L’imprenditore pugliese dipende dal dove

Al Bano e gli ulivi, il vino buono e forte, i trulli e il mare, le abbuffate di ottimo pesce e Caparezza. Queste le immagini molto turistiche del tacco dell’Italia, che dal Salento al Gargano si divide quasi equamente tra pianura e collina, sempre circondata dall’azzurro del Mediterraneo.   L’imprenditore pugliese, diverso a seconda del […]

Al Bano e gli ulivi, il vino buono e forte, i trulli e il mare, le abbuffate di ottimo pesce e Caparezza. Queste le immagini molto turistiche del tacco dell’Italia, che dal Salento al Gargano si divide quasi equamente tra pianura e collina, sempre circondata dall’azzurro del Mediterraneo.

 

L’imprenditore pugliese, diverso a seconda del territorio

Ma la Puglia non è solo terra di turismo: è anche terra di imprenditoria, come ci spiega bene Michele Lampugnani, fondatore e CEO della società di consulenza aziendale e gestione d’impresa Modello Impresa e Presidente dell’Associazione Obiettivo Puglia (network community di imprese e professionisti). È anche docente e progettista di alta formazione e ha creato un folto network di professionisti e imprese, dando vita all’incontro fra domanda e offerta di lavoro.

Non servono domande con Michele. È un oratore fine e attento quando parla di un territorio che conosce a menadito. Mi spiega che la Puglia si connota secondo una geografia che insiste prepotentemente sulla vita sociale e quindi economica dei suoi abitanti; che il clima si lega al territorio e insieme influenzano le abitudini, a volte in maniera controversa, e impattano sul modus vivendi delle persone, che si esprime nel modo di concepire il lavoro. In parole povere è lo stesso territorio che plasma le menti imprenditoriali, e si diversifica in maniera così profonda da connotare fortemente i modelli di business. In questo modo nascono in Puglia modelli comportamentali definitori delle tipologie di impiego che oggi caratterizzano la produttività della regione per area geografica.

 

Nord: Gargano e Capitanata, il cuore agricolo della regione

Al nord, continua Michele Lampugnani, nella zona del Gargano, la vita è legata alla terra e alle attività agricole. Questo impatta sulla classe dirigente, che si può definire “esecutiva” e che si riferisce a un mercato circoscritto, agreste, chiuso, rivolto più alla sussistenza del gruppo familiare che al commercio vero e proprio. Lo scopo dell’imprenditore qui è quello di mettere da parte il denaro per garantirsi un futuro, non di investirlo per una crescita personale o dell’impresa. Si tratta di un’economia “di sopravvivenza”, decisamente non di sviluppo; un pensiero che viene portato avanti anche dalle nuove generazioni.

Spostandosi nel foggiano sub garganico, la Capitanata raccoglie un bacino di utenza a metà tra la Campania, la Daunia e il Molise, una posizione che influenza fortemente la produzione agricola. Anche in questo caso la mentalità dell’imprenditore è figlia della terra e rimane fortemente legata alla stanzialità della produzione, una condizione che non lo sprona a evolversi dal punto di vista del business. “Questo però non deve portare a pensare che il territorio sia retrogrado o fermo a un modello culturale di tipo medievale”, tiene a precisare Lampugnani. “L’Università di Foggia, ad esempio, rappresenta un polo di eccellenza per il settore dell’alimentazione”.

Non a caso, si potrebbe aggiungere, visto che lì si concentra la maggior parte della coltivazione cerealicola e la produzione della pasta la fa da padrona. Un esempio su tutti: il pastificio Casillo, una delle aziende più importanti della regione, che nasce in questo territorio, il cuore della produzione del grano. Tuttavia, anche se le imprese legate al settore alimentare riescono a raggiungere dimensioni considerevoli rispetto alle altre aziende del territorio, non c’è mai stato lo slancio verso un modello imprenditoriale che tenesse conto della componente tecnologica.

 

Centro: il barese, la Murgia e la Valle d’Itria

Diverso è il centro della regione. La zona costiera del barese è invece caratterizzata da un’imprenditoria e da una gestione economica molto più commerciale e quasi per nulla produttiva. La popolazione qui vive permeata dal concetto di “fare commercio”, un modo di pensare talmente intenso e presente da diventare quasi un’ossessione. La mentalità, dicevamo, è legata al territorio; in esso si sviluppa e trova il terreno su cui radicarsi. Infatti la parte centrale della regione è a stretto contatto con il mare, con coste e porti ben più accessibili della confinante provincia di Foggia, e questo nei secoli ha agevolato l’affluenza delle merci dando vita ad una cultura imprenditoriale di tipo commerciale. Sulle rive del mare si concentra il commercio al dettaglio, imprenditoria piccola o microimprenditoria che rende viva la movida del passeggio rivierasco.

Diverso è l’entroterra barese. La zona delle Murge ha una caratteristica orografica più vicina a quella garganica, ed è quindi più legata a quel tipo di tradizioni. Qui si trovano i prodotti del bosco, i sapori forti di una cucina più tradizionale e una vita più lenta. Una dilatazione del tempo che si percepisce anche nell’economia, che gira attorno alla produzione di latte e carne, con una gestione economica legata alla stagionalità.

Scendendo nella Valle d’Itria, che è ad oggi il fiore all’occhiello della Puglia, si trova un’area compresa tra Alberobello e le Grotte di Castellana, caratterizzata da una gestione della vita legata alla promozione turistica internazionale che non conosce stagionalità. Nonostante il calo di presenza del 10% del 2018 c’è ancora un’affluenza di turisti che ha portato gli imprenditori italiani e stranieri a investire in terreni e vecchie masserie per trasformarle in resort e B&B.

Questo è il cuore pulsante dell’imprenditoria moderna pugliese, che comunque rimane legata alla cucina tradizionale e all’architettura. Una rivisitazione della Puglia tradizionale in chiave moderna, che passa dalla rivalutazione dei cereali e dei legumi più antichi, come il grano arso, riproposti in chiave turistica moderna.

Questo è stato il pregio dell’imprenditore turistico o enogastronomico, a cui è corrisposto un aumento degli introiti, ma non al mantenimento del livello di hospitality management, che non presta attenzione al processo di incoming puntando a fare business sul breve periodo piuttosto che sul mantenimento del turista sul lungo periodo. Questo è dovuto anche al fatto che oggi la Puglia è un brand, ed è diventata territorio di matrimoni internazionali e di location di pregio per il cinema italiano grazie alle masserie storiche, intorno alle quali sono stati costruiti contesti attraenti a metà strada tra l’ospitalità dell’albergo e il clima agreste della campagna. Borgo Egnazia o la Tenuta Monacelle, solo per citarne un paio, sono strutture bellissime ma allo stesso tempo accessibili solo ai più ricchi.

Un altro sentitissimo problema delle imprese pugliesi è quello dell’avvicendamento famigliare. Il capostipite non vende l’azienda a un altro imprenditore, soprattutto se viene da fuori, ma tenta sempre il passaggio generazionale al figlio, che generalmente ha idee più fresche, ma non così fresche da poter essere considerate un taglio netto con la precedente gestione. È chiaro che ogni volta viene fatto un passo avanti, ma è un fenomeno lento che a volte mina il necessario adeguamento al mercato che cambia. Un esempio su tutti, perché è diventato un caso nazionale, è quello di Briatore, che ha dichiarato che non investirebbe mai in Puglia perché c’è un’arretratezza generalizzata. Questo però non è sempre una cosa negativa: oggi, contrariamente a quello che accadeva negli anni Ottanta e Novanta, all’hotel moderno e stellato il turista preferisce la masseria antica, ma con un occhio attento all’ospitalità, al cibo e al trattamento. Questo chiede il turista, e l’offerta pugliese sta evolvendo per rispondere a questo tipo di domanda.

 

Sud: Taranto e l’Ilva, il Salento e il barocco

Spostandosi più a sud, la zona del tarantino risente ancora di una situazione legata alla questione Ilva che, sostiene Michele, “per la città ci sarà sempre, anche quando non esisterà più, perché è nel dna dei tarantini”.

Il territorio tarantino vive all’ombra dell’acciaieria, nel bene e nel male. Nel bene perché ha fatto la fortuna delle famiglie della città portando lavoro e tranquillità economica; nel male perché le ricadute saranno sempre visibili per le ferite in termini ambientali e di vite umane. Il tarantino avrebbe una costa bellissima per i turisti, ma avendo concentrato le energie sulla grande industria è priva dei servizi e delle infrastrutture che potrebbero renderla attrattiva, una fonte di lavoro alternativa rispetto all’acciaieria. Qui non ci sono alberghi strutturati; o meglio ci sono, ma a macchia di leopardo, “e anche quando li trovi non c’è un’organizzazione che possa fare da spinta al turismo di massa e neppure a quello di nicchia”.

Questo perché il barocco leccese lo si trova solo nel Salento, dove l’arte la fa da padrona. Con i suoi 98 comuni, il capoluogo salentino ha una storicità imponente che si respira anche solamente passeggiando per strada, e che attrae il turista di qualsivoglia estrazione. L’economia salentina è l’economia dell’architettura e delle coste più belle, come quelle di Gallipoli, caratterizzate da un’innumerevole quantità di locali notturni che hanno seguito l’onda del turismo culturale. Il problema è che c’è stata una crescita senza un criterio, per rispondere alla richiesta del turista; una risposta data con molta superficialità sia dal punto di vista strategico che della proposta commerciale eccessivamente uniforme.

 

Ponti verso il mondo

Insomma, questa intervista mi restituisce un’immagine della Puglia decisamente diversa da quella che offre Caparezza nella canzone che parla della sua regione. La Puglia è un territorio con un PIL altissimo, perché da nord a sud è fortemente attiva dal punto di vista economico: dal turismo di massa a quello di nicchia, dall’agricoltura all’industria pesante, dal turismo enogastronomico all’indotto derivante dal settore manifatturiero, come quello fiorente dell’abito da sposa fatto a mano, che tra pizzi e merletti calamita nella regione boutique d’alta moda e dà vita a una delle fiere del settore più grandi d’Europa.

Con Michele ci lasciamo dopo quasi un’ora, durante la quale mi ha restituito con le parole l’amore per la sua terra. Una terra fatta di imprenditori legati al territorio, difficili da mettere in rete, ma grandi lavoratori e con un grande potenziale. Alla mia domanda su ciò che manca all’imprenditore pugliese, Michele risponde: “Per essere ancora più proficua, all’imprenditoria media pugliese manca la formazione ma soprattutto l’esperienza. Manca il confronto con le altre terre e gli imprenditori che vengono da fuori. All’imprenditore pugliese manca una progettazione, perché si affida ancora troppo alla sorte e poco a una seria programmazione: è ancora troppo legato all’oggi e guarda poco al domani. Però questa terra e i suoi abitanti hanno tantissimo da offrire, perché siamo il primo ponte verso il Medio Oriente, la Grecia, l’Albania, la Turchia e anche l’Africa. Abbiamo la possibilità di creare una vera internazionalizzazione, massiva e potente. Basta solo gettare le basi e costruiremo ponti verso il mondo”.

Photo by: https://www.radioitalia.it/news/al_bano/sanremo/

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