Con SbrisolAut l’autismo fa impresa

Non una ONLUS, ma un’impresa profit: è il progetto di Alberto Ballestrazzi e Laura Delfino per dare lavoro a ragazzi autistici

I ragazzi di Sbrisolaut al lavoro

I ragazzi autistici sono considerati un problema sociale. Per molti anni ci siamo sempre e solo chiesti: dove li mettiamo?

Sappiamo che l’autismo è uno spettro, ci sono ragazzi con differenti capacità cognitive e sappiamo che il cosiddetto alto funzionamento non limita la capacità lavorativa. Anzi: come mi ha spiegato spesso Alberto Balestrazzi di Auticon, alcune persone con autismo sono più brave di altre a compiere certe mansioni per la loro capacità di vedere subito particolari che a noi sfuggono. Ma la vera scoperta che il mondo deve ancora fare è che anche con persone autistiche con disabilità cognitiva si può lavorare bene. E non si tratta, passatemi il termine, di dare al “povero ragazzo autistico” qualcosa da fare per fargli passere il tempo, ma di impiegarlo in un’impresa dove è una risorsa e non un peso.

La sfida di Balestrazzi oggi è diversa e nasce dall’incontro con Laura Delfino, psicologa specializzata in autismo. Laura ha molta esperienza con le persone autistiche con disabilità cognitiva, e da quando ha iniziato la sua carriera come operatrice in una residenza per disabili che gestiva una fattoria ha capito subito che, in un ambiente a loro favorevole, possono produrre e diventare una risorsa per la comunità, senza rappresentare un impegno e una spesa.

Ma, diciamocelo onestamente, sembra averlo capito solo lei. Lei e Alberto Balestrazzi. Perché nella maggior parte dei casi, al termine della scuola dell’obbligo, i servizi sociali non sanno letteralmente dove piazzare i ragazzi autistici, e anzi si domandano quale sarà l’impegno di spesa per ogni Comune per collocarli in qualche modo.

Per non parlare del collocamento mirato presso le aziende: di esperienze fallimentari ce ne sono state diverse. “Ad esempio – spiega Balestrazzi – una nota catena di supermercati ha attivato qualche tempo fa un progetto di tirocini cercando di inserire persone autistiche in vari centri commerciali, ma ad oggi di quelle tantissime persone non è rimasto nessuno a lavorare. Sono un po’ stanco di queste aziende che fanno finta di essere inclusive e poi propongono condizioni imbarazzanti, lavori inadatti e pagano le persone 300 euro al mese con la scusa che sono disabili”.

L’esperienza di SbrisolAut, l’impresa mantovana che impiega ragazzi con autismo

Qualcosa di diverso si può fare, ed è proprio dall’incontro con la psicologa Laura Delfino che è nato il progetto di SbrisolAut.

Laura stava vivendo un momento di crisi professionale: “Ho assistito tanti ragazzi che, una volta trovato lavoro, venivano rimandati indietro con una motivazione imbarazzante del tipo: questo ragazzo ha troppi problemi relazionali per lavorare. È assurdo perché è come assumere una persona in carrozzina per poi dire che ha troppi problemi motori per lavorare. Così ho capito che non si può concentrare l’investimento solo sui ragazzi, altrimenti il percorso è a senso unico e le aziende li rimandano indietro perché non riescono a gestire la situazione. Bisogna lavorare sul mondo esterno e preparare il contesto ad accogliere persone che hanno un funzionamento diverso da quello tipico. Anche perché è inutile farli studiare e fargli acquisire delle competenze se poi l’unica domanda, finita la scuola, è: e ora dove li mettiamo?”.

Esattamente un anno fa, proprio il 2 aprile, Laura e Alberto hanno lanciato la scommessa. In occasione della giornata mondiale della consapevolezza sull’autismo hanno fatto fare ai ragazzi delle sbrisolone che sono andate a ruba, ma nessuna pasticceria e nessun forno della zona di Mantova si è fatto avanti per offrirgli un lavoro.

Così Laura si è messa in gioco in prima persona creando SbrisolAut, di cui oggi è amministratore delegato. L’impresa è nata ufficialmente l’ottobre scorso con l’appoggio del laboratorio di pasticceria della casa circondariale di MantovaSapori di libertà”. Tre ex detenuti del carcere di Mantova oggi lavorano in questo forno e sono i tutor dei ragazzi con autismo, che sono partiti in quattro e oggi sono già sei. I detenuti non si sono più sentiti gli ultimi, hanno avuto l’occasione di aiutare e si sono sentiti responsabilizzati. Un accostamento così non si era mai visto. Il sociale che aiuta il sociale.

Un’impresa vera e propria, con impatto sociale (e un job coach dedicato)

Questa però non è inclusione. Laura ha creato un’opportunità; la vera inclusione si verificherà quando le pasticcerie e i forni della città accoglieranno i ragazzi con autismo.

“Noi dobbiamo garantirgli il diritto al lavoro senza dimenticare il supporto di cui necessitano”, spiega Laura Delfino. “Abbiamo scelto un prodotto di pasticceria secca perché era un lavoro semplice e ripetitivo, che non ha una scadenza immediata e quindi può essere venduto con tempi consoni alle caratteristiche di produzione. E abbiamo scelto un prodotto tipico della nostra città, Mantova”.

Ma Mantova non deve essere l’unica, e la sbrisolona non sarà l’unico prodotto. Laura e Alberto puntano a un modello replicabile in tutta Italia: un accoppiamento tra la bellezza di ogni città e i suoi sapori tipici in modo che le persone con autismo possano lavorare in un forno della loro zona producendo qualcosa che amano.

Non un’associazione, non una ONLUS, ma un’impresa profit. E proprio da oggi SbrisolAut rifornisce ufficialmente la Coop Alleanza 3-0 di Mantova. La Coop, non il mercatino di beneficenza del paese. Questo a dimostrazione che la produzione non solo è buona, ma può essere costante e continuativa.

“Certo”, spiega Laura, “il costo della nostra sbrisolona ad oggi è un po’ più alto delle altre perché dobbiamo sostenere da soli la spesa del job coach, mentre questa figura (come quella degli ausili) dovrebbe essere coperta dal sistema sanitario. Perché non dobbiamo dimenticare che la persona con autismo necessita di supporto umano, di persone che la sostengano nella sua fragilità, e che sostengano l’inclusione dei ragazzi ad ogni livello di funzionamento. Siamo un’impresa profit con impatto sociale e sappiamo che questo è un mondo competitivo, ma ora abbiamo anche il sostegno dei privati, e il nostro modello è adottabile in ogni città. Dobbiamo solo iniziare a credere che i ragazzi con autismo possono cavarsela da soli. Ho visto ragazzi a basso funzionamento migliorare molto la loro capacità attentiva; alcuni di loro non parlano, ma sanno benissimo che cosa devono fare e come si devono comportare sul posto di lavoro. L’aspettativa è di offrirgli presto un contratto part time a tempo indeterminato. Per il futuro mi auguro che le imprese non solo abbiano agevolazioni fiscali, ma che il job coach diventi un ausilio riconosciuto”.

Laura e Alberto hanno dimostrato che possiamo smettere di “inventare progettini”, perché se si lavora includendo i ragazzi nel giusto contesto si può fare impresa, non beneficenza. Perché come scrive Andrea Bonsignori, direttore del Cottolengo nel libro Il coraggio di essere uguali la dignità è meglio della carità.

Non vogliamo essere diversi, vogliamo essere uguali. Non vogliamo che compriate la sbrisolona perché l’hanno fatta i poveri ragazzi autistici, ma perché è buona”, conclude Balestrazzi.

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