La casa da diritto a profitto: siamo prigionieri del mattone?

SenzaFiltro ha seguito un dibattito sulla questione abitativa nella presentazione del libro “Prigionieri del Mattone. Rendita vs diritto all’abitare”, con interventi di diversi esperti tra cui l’ex presidente INPS Pasquale Tridico: “Ho toccato con mano l’impotenza dell’Istituto, che ha dismesso il suo patrimonio”

11.11.2023
Prigionieri del mattone: una schiera di condomini occupa la visuale

Nel nostro Paese ci sono milioni di persone prigioniere del mattone. Questa la tesi al centro del libro Prigionieri del Mattone. Rendita vs diritto all’abitare, scritto da Associazione Inquilini e Abitanti (ASIA – USB) e pubblicato nel 2023 da L’armadillo editore.

“La questione dell’abitazione è diventata una contraddizione drammatica nel nostro Paese e in tutto il mondo”, ha dichiarato Guido Lutrario, esponente dell’esecutivo confederale USB, durante l’incontro di venerdì 27 ottobre per la presentazione del libro presso l’Università La Sapienza di Roma.

La questione abitativa: come la casa è diventata un bene di mercato

“La casa è stata per tanto tempo un valore d’uso”, prosegue Lutrario, “poiché l’alloggio era considerato un’esigenza primaria della popolazione da soddisfare. Oggi, invece, è diventata un mero bene finalizzato alla valorizzazione del capitale”.

Per Pasquale Tridico, docente di Economia all’Università di Roma Tre e già presidente INPS, “Il problema della finanziarizzazione della casa si inserisce all’interno della finanziarizzazione dell’economia in generale. Siccome la casa è uno dei beni principali della vita delle persone – spiega – la sua mercificazione apre spazi molto importanti al profitto, allo scambio e quindi all’incremento dei prezzi”.

Nel libro viene spiegato come questo passaggio sia stato favorito da tutta una serie di normative, incentivi e processi macro e microeconomici: “Non è un fatto avvenuto in modo naturale – spiega Lutrario – ma è stato prodotto e promosso da tutta una serie di scelte politiche precise”.

Il passaggio della casa da valore d’uso a bene di mercato produce inoltre una serie di conseguenze: “Innanzitutto si favorisce un impiego redditizio per capitale, la casa diventa cioè una grande occasione di profitto; aumentano le disuguaglianze economiche, allargando la platea di tutte quelle persone che non possono accedere a un alloggio dignitoso; si incentiva il consumo di suolo; si produce una gentrificazione dei centri storici, mentre si forma un’ampia fetta di piccoli proprietari, che costituisce un elemento di forte divaricazione sociale”.

Per Lutrario, di fronte all’aumento del costo degli affitti e alla lievitazione dei prezzi delle case, “l’acquisto della casa attraverso il sistema del mutuo diventa la formula più conveniente, quasi una strada obbligata per milioni di cittadini, favorendo così il processo di patrimonializzazione del Paese”.

Una situazione difficile, che è stata peggiorata dall’arrivo di altri fenomeni, come il capitalismo delle piattaforme, che ha individuato nel mercato degli affitti brevi un’altra possibilità di profitto, causando anche una trasformazione profonda del tessuto urbano. Non a caso, come spiega Lutrario, oggi si assiste a una concentrazione di capitali proprio in questo settore: “Il 30% del credito delle banche viene gestito nel settore immobiliare”.

USB propone un piano di ritorno alla gestione pubblica di una grande percentuale del patrimonio abitativo nazionale, che negli anni si è andata sempre più erodendo. Secondo le ultime rilevazioni di FederCasa, infatti, le case popolari in Italia sono circa 750.000 e gli inquilini circa due milioni. Si tratta di meno del 3% del totale del patrimonio edilizio del Paese.

La rendita speculativa è “un ostacolo alla crescita sociale ed economica del Paese”

“La questione della rendita è diventata uno degli ostacoli principali alla crescita sociale ed economica del Paese. Chi deve pagare un affitto paga più tasse di chi vive di rendita”, dice Sergio Cararo, direttore responsabile della testata online Contropiano, che ha curato la prefazione del libro Prigionieri del mattone.

Non solo: per Cararo “la rendita è diventata anche un ostacolo alla mobilità sociale e territoriale, perché sottrae troppo reddito alle famiglie e al lavoro. Ci sono casi di dipendenti pubblici che rinunciano all’incarico al Nord perché il rapporto che c’è tra stipendio e affitto è spropositato”. Secondo Cararo oggi l’unica soluzione efficace è rappresentata dall’intervento pubblico sul mercato, con l’immissione di “alloggi pubblici a prezzi calmierati”.

“La domanda della casa negli ultimi anni è cresciuta moltissimo in Italia per via dei grandi processi di urbanizzazione in atto”, spiega Tridico. “Nel nostro Paese, negli anni del boom economico, la casa è stata al centro dell’agenda politica. ‘Tutti proletari o tutti proprietari’, diceva ad esempio la Democrazia Cristiana. Purtroppo – continua – ho toccato con mano l’impotenza dell’istituto dell’INPS, che, come qualsiasi altro grande istituto statale, non ha poteri per fare politiche e residenze abitative, e anzi ha dismesso il suo patrimonio, contribuendo a quella finanziarizzazione dell’economia attraverso la casa, come le cartolarizzazioni che sono avvenute negli ultimi vent’anni. La casa è ormai scomparsa dal dibattito politico attuale: il paradigma dominante la vuole all’interno del sistema economico mercificato”.

Italia 2023, Tridico: “Una ‘società baronale’ senza una politica dei redditi”

In questi ultimi anni l’elasticità molto forte del bene della casa, che risponde a un aumento incredibile dei prezzi rispetto alla domanda, è prevalso: “Il prezzo della casa è cresciuto del 70-80% in circa un decennio, mentre le classi con reddito fisso non hanno visto nessun tipo di aumento salariale dal 1990, ma anzi una riduzione salari reali”.

Per Tridico, quando si parla di politica dei redditi, non si può fare riferimento solo ai bonus o alla riduzione dell’IRPEF del 2%, che cambia di 20 euro al mese la vita dei lavoratori, ma si deve intendere una politica che sostenga la casa, la mobilità, il trasporto, la sanità: “Sono questi i beni pubblici importanti, che pesano tanto nel bilancio della famiglia e che devono essere sostenuti da una politica dei redditi efficace”.

Questo modello ha contribuito a creare quello che l’economista francese Piketty ha definito “società baronale” nell’Ottocento: “Nella Francia di quel secolo – spiega Tridico – il proprietario terriero era il grande capitalista, possessore di rendita vitalizia, che gli permetteva di vivere benissimo. La rendita era infatti il fattore ‘improduttivo’ più importante della società dell’epoca. L’immobile di oggi è paragonabile a questo tipo di rendita, perché chi è ricco non lavora, mentre continuiamo a tassare e ad avere un regime fiscale basato sul reddito da lavoro”.

Nella società odierna le più grandi aziende ad alta redditività e fatturato, come le big tech, sono quelle che hanno meno lavoratori rispetto al fatturato che producono. “Anche in Italia – continua Tridico – ci sono queste grandi aziende che vanno alla ricerca del Paese più conveniente dove mettere la residenza per pagare meno tasse. FCA, ad esempio, ha la residenza fiscale in Olanda”.

Per Tridico dovremmo porci il problema di come tassare a livello europeo i capitali: “Ho notato che dal 1991 le tasse sulle società di capitali sono diminuite del 45% (prima erano circa il 55%) e per loro esiste la flat tax, di media, al 24%. Non avere presente che oggi in Europa il capitale è così sfuggente alla tassazione e andare a tartassare chi guadagna poco contribuisce a creare iniquità”.

In trent’anni i lavoratori hanno perso una quota di dieci punti percentuali rispetto al PIL. Vuol dire che circa 150 miliardi di euro sono passati dal lavoro a qualcos’altro: “Prevalentemente alle rendite finanziarie e improduttive”, sostiene Tridico. “Non ha più senso far poggiare il peso del nostro welfare e della spesa pubblica su un regime fiscale fermo al secolo scorso. Quest’ultimo e i fattori produttivi che sono alla base andrebbero radicalmente cambiati, e invertiti i pesi tra lavoro e capitale”.

Il problema abitativo è anche un problema economico. E ambientale

“Oggi il 13% del PIL deriva dalla rendita immobiliare”, afferma Luciano Vasapollo, docente di Economia all’Università La Sapienza di Roma e membro del CESTES (Centro Studi Trasformazioni Economico Sociali).

“I dati Istat ed Eurostat – continua – ci dicono che in Italia la maggior parte dei residenti svolge attività imprenditoriale, grazie alle entrate garantite dalla rendita di un immobile di proprietà o dal suo affitto. Un esempio su tutti: dal 2008 al 2019 il reddito da affitti in Lombardia è cresciuto del 28%. Il nostro Paese, inoltre, ha favorito da sempre la detassazione sulla casa a discapito del lavoro, allargando le disuguaglianze tra chi possiede una casa e chi no. A rimetterci è quindi chi ha redditi più bassi e deve pagare un affitto”.

La questione abitativa diventa quindi anche una questione economica: “Come mostra il rapporto 2022 della Caritas sulla povertà ed esclusione sociale in Italia, il 78,5% degli intervistati manifesta una grande fragilità economica. Tra le cause, al primo posto si trova il reddito insufficiente da lavoro, mentre il secondo posto (per il 23,1% degli italiani) è occupato dal problema abitativo, sia per chi ha una proprietà sia per chi è costretto a pagare un affitto”.

Secondo Vasapollo “siamo passati dal welfare universalistico a quello escludente. In Italia, a differenza di altri Paesi, l’intervento pubblico non passa attraverso l’investimento, bensì per il disinvestimento nell’offerta di alloggi pubblici a canone sociale. Basti pensare che nel PNRR non si fa menzione di un piano per le case popolari, mentre nella legge di bilancio del 2023 non è stato previsto il rifinanziamento del fondo per il sostegno all’affitto né è stato riconosciuto un fondo alle famiglie più bisognose per il pagamento dei canoni, o un fondo per la morosità incolpevole”.

C’è poi il problema ambientale: “Roma è la città italiana dove c’è stato il maggior consumo di suolo rispetto tra il 2022 e il 2023”, spiega Paolo Di Vetta, attivista del Movimento per il diritto all’abitare Roma. “La Capitale continua a consumare suolo per far spazio a nuove cementificazioni, anche se non c’è bisogno. ISPRA ci dice che cementifichiamo 2,4 metri quadrati al secondo, causando un aumento del rischio idrogeologico, diminuzione delle aree agricole, impermeabilizzazione del terreno e danni pari a 9 miliardi di euro. Poi si meravigliano pure se avvengono disastri quando ci sono le alluvioni”.

 

 

 

Photo credits: unsplash.com

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