La magia del piccolo mondo

Viviamo in uno stato di perenne connessione. Non siamo più finestre nel mondo ma siamo noi stessi mondo, legati insieme da nessi casuali: conoscenze distanti, tracce di aggregazione potenziale che avvolgono fili, apparentemente invisibili, ma percepibili, accessibili. Cosa può significare tutto questo per le nostre vite, quando le nostre immagini, i nostri pensieri vengono condivisi con […]

Viviamo in uno stato di perenne connessione. Non siamo più finestre nel mondo ma siamo noi stessi mondo, legati insieme da nessi casuali: conoscenze distanti, tracce di aggregazione potenziale che avvolgono fili, apparentemente invisibili, ma percepibili, accessibili. Cosa può significare tutto questo per le nostre vite, quando le nostre immagini, i nostri pensieri vengono condivisi con milioni di persone che popolano la Rete?

«Il punto di svolta – come spiega Giovanni Boccia Artieri, professore ordinario di sociologia dei media digitali e Internet studies all’Università di Urbino Carlo Bo, nel volume “Stati di connessione, Pubblici, cittadini, consumatori nella (Social) Network Society” (Franco Angeli, 2012) – risiede soprattutto sul versante della “potenzialità di contatto”, della messa in relazione. Si aprono nuovi percorsi di intreccio fra realtà “reale” e digitale. Le relazioni deboli, trovano in questo contesto una loro consistenza, possono realizzarsi, farsi concrete».

Come cambia l’esperienza della comunicazione in Rete?

Innanzitutto, cambia il senso della nostra posizione nella comunicazione. Eravamo abituati a pensarci come pubblico, consumatori, cittadini, quindi oggetto di comunicazione e oggi ne siamo diventati soggetti che la producono, la rielaborano, la condividono. Cambia l’esperienza stessa della comunicazione nella quale gli individui “giocano” con le forme di “auto-rappresentazione”, nel loro essere nel mondo, aperto all’orizzonte di possibilità del sé. Tale esperienza mostra la capacità di riappropriarsi delle forme mediali di rappresentazione della propria esperienza senza delegare ai prodotti culturali di massa. A questa riappropriazione corrisponde una crescita di riflessività mediale che, da una parte, ha a che fare con il rapporto fra sé e le proprie produzioni comunicative e, dall’altra, fra sé e l’ambiente mediale che si abita. Tutte le micro produzioni narrative che avevano una dimora domestica nei diari, negli album di famiglia, nei post-it lasciati sul frigorifero, vengono riversate come un flusso intrecciato nei siti di social network. Milioni di post condivisi online mostrano frammenti di vita, spazi di vissuto quotidiano dei quali ci siamo riappropriati e contemporaneamente diventano accessibili, visibili. E in questa condivisione del privato siamo esposti ad uno sguardo pubblico che non sempre percepiamo in maniera corretta.

Quali implicazioni comporta nei vari contesti sociali?

L’avvento contemporaneo di una cultura pubblica connessa mostra come le forme di produzione culturale individuale hanno la possibilità di uscire da una condizione di marginalità per ridiventare  un linguaggio pubblico, che partendo dal basso, può stimolare, convergere o divergere con i linguaggi di massa. Si tratta di una mutazione di fondo in atto nella relazione tra produzione e consumo che si può sintetizzare con il termine “cultura convergente”. Oggi le audience/consumatori più o meno passivi diventano protagonisti nel produrre e dare senso entrando in conversazione con gli ambiti istituzionali e mainstream attraverso forme inedite. Inoltre, cambiano i linguaggi di costruzione e di fruizione di contenuti narrativi che diventano piattaforme di senso trans mediali. I pubblici connessi diventano soggetto di comunicazione e non più oggetto, in grado di partecipare a processi co-creativi attraverso forme di riappropriazione sempre più profonde.

Qual è la vera novità nell’ottica del consumo e della produzione?

La vera novità è rappresentata da una duplice prospettiva: la realtà dei consumatori connessi è sempre più evidente e il fatto che non si tratta solo di rielaborare contenuti pre-esistenti, ma di vere e proprie produzioni sul lato dei consumatori, dal “basso”, grassroots, che ruotano attorno a progetti autonomi ma anche a tutte quelle forme che si producono tra blog e siti di social network. Il cambiamento è percepibile anche dall’importanza che stanno assumendo le conversazioni in Rete nell’orientare il mondo dei consumi ed anche dalle nuove forme di intermediazione collaborativa tra professionisti ed amatori che mostrano nuove e complesse relazioni di collaborazione e di co-dipendenza ma che crea un contesto di sfruttamento delle intelligenze creative connesse. Crescono quelle attività di produzione che vengono attivate da pubblici produttivi, dando vita a forme simboliche di tipo free e open source attorno alla progettazione e alla produzione di contenuti digitali. Siamo sempre più consapevoli di fare della nostra esperienza un’occasione di comunicazione in pubblico con la possibilità che le nostre conversazioni si raccordino a quelle degli altri. Sono le diverse forme che scegliamo nel nostro stare connessi a potere garantire una relazione “consistente” tra l’online e l’offline.

[Credits immagine: mediamondo.wordpress.com]

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