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La Lega in Europa e l’inferno finanziario
Per i sovranisti di casa nostra è stata una vittoria politica clamorosa, superiore alle attese ma ora, lo sanno anche loro ma preferiscono tacerlo, la strada è lastricata di insidie assai spinose soprattutto sul terreno minato dell’economia. La Lega di Matteo Salvini il 26 maggio scorso, come è noto, ha stravinto le elezioni europee in […]
Per i sovranisti di casa nostra è stata una vittoria politica clamorosa, superiore alle attese ma ora, lo sanno anche loro ma preferiscono tacerlo, la strada è lastricata di insidie assai spinose soprattutto sul terreno minato dell’economia. La Lega di Matteo Salvini il 26 maggio scorso, come è noto, ha stravinto le elezioni europee in Italia, ha vinto le elezioni regionali da nord a sud, ha conquistato il Piemonte, ha messo radici in Calabria e nelle più importanti regioni del sud, ha surclassato gli alleati del Movimento Cinque Stelle guidati da Luigi Di Maio, ha sotterrato l’alleato Silvio Berlusconi – ridotto all’8 per cento – ha lanciato un guanto di sfida a Bruxelles, forte del suo 34 per cento di consensi.
Ma è bene riflettere sul fatto che in tutta questa irresistibile ascesa c’è un paradossale punto debole: il sovranismo ha vinto in Italia ma non ha vinto in Europa dove controllerà a voler essere generosi il 20% del Parlamento europeo. Ma la cosa più preoccupante è che i vincitori italiani non hanno neppure vinto sul fronte dell’economia reale, della disoccupazione e della strisciante crisi finanziaria che circola insidiosa nei sotterranei del vecchio continente, minacciando di travolgerci sotto una montagna di debiti. Anzi da questo punto di vista, dicono gli osservatori, siamo alla vigilia di un autunno finanziario assai buio che potrebbe trascinare l’Italia ancora più in basso.
Per far sì che non sia una vittoria di Pirro, il nuovo leader della coalizione di governo Matteo Salvini, Presidente del consiglio in pectore se cadrà il governo Conte, si dovrà dunque attrezzare a scalare ostacoli giganteschi e a combattere con armi assai spuntate quelli che lui considera i nemici più insidiosi: la comunità finanziaria internazionale e i grandi investitori, che guardano con grande ostilità all’Italia e che minacciano di non investire nei titoli di Stato italiani, fonte vitale per la nostra sopravvivenza, se non ci saranno segnali concreti di un risanamento del debito pubblico e di una frenata sulle politiche in deficit.
I veri problemi dell’Italia
Ieri il governo Conte, aldilà della misteriosa lettera legata al Ministro del Tesoro Giovanni Tria, ha risposto a Bruxelles. Ora la Commissione europea chiede chiarimenti all’Italia sulla violazione della regola di riduzione del debito. Nella risposta il Governo italiano dovrà elencare i fattori che considera rilevanti per spiegare il mancato rispetto della regola del debito. Le spiegazioni saranno prese in considerazione nell’analisi approfondita sulla situazione che la Commissione presenterà il 5 giugno insieme alle raccomandazioni per ogni Paese europeo. Nel frattempo il debito pubblico italiano è passato dal 131,4% del 2017 al 132,2 del 2018 e si prevede per il 2019 una crescita fino al 135%. Secondo Bruxelles, dunque, tra il 2018 e il 2019 ci sarebbe stato uno scostamento finale dello 0,7% (circa 11 miliardi) rispetto agli obiettivi UE. E questo a fronte di una richiesta di riduzione del deficit strutturale di 0,6 avanzata a maggio scorso dalla Commissione e di un impegno di taglio dello 0,3% fatta dall’Italia. Se l’Italia non rispondesse in modo soddisfacente a Bruxelles si potrebbe arrivare a una procedura di infrazione che ci costerebbe circa 3,5 miliardi.
A fronte di queste insidie che potrebbero esplodere con una nuova impennata dello spread, Matteo Salvini, che ormai si considera il vero capo dell’esecutivo, ha risposto seccamente che in Europa il vento è cambiato e che se ci sarà bisogno di prendere altri soldi a prestito sarà fatto. E così, confortato dai milioni di consensi, ha rimesso in campo uno dei provvedimenti finanziari più costosi: la flat tax. Di questo Senza Filtro ne aveva già parlato con Tommaso Di Tanno, tributarista, docente di un master alla Bocconi, collaboratore della Voce.info, e fustigatore della “rivoluzione fiscale” del governo Salvini-Di Maio. Ancora oggi Di Tanno sostiene che la strada della flat tax è davvero impraticabile. Sostiene che l’applicazione della flax tax, così come è stata proposta, creerebbe un buco di circa 45 miliardi soltanto il primo anno. Per creare le coperture a questo buco, negli anni successivi il Pil dovrebbe crescere oltre il 10%.
E chi si siederà alla BCE?
Un altro fantasma dell’inferno finanziario europeo che non farà dormire sonni tranquilli al vincitore delle elezioni europee è la Banca Centrale Europea e la successione di Mario Draghi alla presidenza del potente istituto finanziario alla fine di ottobre. Durante la campagna elettorale il capo della Lega aveva lanciato accuse pesanti a Mario Draghi, considerato capo delle lobby finanziarie europee, poi improvvisamente è tornato il silenzio. Come mai? Qualcuno deve aver spiegato a Matteo Salvini che in tempi di crisi e di spread era meglio non polemizzare con l’uomo che attraverso il quantitative easing, (ovvero l’acquisto di titoli italiani da parte della Bce), aveva evitato che l’Italia venisse sotterrata da interessi sul debito e dallo spread. Lo stesso Silvio Berlusconi, che aveva indicato Mario Draghi alla Bce, ha consigliato all’amico Matteo di non giocare con il fuoco.
Ora il problema è ancora più preoccupante per i sovranisti italiani perché in Germania e nella comunità finanziaria europea in previsione della successione a Mario Draghi stanno salendo le quotazioni di un falco: il presidente della Bundesbank Jens Weidmann. Pare che Angela Merkel dopo il rifiuto di Macron per un candidato tedesco alla guida della Commissione Centrale Europea, abbia rilanciato su Weidmann.
Come sussurrano tutti gli osservatori, se venisse nominato il tedesco Weidmann il governo italiano rimpiangerebbe Mario Draghi. E’ noto infatti che l’attuale presidente della Bundesbank è sempre stato contrario alla politica attuata da Mario Draghi e alla sua scelta di aiutare i paesi europei con una politica di sostegno finanziario sia pure indiretto come l’acquisto di titoli di Stato. Ora in presenza di uno shock fiscale proposto dalla Lega di circa 30 miliardi senza copertura è difficile che il prossimo presidente della Bce accetti la “provocazione” di Matteo Salvini all’Europa. I banchieri europei sono assai preoccupati di questa prospettiva ai vertici della Bce, soprattutto per come si sta profilando la politica italiana. Senza un ombrello della Bce, qualora lo spread ricominci a salire, come è già avvenuto in queste settimane, per l’Italia sarebbero guai seri perché il governo non potrebbe ricorrere a nessun aiuto. Anzi ci sarebbe il pericolo che i nostri titoli di Stato si trasformino in junk bond, titoli spazzatura.
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