Un distretto fragile come il vetro

In poco più di un chilometro quadrato spartito fra sette isole in mezzo alla Laguna veneta, dalla fine del 1200 centinaia di artigiani ogni giorno fondono, soffiano, stampano e decorano, dando vita al polo mondiale del vetro artistico. Quando si parla di simboli del made in Italy, non si può non citare il distretto veneziano […]

In poco più di un chilometro quadrato spartito fra sette isole in mezzo alla Laguna veneta, dalla fine del 1200 centinaia di artigiani ogni giorno fondono, soffiano, stampano e decorano, dando vita al polo mondiale del vetro artistico.

Quando si parla di simboli del made in Italy, non si può non citare il distretto veneziano e le sue 260 imprese che danno lavoro a 1.100 dipendenti e che da sole valgono il 25% di tutta la produzione del vetro artistico italiano, con una concentrazione non riscontrabile in nessun altro settore produttivo.

Il fatturato raggiunge i 165 milioni di euro grazie all’export che ne rappresenta il 40%: principalmente gli Usa, poi la Russia e il Giappone.

 

Nel corso della sua storia recente questo territorio ha registrato un progressivo aumento del numero delle aziende (erano 135 negli anni ’60), di contro la dimensione media degli occupati è crollata dai 37 addetti degli anni ’60 a meno di cinque nelle aziende di oggi. Un ridimensionamento, dunque, che ha origini più lontane rispetto alla crisi del 2008 ma che è tornato al centro dell’attenzione in questi giorni anche a causa dell’occupazione di una delle fornaci, Formia, da parte dei lavoratori.

La fornace doveva essere un esempio di rilancio manageriale, ma a seguito di alterne vicende – tra cui il mancato pagamento di una commessa milionaria dall’Arabia Saudita – ha visto naufragare i suoi sogni di ripresa.

 

Sono molti gli aspetti di fragilità che affliggono questo importante distretto: l’accesso al credito, la piccola dimensione delle aziende, i bassi salari. Tra essi c’è anche l’impatto della concorrenza sleale: “La contraffazione è l’aspetto che ci mette più in difficoltà perché l’immissione sul mercato di tanti prodotti fasulli che si definiscono “Vetro di Murano”, provenienti per lo più da Paesi dell’Est ma anche dall’Italia, confonde il consumatore e crea un danno alle nostre aziende” spiega Luciano Gambaro, presidente di Promovetro Murano, il consorzio, nato nel 1985, che insieme alla Confindustria e alla Confartigianato veneziane si batte per la tutela attraverso un marchio del vetro originale di Murano.

“Inoltre, a partire dagli anni 2000 il progressivo aumento del prezzo del gas e una non attenta governance del territorio che non ha tenuto conto delle particolarità di questo polo produttivo, ha reso ancora più difficile l’attività: per fare un esempio, la stessa azienda portata sulla terra ferma costa il 40% in meno. Una volta avevamo qualche agevolazione, ora non più”.

“Un tempo – conclude Gambaro – Murano insegnava al mondo cosa era il vetro artistico, oggi le difficoltà sono oggettive, ma Murano può esprimere ancora una grande potenzialità se si riuscirà a trovare nuovi obiettivi”.

 

 

Foto tratta dal sito www.abatezanetti.it

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