Chimica: i piccoli imparano a difendersi

“La prima cosa che ci siamo detti è stata: ci dobbiamo aggregare, perché l’alleanza fa la forza”. È così che un gruppo di 12 Pmi del comparto chimico si sono consorziate per far valere le proprie ragioni di fronte ai decisori pubblici che a Bruxelles hanno approvato un regolamento, il REACH*, la cui piena applicazione […]

“La prima cosa che ci siamo detti è stata: ci dobbiamo aggregare, perché l’alleanza fa la forza”. È così che un gruppo di 12 Pmi del comparto chimico si sono consorziate per far valere le proprie ragioni di fronte ai decisori pubblici che a Bruxelles hanno approvato un regolamento, il REACH*, la cui piena applicazione sarebbe insostenibile per molte piccole imprese. “La prima sfida vinta è stata proprio quella di mettere insieme aziende concorrenti. – spiega Roberto Pasini, presidente della cooperazione – Le Pmi non sono quasi mai organizzate ed è molto difficile aggregarle. Questa è la loro debolezza. Inoltre, le Pmi non hanno mai fatto lobbying, quindi si è trattato di un vero e proprio salto verso una visione maggiormente strategica.”

Ma facciamo un passo indietro. L’Italia è il maggior produttore europeo nel settore tessile, nonché uno dei maggiori esportatori di prodotti tessili nel mondo. I colori ne rappresentano una componente fondamentale con varianti pressoché infinite che cambiano stagionalmente a seconda della moda, delle esigenze, dei gusti. L’industria dei coloranti deve già rispettare, come è naturale e giusto, norme molto stringenti che regolano tutto il processo, dalla produzione allo smaltimento.

L’Ue è intervenuta in questo settore imponendo un nuovo regolamento, il REACH appunto, che richiede alle aziende la registrazione di tutte le sostanze prodotte e importate, e la prossima scadenza a cui occorre prepararsi è maggio 2018. Il tempo stringe dato che per la maggior parte delle sostanze i dati disponibili sono scarsi o estremamente datati. Stiamo parlando di migliaia di registrazioni da produrre – sono circa 20.000 le sostanze ancora da registrare- ognuna delle quali ha un costo medio per l’azienda intorno ai 25.000 euro.
Nessuno mette in dubbio la bontà degli obiettivi che il legislatore europeo si è posto, ma si pone il problema della sostenibilità per le aziende più piccole che, di fatto, non riusciranno mai a sostenere i costi.

Ecco che torniamo alle dodici imprese che si associano – Dye-staff è il nome che si sono date – per accendere i riflettori sulla questione e per fare attività di lobbying. “Noi vogliamo rispettare il regolamento – sottolinea Roberto Pasini – Non siamo andati a Bruxelles per lagnarci o a chiedere sconti, bensì a portare una petizione firmata da tutte le aziende, uno studio di impatto sul settore e di scenario a sostegno delle nostre ragioni, e a proporre soluzioni alternative ai test sugli animali per le certificazioni”. “E non ci siamo andati da soli, ma dopo aver ottenuto l’appoggio dei Ministeri italiani della Salute e dello Sviluppo Economico”. “Tutti i nostri interlocutori italiani ed europei hanno compreso il problema: ci si è resi conto che le Pmi coinvolte dal regolamento o venivano ascoltate o morivano. Ora il vero nodo è trovare insieme delle soluzioni perché i metodi alternativi che noi proponiamo vanno sviluppati – e questo richiede ingenti investimenti – e poi devono essere approvati e accettati nelle sedi europee”.
A luglio perciò torneranno a Bruxelles.

 

(*) L’Unione europea ha istituito il sistema REACH, un sistema integrato di registrazione, valutazione, autorizzazione e restrizione delle sostanze chimiche, e istituisce un’agenzia europea per tali prodotti. Il sistema REACH obbliga le imprese che fabbricano e importano sostanze chimiche a valutare i rischi derivanti dal loro uso ed a prendere le misure necessarie per gestire qualsiasi rischio venga individuato. L’onere della prova con riguardo alla sicurezza delle sostanze chimiche fabbricate o commercializzate spetta all’industria.

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