Proviamo ora a compiere un esperimento: immaginiamo che in questo momento tutti gli addetti coinvolti nella filiera della pizza stiano lavorando. Quanto costa un’ora del loro lavoro collettivo?
Se includiamo anche l’ora di un autista trasportatore dei materiali, il costo totale del lavoro è di circa 110 euro. Sette persone al lavoro: un bracciante, tre operai dell’industria alimentare impegnati rispettivamente in aziende di farina, mozzarella e passata di pomodoro; poi il trasportatore, il pizzaiolo che stende la massa e farcisce e infine il cameriere che sorride ai clienti e posa la pizza sul tavolo.
Se invece la pizza la ordiniamo a casa, la questione si fa più complessa: al posto dei camerieri subentrano i fattorini, o meglio, i rider, una delle categorie più vessate del mondo del lavoro. Perché, a parte Just Eat, le maggiori piattaforme di food delivery – Glovo e Deliveroo – inquadrano i rider come autonomi, quindi li pagano a consegna e non con salari orari. Il contratto che hanno firmato con l’UGL – dichiarato illegittimo da svariate pronunce giudiziarie – prevede una forma di pagamento molto particolare: 10 euro all’ora, ma parliamo di ora effettiva, non sessanta minuti di orologio. Chiariamo meglio: se un rider, tra le 21 e le 22.30 compie due consegne da mezz’ora l’una, guadagnerà minimo 10 euro. Quindi, anche se il tempo in cui si è reso disponibile è di un’ora e mezza, guadagnerà il corrispettivo di un’ora di lavoro.
I settori che accompagnano la nascita di una pizza, in ogni caso, restano ai piani più alti delle classifiche sul lavoro irregolare.
In agricoltura le pratiche per aggirare le norme sono ben collaudate, e i controlli, con gli enti ispettivi sotto organico, riescono a scoprirne solo una piccola parte. Considerando che nei campi si lavora “a giornata”, i datori meno onesti sono soliti dichiarare meno giornate di quelle effettivamente svolte, per risparmiare su una parte dei contributi.
Un meccanismo simile avviene nella ristorazione, con il fenomeno del “fuori busta”: il contratto firmato è part time, ma nella pratica è un full time. Così facendo, metà della busta paga è regolare, mentre l’altra metà è in contanti, quindi anche qui il titolare non paga i contributi e gli altri oneri previsti. Va ricordato, tra l’altro, che l’agricoltura e la ristorazione sono tra i settori che più si sono lamentati, negli scorsi anni, dell’esistenza del Reddito di Cittadinanza. Non è un caso che lo abbiano fatto loro, che offrono retribuzioni che subiscono la concorrenza persino di un sussidio da poche centinaia di euro al mese.
Ma la pizza a questo punto è pronta, la mozzarella è ancora a temperatura lavica, quindi bisogna farla raffreddare. A qualcuno piace la napoletana, con il cornicione alto; altri preferiscono la romana, quasi scrocchiarella. In Italia è buona ovunque, a parte in quelle orribili trappole per turisti che vediamo attorno ai luoghi più visitati del nostro Paese. Ecco un controsenso: spesso la mangi meglio in un locale austero di periferia che a due passi da un monumento.
Ma il vero paradosso di questo Paese rischia di restare sempre lo stesso: se della pizza – e di altri piatti tipici della nostra cucina – facciamo motivo di vanto a livello internazionale, perché ci curiamo così poco delle condizioni di lavoro, a partire da quelle salariali, di chi ha contribuito a realizzarla?
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Photo credits: marcobianchi.blog