Seth Godin è nato in Puglia?

In un bellissimo film di Massimo Troisi, Ricomincio da tre, il protagonista ripete come una litania che non è un emigrato. È un napoletano al nord, ma è uno che “aveva voglia di viaggiare, di guardare altri posti, conoscere”. Nella nostra cultura – letteraria, teatrale, cinematografica – ci sono sempre state alcune strade più battute […]

In un bellissimo film di Massimo Troisi, Ricomincio da tre, il protagonista ripete come una litania che non è un emigrato. È un napoletano al nord, ma è uno che “aveva voglia di viaggiare, di guardare altri posti, conoscere”.

Nella nostra cultura – letteraria, teatrale, cinematografica – ci sono sempre state alcune strade più battute di altre. Quella che portava i napoletani verso Milano: il riferimento è presente già in O mia bela Madunina, nel verso canten tucc “lontan de Napoli se moeur” ma po’ i vegnen chi a Milan; o quella ancora più impervia che ha visto diversi pugliesi trasferirsi a Torino, soprattutto grazie alla Fiat. In molti suoi film, Lino Banfi, ancora lontano dall’Unesco, ha rappresentato quel prototipo di emigrato: mai del tutto integrato nel tessuto sociale, rumoroso e superstizioso, fiero del proprio accento (che per la cronaca non è quello di Banfi: non si dice Beri, neanche per scherzo, ma Baàr). Non tutti sanno che già dagli anni Settanta la Juventus, squadra di proprietà della Fiat, cercava di portare a Torino almeno un giocatore pugliese: per intenderci, uno alla Franco Causio o Antonio Conte, entrambi leccesi, figure nelle quali i lavoratori della Fiat venuti dal tacco d’Italia potevano ritrovare parte della loro biografia. Panem et circensem, in salsa (agrodolce) piemontese.

 

Seth Godin, il manager pugliese e l’umanità nelle aziende

Nel frattempo, mentre in tanti sono rimasti a questi stereotipi, è accaduto altro. Diminuito drasticamente l’esodo della manodopera, anche perché le fabbriche non assumono più come un tempo, è aumentata di molto la percentuale dei colletti bianchi provenienti dal Sud, e dalla Puglia.

Giuseppe Catalano, oggi Head of Corporate Affairs per Assicurazioni Generali, mi ha citato una singolare simmetria tra baresi – più che pugliesi – e milanesi che affonda le radici nel passato, dal clan di Celentano (i cui membri erano quasi tutti della provincia di Bari) in poi. “Gli aerei del lunedì mattina che vanno a Milano sono pieni di manager pugliesi: non a caso ce ne sono ben quattro tra le 6 e le 9 e mezza. Poi vi è da distinguere tra coloro che mantengono le radici nel meridione e fanno commuting ogni fine settimana, coloro che conservano un legame col meridione e ci tornano per estate e feste comandate, e coloro che del Sud non vogliono sapere più nulla. Credo sia qui la chiave”.

Già, la chiave. Il famoso libro di Seth Godin di cui si parla molto in questi giorni, Questo è il marketing (ROI edizioni) racconta alcune verità sacrosante, ma non così innovative per chi è nato o cresciuto in Puglia: “Questa splendida arte del business – dice a un certo punto del libro Seth Godin – non deve trasformarsi, quindi, in uno sfruttamento reiterato dei consumatori e degli utenti al fine di risolvere i problemi di un’azienda, ma deve riuscire in prima istanza a risolvere realmente le necessità dei clienti. L’ascolto, quello vero e profondo, assume così un ruolo fondamentale in ogni operazione”. In fondo, dice ancora il guru del marketing, “siamo pur sempre esseri umani”.

È molto bello che Seth Godin sia tornato a parlare di “emozioni reali, vivide, concrete e genuine”, ed è altrettanto bello che siano tanti, manager e non, a condividere la sua visione sul web, almeno in senso etimologico. Dopo aver fatto la conoscenza di alcune aziende americane, ho capito perfettamente di cosa parla – e del perché il suo libro ha spopolato negli States e inizia a farlo anche in Italia. Perché effettivamente quella umanità di cui lui parla non si vede così tanto in giro, soprattutto nelle aziende, che hanno subito un’americanizzazione eccessiva non solo nel linguaggio – Dio ce ne scampi e liberi – ma anche nella gestione delle risorse umane.

Ora che qualcuno più autorevole di noi dice che “bisogna costruire fiducia e consenso. Adottare le narrazioni in uso tra i propri clienti. Trovare il coraggio di creare e alleviare la tensione”, ecco che il ritratto del manager pugliese diventa improvvisamente di moda. D’altronde fu proprio Marcello Mancini, che Godin l’ha pubblicato, a dire di un suo collaboratore pugliese: “Ha la laboriosità tipica del centro Italia dove vive, l’ambizione di quelli del Nord e il cuore della gente del Sud”. Mirko Cafaro, già in Hera, oggi in Italgas, mi ha fornito un’altra lettura molto interessante: “Dal mio osservatorio posso dirti che la pugliesità, e più in generale la meridionalità, costituiscono un tratto distintivo soprattutto nel pensiero dinamico e flessibile, più pronto a trovare una soluzione rapida ed efficace rispetto a situazioni apparentemente inestricabili. Il pugliese imbruttito diventa una macchina da guerra perché assume i ritmi lavorativi nordeuropei, ma conserva dentro di sé quello spirito di sopravvivenza che ti porta a vedere portoni dove gli altri non intravedono neanche spioncini”.

 

Fenomenologia del pugliese imbruttito

La figura del pugliese imbruttito, in onore alla famosa pagine Facebook Il milanese imbruttito, è davvero un fenomeno da analizzare. Ancora una volta non si tratta di una macchietta, tutt’altro. Nulla a che vedere con il personaggio del pugliese che per farsi apprezzare inizia a parlare uno slang da riunione aziendale; piuttosto un lavoratore ambizioso che conserva un atavico spirito di adattamento. Noi pugliesi d’altronde abbiamo sempre convissuto con l’idea che il lavoro non fosse sicuro – a differenza, ad esempio, dei marchigiani, nella cui regione le aziende storiche sembravano immortali e inattaccabili e le persone non sono state abituate a pensare a un’alternativa – e che le cose potessero cambiare da un giorno all’altro. Siamo insofferenti per natura alle riunioni e ai power point.

Alessandro Napolitano, Online experience manager per Electrolux Emea, a Stoccolma, riassume il pensiero con due parole: “Senso pratico. Noi portiamo concretezza. Ho lavorato a Milano, Bologna, Amsterdam, e più vai a nord, più paradossalmente questo senso pratico si perde. È il contrario di quello che si pensa. A volte dietro la parola strutturatezza manca proprio la capacità di prendere una decisione”.

Un altro manager che preferisce restare anonimo per motivi di privacy mi ha raccontato la sua esperienza: “Studiare e lavorare a Milano sono state per me scelte necessitate e molto sofferte. Sapevo che per avere un futuro migliore – almeno per le mie ambizioni – avrei dovuto allontanarmi da Bari. Ho potuto completare gli studi in Economia e Finanza alla Bocconi grazie a delle borse di studio e al supporto di tutta la mia famiglia, che ancora oggi dopo vent’anni è molto difficile avere lontana. Ogni piccolo successo, spesso raggiunto in solitudine, è stato frutto di impegno e abnegazione. Per questo oggi quando devo valutare un collaboratore ritengo che la tenacia, l’impegno e la voglia di arrivare siano fondamentali. Allo stesso modo, non avere avuto tutto e subito mi permette oggi di essere attento alle difficoltà delle persone con cui lavoro. Inoltre, il fatto di non essere mai stato penalizzato al lavoro per la mia provenienza mi ha portato naturalmente a essere aperto e disponibile nei confronti di chi ha lavorato con me negli anni, valutando solo il merito”.

“Anche per questo ho reputato essenziale alzare le quote rosa in ufficio”, prosegue il manager: “Ci sono donne straordinariamente preparate tecnicamente, che non si lasciano spaventare da mansioni impegnative e che riescono a conciliare famiglia e lavoro non smettendo mai di essere una risorsa preziosa per la nostra società. Trovo molto grave la situazione attuale dell’occupazione femminile in Puglia, e in quanto pugliese sento la responsabilità di fare qualcosa, seppure a distanza. Infine, non so se sia legato al mio essere pugliese, ma ho sempre pensato che la convivialità aiuti a conoscersi meglio e a creare un clima di lavoro collaborativo e disteso: per questo, per esempio, ho costretto a pranzare insieme, tutti i giorni per due settimane, due dei ragazzi del mio team che litigavano un po’ troppo spesso”.

 

Il successo dei manager del Sud: Seth Godin barese ad honorem

Il pugliese è nostalgico ma non melodrammatico, ha spirito di adattamento e filantropia. Michele Mario Elia, Country Manager Italia TAP AG, è partito nel 1975 da Castellana come ingegnere di Ferrovie e ha saputo scalare tutti i gradi: “La mia storia – racconta – come quella di tanti altri conterranei nasce dalla necessità di molti giovani di allora di spostarsi dal Sud al Nord. Questa necessità ha alimentato in passato e alimenta tuttora una determinazione non comune, la determinazione di dimostrare a sé stessi e agli altri il proprio valore. È questa determinazione a consentire il raggiungimento di obiettivi personali che vanno a tutto vantaggio degli obiettivi delle aziende in cui si lavora. Quest’atteggiamento propositivo, questo comportamento assolutamente positivo, viene apprezzato e percepito dalle aziende non solo in termini lavorativi ma anche in termini di valore umano e personale. Così giovani lavoratori, magari diventati manager nel tempo, trasferiscono la ricchezza umana del Sud nel lavoro e nelle realtà aziendali a cui appartengono e sentono di appartenere. In determinati casi l’esempio di tali manager convince le aziende non solo a investire sempre di più sui giovani del Sud, ma a spostarsi direttamente al Sud . Perfino gli stessi manager del Sud, dopo queste esperienze, tornano a investire personalmente sulla propria terra. Questi comportamenti positivi, ottimi risultati e valide opportunità vengono rapidamente percepiti dai vari settori industriali e consentono un sempre maggiore coinvolgimento di manager del Sud in Italia e in Europa”.

Dimenticate quindi l’emigrante di Troisi e la macchietta di Lino Banfi, che può essere salvata solo da un 13 al totocalcio, o il primo Abatantuono, doppiofedista per nascondere le sue origini terrone. Provate a prendere l’aereo delle 6 da Bari a Milano il lunedì mattina. Scoprirete che Seth Godin, forse, è nato a Bari.

 

Photo by: https://www.creativelive.com

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