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Cos’hanno in comune Woody Allen e Martin Scorsese? Secondo alcuni critici questi due registi, fra i maggiori esponenti della New Hollywood, sono gli autori newyorkesi per eccellenza, che si collocano programmaticamente ai margini dell’industria new-hollywoodiana degli anni Settanta del Novecento. Allen è ebreo, borghese, cerebrale. E pone al centro della sua opera la vicenda intellettuale […]

Cos’hanno in comune Woody Allen e Martin Scorsese?

Secondo alcuni critici questi due registi, fra i maggiori esponenti della New Hollywood, sono gli autori newyorkesi per eccellenza, che si collocano programmaticamente ai margini dell’industria new-hollywoodiana degli anni Settanta del Novecento.

Allen è ebreo, borghese, cerebrale. E pone al centro della sua opera la vicenda intellettuale di ebrei-americani da lui stesso interpretati, alle prese con complicate storie d’amore a metà strada fra dramma post-freudiano e sophisticated comedy alla Howard Hawks. Sempre secondo la critica, sono Manhattan (id., W. Allen, 1979), la storia di uno scrittore televisivo abbandonato dalla moglie per un’altra donna e Io e Annie (Annie Hall, W. Allen, 1977), la vicenda sentimentale di un attore ebreo in analisi e di una ragazza bene del Middle West, le commedie più riuscite del decennio.

Sul versante opposto, Martin Scorsese. Proletario, italoamericano, discendente di immigrati italiani da Palermo e giunti negli Stati Uniti agli inizi del Novecento. Dopo i primi anni nel Queens, la famiglia Scorsese si trasferisce a Manhattan, in Elizabeth Street, una delle vie principali di Little Italy. Quella stessa Little Italy che diverrà presto lo scenario di opere come Mean Streets (id., M. Scorsese, 1973), la vicenda del giovane Charlie, diviso fra l’amore per una cugina epilettica e l’arrampicata sociale con l’aiuto di uno zio mafioso, e Quei bravi ragazzi (Godfellas, M. Scorsese, 1989), che racconta l’ascesa, il successo e la caduta dell’italo-irlandese Ray Hill, la cui unica aspirazione è diventare un gangster.

Ma torniamo alla domanda iniziale. Cos’hanno in comune i due?

Allen e Scorsese, due registi apparentemente agli antipodi, hanno in comune – oltre alla New Hollywood – più di un aspetto. Dalla passione cinefila al continuo richiamo al cinema del passato, specialmente all’âge d’or della Hollywood classica. Ma soprattutto, sono due autori che si esprimono al meglio quando raccontano storie legate alla propria città. Una New York poliedrica, sfaccettata e vivacemente ricca di contraddizioni.

E mentre Travis Bickle si muove paranoico sullo sfondo di una città notturna e inquietante, icona della follia metropolitana (Taxi Driver, M. Scorsese, 1976), la borghese Carol Lipton indaga su un misterioso caso di uxoricidio in una Manhattan frizzante quanto imperscrutabile (Manhattan Murder Mistery, W. Allen, 1993).

Allen e Scorsese, tuttavia, non sono i soli a raccontare al grande pubblico cosa succede in città.

Nella tranquilla cittadina di Lumberton, il giovane Jeffrey Beaumont apre una porta proibita e si ritrova all’improvviso nel vortice di un mondo bizzarro (Blue Velvet, D. Lynch, 1986); mentre a Bodega Bay gli uccelli cominciano inspiegabilmente ad attaccare un gruppo di esseri umani con implacabile ferocia (The Birds, A. Hitchcock, 1963). E anche dall’altra parte dell’oceano, la settima arte si interroga sulla città, sulle sue storie e sulle sue suggestioni.

Nella Parigi degli anni Settanta, un vedovo americano di mezza età e una ventenne parigina, figlia di un colonnello si ritrovano in un appartamento vuoto, per vivere una storia di sesso con epilogo sanguinoso (Ultimo tango a Parigi, B. Bertolucci, 1972); mentre nella Roma dei primissimi anni Sessanta il giornalista Marcello Rubini fa incontri ed esperienze nella Roma mondana, intellettuale, ma anche “amara” di via Veneto e dintorni (La dolce vita, F. Fellini, 1960).

In definitiva, nel grande e nel piccolo schermo è spesso la città a fare da protagonista.

Ne sanno qualcosa quattro newyorkesi, alla soglia dei trentacinque e divise fra sesso, lavoro e la ricerca del grande amore. Carrie Bradshaw è una giornalista in carriera che, fra una colonna e l’altra, racconta le relazioni nella New York post-moderna; Miranda Hobbes è un avvocato intraprendente, con la passione per l’autonomia. Charlotte York fa la gallerista e cerca il principe azzurro, mentre Samantha Jones, che si occupa di pubbliche relazioni, è brava nell’arte della seduzione. Quattro amiche, quattro donne moderne. Quattro donne non più sottomesse ai vincoli matrimoniali e libere (finalmente!) di vivere una vita autonoma e indipendente. Ma sempre, immancabilmente, sullo sfondo di una sfavillante Manhattan (Sex and the City, D. Star, 1998 – 2004).

https://www.youtube.com/watch?v=AyAK6zyV-NE

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