Albergatori vecchio stampo: la crisi del turismo farà sparire anche loro

Si dice che da ogni crisi nasce sempre un’opportunità. Abbiamo voluto domandare ad alcuni addetti ai lavori quali opportunità possono nascere da una situazione come quella determinata dalla pandemia, soprattutto in una città d’arte quale Firenze (ma vale un po’ per tutto il territorio).   L’influsso positivo dello smart working su Firenze “Lavorare da remoto […]

Si dice che da ogni crisi nasce sempre un’opportunità. Abbiamo voluto domandare ad alcuni addetti ai lavori quali opportunità possono nascere da una situazione come quella determinata dalla pandemia, soprattutto in una città d’arte quale Firenze (ma vale un po’ per tutto il territorio).

 

L’influsso positivo dello smart working su Firenze

“Lavorare da remoto non soltanto è possibile, ma anche auspicabile”. Lo sostiene Marco de la Pierre, fondatore di dotFlorence srl e Turismo Digitale, che pur mantenendo l’ufficio nello spazio co-working di The Student Hotel ammette di essersi trovato bene a lavorare da casa con il suo team: “Certo non full time, perché per la creatività e la socializzazione sono importanti anche i momenti di incontro reale e non soltanto virtuale, e sicuramente lo smart working richiede organizzazione, capacità di gestire le risorse e coordinarle”.

Concorde anche Stefano Fusaro, Revenue Manager del Grand Hotel Cavour di Firenze, che sottolinea il beneficio che potrebbero avere tutti coloro che provengono da fuori città riguardo “il tempo risparmiato e il minor stress per gli spostamenti, fosse anche solo per un giorno alla settimana, ovviamente per quei ruoli che lo permettono”.

Il poter guadagnare ogni giorno un’ora del proprio tempo da dedicare ad altre attività anziché agli spostamenti, la riduzione dello stress per chi fa il pendolare o è imbottigliato nel traffico ogni mattina, la possibilità di una maggiore flessibilità negli orari di ufficio, sono elementi che possono avere una ricaduta sul benessere delle persone, senza inficiarne la produttività (per non parlare delle mamme che lavorano). Se a ciò uniamo il minor impatto ambientale di un traffico ridotto, forse varrebbe la pena fare una riflessione di lungo periodo.

 

Tecnologia e nuovi equilibri sul web: addio Airbnb?

Durante il lockdown il boom dell’e-commerce e il proliferare di webinar & dirette live su Instagram, hanno rappresentato la punta di un iceberg che sta finalmente affiorando. Se c’è una cosa che ha dato uno scossone al torpore e alla naturale diffidenza degli italiani verso la tecnologia è stato proprio il COVID-19. E in ambito turistico questo lo si vede ancora di più.

Come ci riporta Fusaro, “da anni esistono tecnologie e strumenti per fare self check-in e check-out, software di business intelligence, tool di customer relationship e revenue management, nonché app per la domotica e la gestione del personale da remoto. Tutto questo è disponibile sul mercato a basso prezzo”. Sono strumenti nati per snellire tempi e costi, che si rivelano utili anche per limitare le occasioni di contatto fisico non necessarie, ma soprattutto lasciano le risorse umane libere di dedicare il loro tempo alla relazione con il cliente anziché alla compilazione giornaliera delle schede PS da inviare in questura.

A causa del coronavirus forse una parte di quegli albergatori vecchio stampo, poco tecnologici (che caratterizza l’offerta cittadina) comincerà a svegliarsi. Non si tratta tanto di chi ancora fa tutto a mano, col libro di carta e la penna, ma anche di chi utilizza gestionali residenti su server e non in cloud, di chi ancora gestisce le richieste fra reparti con telefonate o di persona, o di chi ancora risponde via mail alle richieste che arrivano dai turisti, anziché utilizzare bot che in tempo reale si interfacciano con il booking engine e inviano al cliente l’offerta migliore.

 

Airbnb, Booking.com, Ryanair e altre piattaforme online sono state fra le aziende del settore travel più colpite dalla crisi. Se sopravviveranno alle perdite economiche dovranno comunque darsi da fare per recuperare quei turisti che hanno cominciato a bypassare le piattaforme per rivolgersi direttamente all’origine.

Giancarlo Carniani, general manager di To Florence Hotels e analista italiano di PhoCusWright, ci riporta: “L’approccio verso le OTA sta un po’ mutando, i turisti imparano a contattare direttamente le strutture ricettive, a fare la prenotazione sul booking engine del sito. Forse si fidano di più”. Che sia l’inizio di un nuovo mondo non Booking-centrico? È da un po’ che se ne parla nelle fiere di settore. Vecchi player del turismo online spariranno, e nuovi (forse) arriveranno. Per gli albergatori più smart, potrebbero esserci finestre interessanti per avvicinarsi ai clienti.

 

Meno turismo, di maggiore qualità. All’insegna della sostenibilità

Le crisi generalmente portano gli imprenditori a ricevere un grosso scossone, costringendoli a vedere i punti di deboli del proprio modello di business. Anche nel turismo è così.

Marco Nicosia, Revenue Manager specializzato nell’extra alberghiero su Firenze, Venezia e Milano sostiene: “Il mondo si evolve, e se tu non evolvi muori. Il COVID ha accelerato un processo che stava già avvenendo. Il modello al quale le persone si sono aggrappate per anni perché le cose si sono sempre fatte così comincia a vacillare”. Ecco quindi che bisogna cominciare a pensare nuove modalità per rendere più produttive le strutture: una maggiore agilità nella gestione, un utilizzo migliore delle risorse umane in reception, e una minore passività rispetto al mercato.

Abbiamo chiesto a Cecilia del Re, Assessore all’Urbanistica, Ambiente, Turismo e Innovazione tecnologica del Comune di Firenze, un’opinione su quanto sta succedendo nel capoluogo fiorentino, ora privo di turisti americani e di fatto deserto. Ecco le sue parole: “Il turismo fa parte della nostra economia locale, ma anche della nostra identità, e comunque Firenze è una città che ha una vocazione turistica: non è solo dei fiorentini, ma è un patrimonio di tutto il mondo. Ecco che allora è anche un impegno quello di rilanciare Firenze per poter far sì che possa continuare a essere visitata da turisti provenienti da tutto il mondo”.

“Ci impegniamo con campagne di comunicazione per innalzare la qualità del turismo e promuovere un turismo più sostenibile. Sostenibilità è la parola chiave di come vorremmo fosse il turismo post pandemia: meno mordi e fuggi, ma più attento alla città, che sappia apprezzare nuovi itinerari, che ci impegniamo di promuovere anche grazie alla collaborazione con operatori privati (tour operator, guide turistiche etc.). Uscendo dalle solite dinamiche e dalla solita immagine: Firenze non è solo Uffizi e cupolone!”

 

Firenze rivissuta dai fiorentini

Da residente di Firenze ho assistito a un modo di vivere la città mai visto prima d’ora, e che mi ha letteralmente lasciato di sorpresa. Se per anni il centro storico era appannaggio esclusivo di comitive di turisti di tutto il mondo, con i fiorentini relegati in periferia, ecco che qualcosa è cambiato.

A maggio ho portato mio figlio di 5 anni in centro con la bicicletta per la prima volta, e come me ho trovato famiglie intere che passeggiavano, prendevano un caffè ai tavolini di Rivoire (caffè storico in piazza Signoria, un tempo inavvicinabile) o cercavano il fresco fra il Giardino di Boboli e il Giardino Bardini. Addirittura la riscoperta di musei come gli Uffizi o l’Accademia, ora molto vivibili (e soprattutto senza le lunghe code all’ingresso).
E ancora: grande successo per iniziative rivolte ai residenti, come il cinema all’aperto dentro il Chiostro di Santa Maria Novella, il Museo dell’Opera del Duomo a ingresso gratuito, o le passeggiate culturali per Firenze con alcune guide turistiche riconvertite al pubblico locale.
Questa Firenze a dimensione umana – e mi dicono che anche Venezia, San Gimignano e altre città d’arte vivano la medesima situazione – la vorrei conservare anche quando torneranno le masse di americani e turisti oltreoceano.

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