La proposta di riforma della PAC si articola in diversi punti:
- riportare il valore dell’attuale titolo base alla precedente media nazionale PAC (compreso di greening, l’insieme di pratiche che danno accesso al sostegno finanziario del “pagamento verde”) 2015-2020;
- dare una premialità, oltre il titolo base, a chi si impegna per il green;
- aumentare il premio dell’accoppiato.
La nuova PAC, inoltre, sovvenziona molto l’ecoschema per gli impollinatori, ma da questo premio esclude il pascolo estensivo, che invece funge da perfetto sistema per gli impollinatori considerando la fioritura spontanea e abbondante negli alpeggi. Agricoltori e allevatori chiedono infine di rivedere la suddivisione delle risorse destinate al CSR, ad oggi assegnate in base ad una storicità soprattutto di spesa della vecchia programmazione. Per questo motivo ci sono Regioni che riescono a elargire molte più risorse rispetto ad altre, in particolar modo alle aree interne, come i pascoli montani.
La struttura della PAC attuale è articolata su due pilastri:
- il primo fornisce aiuti diretti agli agricoltori e sostiene le misure di mercato, finanziate direttamente dal bilancio UE;
- il secondo è rappresentato sia dal FEASR (Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale), che finanzia i programmi di sviluppo rurale (PSR regionali e nazionali), sia da questi stessi programmi.
Non tutte le associazioni di categoria erano d’accordo con la riconvergenza dei titoli PAC, poiché si basano sulla storicità. C’è stato un taglio trasversale del 48% del valore del titolo, come una sorta di flat tax. Sono gli allevatori di Arquata del Tronto, uno dei Comuni più colpiti dal sisma, a prendere la parola.
“Chiediamo che ci sia un riadeguamento dei titolo, che quelli sotto ai 300 euro non vadano toccati, oppure che tutta la cifra dello stanziamento del primo pilastro PAC venga ripartita con il titolo base ripartito in modo uguale per tutti. Nel secondo pilastro CSR c’è una storicità in base alle Regioni e quelli del Nord la fanno da padrone rispetto al Centro. Anche lì ci vuole equa ripartizione, altrimenti si incorre in una difficoltà ulteriore, poiché l’azienda si ritroverebbe a sostenere maggiori costi d’impresa, consapevoli di ottenere minor reddito e andando incontro a una ridotta tutela del lavoro agricolo.”
Gli agricoltori sono i custodi del territorio, attori primari della biodiversità. Come può costruirsi il processo di transizione senza una valorizzazione, anche dal punto di vista economico? Riconoscere il valore etico dell’agricoltura servirà anche a invertire l’abbandono delle zone montane, distrutte dal sisma.
La protesta dei trattori di Arquata del Tronto chiede risposte fattive e puntuali. Non vuole grandi proclami o promesse astratte, ma si focalizza sulle criticità che possono mettere in pericolo le aziende montane e terremotate. Questi territori, spesso dimenticati, non cercano propaganda sulla propria pelle, ma vicinanza seria; hanno le idee chiare e non vogliono strumentalizzazione.
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