L’interesse strategico dello sfruttamento di idrocarburi in Italia

Accise al distributore come bancomat di emergenza per uno Stato in perenne crisi fiscale, mentre le grandi compagnie di petrolio stanno avviando nuove ricerche di giacimenti a livello nazionale, come consentito dalle norme dello Sblocca Italia, varato dal governo Renzi che definiscono di “interesse strategico” lo sfruttamento degli idrocarburi. È questo il quadro complessivo intorno […]

Accise al distributore come bancomat di emergenza per uno Stato in perenne crisi fiscale, mentre le grandi compagnie di petrolio stanno avviando nuove ricerche di giacimenti a livello nazionale, come consentito dalle norme dello Sblocca Italia, varato dal governo Renzi che definiscono di “interesse strategico” lo sfruttamento degli idrocarburi. È questo il quadro complessivo intorno al quale si muovono le lobby, i grandi gruppi di interesse del mercato dei carburanti. A farne le spese gli italiani, che pagano un litro di carburante circa ventidue centesimi di più della media dei 28 paesi dell’Unione Europea. Quando il prezzo del petrolio scende, in Italia il prezzo dei carburanti ai distributori diminuisce con ribassi più lenti, rispetto alle dinamiche di discesa del costo del barile, salendo più velocemente nel caso di rialzi.

Dall’indagine conoscitiva dell’Antitrust emergono le prime contromisure a questo caro-carburanti: la rete di distribuzione è controllata da sette maggiori compagnie petrolifere, con una quota di mercato dell’88 per cento, mentre i prezzi più bassi li praticano le pompe della grande distribuzione organizzata, che però sono meno del 2 per cento del totale, con differenze medie di prezzo di 7 centesimi di euro, tra i distributori “griffati” e quelli senza marchio. “In una settimana, il greggio Brent è diminuito, con un cambio euro/dollaro in ripresa, e si attesta ora su 56 euro/barile rispetto ai 58 di venerdì scorso – spiega Maurizio Micheli presidente di Figisc Confcommercio, nell’ultimo bollettino Meteo Carburanti – rispetto alla dinamica dei prodotti sulla piazza internazionale del Mediterraneo, i prezzi alla pompa in Italia da venerdì 12 giugno sono aumentati per la benzina di +0,8 cent/litro e sono scesi per il gasolio di -0,2 cent/litro”. Una “doppia velocità” esperienza comune per qualsiasi automobilista, più volte l’autorità Antitrust ha voluto vederci chiaro.

A livello industriale è evidente la discesa dei costi del petrolio. Secondo le rilevazioni del Ministero dello Sviluppo Economico, il costo medio industriale al litro della benzina è sceso da 0,689 centesimi di euro (-41 cent il costo medio in Ue) del 6 gennaio 2014, ai 0,596 del primo giugno 2015 (-16 cent costo medio Ue). Per il gasolio il costo industriale in Italia il 6 gennaio 2014 era di 0,741 centesimi (-27 cent il costo medio europeo), mentre al primo giugno 2015 era di 0,599 (-8 cent il costo Ue). Prezzo minimo nel gennaio di quest’anno quando il diesel ha toccato il costo medio di 0,551 centesimi di euro al litro, la benzina 0,506 centesimi. La diminuzione dei prezzi comporta minori entrate Iva per lo Stato, in un periodo critico per i conti pubblici. Per questo a fronte del costo del petrolio, costantemente in calo dal 2009, in Italia i prezzi continueranno a salire. A dirlo Alessandro Gilotti, presidente dell’Unione Petrolifera, qualche giorno fa agli organi di stampa: “Consideriamo, che tra Iva e coperture varie, sono già programmati aumenti fino al 2021 per 3 miliardi, pari a circa 12-14 cent al litro”, ha spiegato, “i prezzi della benzina in Italia sono ormai al livello europeo, a differenza della struttura della rete carburanti”. A conferma di quanto previsto da Gilotti, le clausole di salvaguardia della legge di stabilità per il 2015 prevedono, tra il 2016 ed il 2018, un possibile aumento dell’Iva fino a 3,5 punti percentuali, al 25,5 per cento, mentre per le accise sui carburanti dal 2018 si prevedono aumenti con “maggiori entrate nette non inferiori a 700 milioni di euro per l’anno 2018 e ciascuno degli anni successivi”.

Nella lettera di validazione dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio, sulle previsioni tendenziali trasmesse a marzo dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, si specifica che secondo il Governo tra il 2015 ed il 2019 il prezzo del petrolio si manterrà intorno ai 57 dollari, con un tasso di cambio dollaro/euro stabile a 1,07/1,08: “l’ipotesi di stabilità del prezzo del petrolio sui livelli attuali ha notevoli margini di incertezza, considerate soprattutto le tensioni geopolitiche, che coinvolgono molti dei paesi produttori”. Il settore della distribuzione dei carburanti, secondo i dati dell’Antitrust, fa capo alle grandi compagnie per l’88,7 per cento, al 9,8 per cento agli indipendenti, il resto sono i distributori della grande distribuzione organizzata. Tra le compagnie Eni ed Api hanno il 20 per cento; Kuwait, Totalerg ed Esso un altro 15 per cento, Shell e Tamoil tra il 5 ed il 10 per cento, il resto quattro piccole reti all’1 per cento. A fare la parte del leone nelle vendite medie per impianto sono proprio questi ultimi, con un erogato medio per impianto di 7,2 milioni di litri per la gdo, 1,6 per i distributori indipendenti ed 1,4 per quelli delle compagnie petrolifere. Secondo le rilevazioni dell’indagine Agcm la Gdo praticava prezzi “da 9 a 13 centesimi di euro più bassi degli impianti colorati e da 1,5 a 5 centesimi di euro più bassi degli impianti “bianchi”. I prezzi più bassi al Nord, i più alti al Sud, a livello intermedio il Centro.

Quattro anni dopo, poco è cambiato per le quote di mercato. Sul fronte prezzi la benzina costa in media 7,6 centesimi di euro in più ai distributori delle compagnie rispetto a quelle bianche senza marchio, il gasolio 7,7 cent, con differenze che per il prezzo “servito” lievitano rispettivamente a 21 e 17 centesimi di euro. Attualmente il prezzo industriale incide soltanto per il 37% sulla benzina e per il 40 per cento sul gasolio, il resto è il carico fiscale, che comprende le accise e l’Iva (29 cent per la benzina, 26 per il gasolio), mentre tolto il costo della materia prima su cui incidono quotazioni internazionali e cambio, il margine lordo per gli operatori è di 0,117 centesimi di euro per la benzina (pari al 7 per cento del prezzo) e 0,137 centesimi al litro per il gasolio (pari al 9 per cento del prezzo). Un conto salato per le tasche di imprese, enti e privati, che si ripercuote direttamente sulla competitività economica e la possibilità di spesa delle famiglie.

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