa il 70% in meno di quelli, dello stesso settore, che la pagella ha definito affidabili.

La cosa assurda è che il Governo, invece di colpire gli inaffidabili attraverso controlli e sanzioni, gli propone un concordato. Gli scostamenti tra affidabili e inaffidabili sono impressionanti: nelle società immobiliari toccano il -78,9%; nella ristorazione il -91%; nei bar e pasticcerie il -80,6%; nei negozi di abbigliamento -87,3%.

Dati eloquenti che confermano che l’evasione fiscale in Italia arriva dal lavoro in nero e dal lavoro autonomo. Il ministero dell’Economia quantifica l’evasione con due cifre: 68,8 euro su 100 riescono a sfuggire al fisco. Un risultato che ancora una volta penalizza il lavoro dipendente, che non ha nessuna possibilità di concordare perché i suoi redditi sono trasparenti.

 

 

 

Photo credits: Marco Carli

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