Luca Cianci

Imparare a dire di no nel lavoro. Altrimenti il problema è sempre il solito: non avere il coraggio o la forza di negoziare condizioni migliori, ritrovandoci a dover inseguire i desideri di un altro, compreso il cliente, in una inutile e snervante corsa senza fine costellata di insoddisfazioni, litigi, incontri stressanti.

Ultimamente, durante un corso, mi è stato chiesto come si impara a dire no.

Sembra che questa propensione, specie in certi ruoli, sia la pietra angolare del mestiere e possa salvare la vita.

Molto spesso si legge che serve imparare a dire no perché può fare la differenza tra un progetto che funziona e uno fallimentare. In effetti, se penso alle tante esperienze del passato in cui mi sono trovato a litigare e negoziare per progetti e situazioni spinose, il problema è sempre nato quando non abbiamo avuto il coraggio o la forza di negoziare condizioni migliori, ritrovandomi così a dover inseguire i desideri del cliente in una inutile e snervante corsa senza fine costellata di insoddisfazioni, litigi, incontri stressanti.

Ho provato a tracciare quelli che secondo me sono cinque pattern da tenere a mente e altrettanti anti-pattern da evitare, ricordando che non esistono ricette adatte indistintamente con tutti.

Vale la pena, però, testarli sulla propria vita.

 

Pattern abilitanti

  • Ascolto attivo per comprendere a fondo i motivi alla base delle richieste e generare fiducia negli stakeholder. In questo modo sarà più semplice negoziare ed eventualmente bloccare la richiesta in caso di problemi.
  • Reframing della richiesta in modo da evitare che sia solo un semplice “non è fattibile”. Partire da “dimmi di più” o “fammi capire meglio” spesso ci porta a scoprire che possiamo trovare compromessi accettabili.
  • Documentare e condividere il processo decisionale può aiutare a comprendere le motivazioni che portano al verdetto finale. Genera fiducia e coinvolgimento del cliente, che potrebbe anche sposare il nostro punto di vista.
  • Coinvolgere costantemente gli stakeholder affinché siano sempre a conoscenza della situazione e del perimetro di attività da definire. Svolgere sessioni di user story mapping può rivelarsi una pratica utile.
  • Offrire soluzioni alternative per dimostrare che il no è funzionale alla reale non fattibilità motivata da metriche, dati o altro e che, tuttavia, il bisogno si può ottenere accettando alcuni semplici compromessi.

Anti-pattern da evitare

  • Evitare di rispondere, spostando avanti il momento del confronto col cliente, può generare frustrazione e alimentare un clima che può facilmente sfociare in un conflitto ben più complicato da gestire.
  • Promesse mancate, ovvero dire sempre di sì a tutto per poi rivedere e bloccare alcune iniziative strada facendo. Un approccio che tende ad alimentare conflitti più complessi dell’affrontare subito le situazioni.
  • Abusare del potere gerarchico per fornire risposte a rinforzo del nostro no favorisce un clima di risentimento e mina alle basi lo spirito di collaborazione e trasparenza intorno a cui andrebbe costruita la fiducia e la credibilità.
  • Non assumersi la responsabilità del no, attribuendo la risposta negativa solo a fattori o circostanze esterne, intacca la relazione costruttiva che con fatica andiamo a costruire.
  • Non riconoscere lo sforzo dal cliente e bloccare subito la richiesta può demotivare. È importante apprezzare le attività svolte e portare gli stakeholder a comprendere i motivi del rifiuto.

In chiusura.

Vorrei rimarcare che, a prescindere da quanto tu e la tua azienda decidiate di applicare un approccio agile nella gestione del lavoro e dei progetti, dovreste comunque sposare in pieno uno dei principi del manifesto agile: la collaborazione con il cliente più che la negoziazione dei contratti. In questa frase è sintetizzato molto di quello che ho scritto fin qui ed è una bussola per ottenere maggiore soddisfazione e minori problemi.

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