La rivoluzione di Enel ignora la politica

Che il mercato dell’energia stia cambiando è un fatto. È sufficiente, infatti, vedere l’ultimo rapporto di Eurobserver sulle rinnovabili per verificare il fatto che, a partire da queste fonti, la mutazione è in atto. Tra il 2013 e il 2014, la percentuale di rinnovabili nella produzione elettrica in Europa è passata dal 26,1% al 28,1 […]

Che il mercato dell’energia stia cambiando è un fatto. È sufficiente, infatti, vedere l’ultimo rapporto di Eurobserver sulle rinnovabili per verificare il fatto che, a partire da queste fonti, la mutazione è in atto.

Tra il 2013 e il 2014, la percentuale di rinnovabili nella produzione elettrica in Europa è passata dal 26,1% al 28,1 con punte come l’Austria e il Portogallo che sono arrivati rispettivamente al 66,2% e al 58,6%. Si tratta di un trend che ha effetti anche sociali visto che, sempre da Eurobserver, si registrano nel settore delle rinnovabili 1,1 milioni di addetti stabili, tra diretti e indiretti, anche se con alcune oscillazioni tra le varie fonti che dipendono dalle politiche dei singoli stati.
Questo è il primo scenario che compone il puzzle del mercato elettrico.

Il secondo è rappresentato dall’efficienza energetica che ha portato a una diminuzione dei consumi dell’elettricità, al netto della crisi, mentre negli ultimi anni i prezzi dell’energia elettrica, depurati dagli oneri di sistema – ossia della parte fissa che non rappresenta il valore industriale della produzione energetica – è calato e non di poco. Insomma produrre elettricità non è più un grande affare e a tutto ciò dobbiamo aggiungere il fatto che rinnovabili come il fotovoltaico, con costi marginali zero e priorità di dispacciamento – ossia che entrano in rete prima delle altre – stanno abbassando ancora di più i prezzi sul mercato elettrico.
A questa situazione di mercato, minacciata ulteriormente dall’autoconsumo di fonti rinnovabili, le aziende energetiche reagiscono come possono.

Il gigante E On ha venduto tutti gli asset produttivi ed è letteralmente fuggito dall’Italia, le multiutilities subiscono crisi d’introiti su tutti i fronti, mentre Sorgenia, che aveva accumulato ben 2 miliardi di debiti, è stata “salvata” lo scorso anno dalle banche. È un sistema appesantito da una massa d’impianti, quelli a ciclo combinato, realizzati negli anni 2000 ossia nuovi, utilizzati al 20% della soglia di break even perché messi alle strette dalle rinnovabili. E non sono pochi questi impianti a ciclo combinato che lavorano 1.000 ore l’anno contro le 5.000 richieste per essere redditizi: 21 GWe, un sesto della potenza disponibile in Italia.
Ma in questa Caporetto elettrica qualcuno con le idee chiare c’è: Enel. L’azienda che solo cinque anni fa voleva reintrodurre il nucleare in Italia, cosa che l’avrebbe mandata in default visto che i quattro reattori francesi Epr sarebbero costati 56 miliardi di euro d’oggi e sarebbero entrati in funzione nel 2021, oggi ha cambiato pelle in maniera radicale ed evidente.

Regina Margherita Valley

Passando per viale Regina Margherita a Roma, infatti, sotto la sede nazionale Enel ci si potrebbe imbattere nell’attuale amministratore delegato Francesco Starace che arriva alla guida della propria Tesla (auto assolutamente elettrica) e l’allaccia alla colonnina di ricarica. Già questo segnale, in puro stile californiano, potrebbe essere significativo, ma è solo l’antipasto di ciò che Starace pensa del futuro di Enel e del mercato elettrico.

Già, perche di fronte alla crisi della generazione termoelettrica e alla diminuzione dei consumi elettrici causati dall’efficienza – un led consuma il 90% in meno delle lampade a incandescenza, mentre i frigoriferi hanno diminuito i consumi del 60% in venti anni – la soluzione per Enel è semplice: aggredire un altro mercato, usando l’innovazione.

Tradotto in altre parole, Enel entra direttamente sul mercato della mobilità dell’auto elettrica. Lo fa installando nei prossimi due anni 20 mila colonnine di ricarica elettrica in Italia: oggi, per dare un’idea, sono 1.500.
Un mercato promettente, gigantesco ma oggi inesistente, visto che le auto elettriche sono 3.000 contro un parco autoveicoli alimentato a combustibili fossili di 37 milioni di auto. «L’intervento delle colonnine serve a ribaltare la percezione delle persone circa le difficoltà di ricarica dell’auto elettrica che è uno dei principali ostacoli alla sua diffusione», ci dice Starace.
Così, se le cose andranno nella direzione immaginata dall’AD di Enel ecco che si realizzerà la prima grande invasione di campo del settore, fin qui ingessato, dell’energia.

A rimetterci, nel medio periodo, saranno le aziende che continuano a investire sulle fossili.
Eni in testa.
Gli obbiettivi di Enel sono ambiziosi: nel 2050 il 100% di elettricità da fonti rinnovabili. E la road map per fare ciò Starace l’ha già iniziata visto che Enel ha già chiuso 23 impianti obsoleti a fossili per 13GWe continuerà chiudendone uno all’anno, fino ad arrivare al 100% da rinnovabili.

Servizi&Elettroni

Potrebbe bastare già così, invece Enel ha anche altri obiettivi. Con i prezzi dell’energia in via di riduzione e l’aumento dell’autoconsumo da rinnovabili, la vendita dei soli elettroni potrebbe non essere sufficiente e allora l’azienda sta cambiando paradigma passando dal kWh a tutto ciò che vi ruota attorno, ossia i servizi energetici, per la gestione dell’energia. Per capirci è come se il settore dell’auto passasse dalla vendita dell’oggetto auto ai business della gestione come la manutenzione e, magari, anche la gestione degli itinerari.

È in questa prospettiva che si deve leggere l’interesse di Enel per il digitale che si è concretizzato nella firma di un accordo con Vodafone e Wind per la realizzazione di una rete dati in fibra che servirà entro 3 anni 224 città italiane, per 32 milioni di abitanti, con un investimento da parte di Enel di 2,5 miliardi di euro. È chiaro, quindi, che a Enel non bastano i 30 milioni di contatori elettronici che fanno della rete italiana una delle più avanzate del pianeta. Ed è ovvio.

Le smart cities e l’internet of things, apparecchi affamanti d’elettricità compresi, avranno bisogno di dati per funzionare, per dialogare tra di loro e per gestire gli elettroni in maniera intelligente. E di sicuro possedere l’infrastruttura di transito dei dati sarà un vantaggio per chi vuole offrire anche servizi.

Modello in bilico

Si direbbe un modello di business aperto al futuro e un’ulteriore conferma arriva dalla riorganizzazione interna di Enel. Un esempio per tutti, il caso di Ernesto Ciorra, uno dei maggiori innovatori italiani, che è diventato direttore del Dipartimento innovazione e sostenibilità che sono due tematiche, e non sembra un caso, unite tra loro. Però tutto questo attivismo sulle rinnovabili deve aver infastidito qualcuno sia dentro che fuori Enel.
Una fonte riservata, infatti, ci ha detto che tra il 2015 e il 2016 erano parecchi a voler far “saltare” Starace da Enel.

La goccia, anzi le gocce che hanno fatto traboccare il vaso, sarebbero state le sue dichiarazioni sul capacity market definito “un’aspirina” (si tratta degli incentivi salva cicli combinati che premiano la capacità di produzione), le critiche ai cicli combinati, l’ingresso di AssoRinnovabili (associazione con oltre 1.000 iscritti tutti attivi nelle rinnovabili) in Assoelettrica e la dichiarazione che Enel non investirà più in impianti che abbiano un periodo di realizzazione superiore ai tre anni (e sono solo le rinnovabili ad avere questi tempi di realizzazione).

Insomma un panorama che traccia più l’ingresso di Enel in Enel Green Power che viceversa, come invece è stato dichiarato. Senza contare i sommovimenti interni per rimuovere dai posti chiave i “fossilisti” ancora all’interno. Ma Starace è stato abile e ha accettato, secondo la nostra fonte, una serie di compromessi che gli hanno permesso di parare i colpi, anche quelli provenienti dall’area di Governo con la quale è forse tornato il sereno visto che Matteo Renzi è andato a inaugurare l’impianto a rinnovabili di Enel di Stillwater nel deserto del Nevada.

Inaugurazione che è stata successiva alla festa di presentazione del nuovo logo di Enel al MAXXI di Roma dove spiccava in maniera netta l’assenza pressochè totale della politica. E se sia Enel che ignora la politica o la politica che ignora Enel non è dato sapere per ora. Di sicuro, oggi, Enel e l’esecutivo guidato da Matteo Renzi stanno su due rotte diverse.
Starace dismette le fossili che per Renzi sono da sfruttare finchè le abbiamo. Nei prossimi anni potremmo assistere a una dialettica aspra e netta tra politica e grande impresa. Uno scenario inedito. Non solo per l’Italia.

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