Nemo profeta in patria, nemmeno coi superpoteri dei cartoon

Lui è il giornalista cineoperatore che con Biagi intervistò per ultimo Sindona la notte prima che morisse. È anche il giornalista italiano che il 29 maggio dell’85 fu mandato su due piedi dalla Rai di Milano all’Heysel in aerotaxi non appena venne giù lo stadio, sue le prime immagini che tutti abbiamo ancora in mente. Nel […]

Lui è il giornalista cineoperatore che con Biagi intervistò per ultimo Sindona la notte prima che morisse. È anche il giornalista italiano che il 29 maggio dell’85 fu mandato su due piedi dalla Rai di Milano all’Heysel in aerotaxi non appena venne giù lo stadio, sue le prime immagini che tutti abbiamo ancora in mente. Nel 1997 vince a Vienna il “Grand Prix for the best tourist film” con un documentario sulle Grotte di Frasassi, unico italiano ad eguagliare Zeffirelli. Gli occhi non gli sono mai mancati ma occhi che sanno annusare prima ancora che vedere perché altrimenti, da giornalista, rischi solo di imitarla la realtà.

Gabrio Marinelli è nato alla metà di tutto, il 16 giugno del ’50: in mezzo al secolo, in mezzo all’anno, in mezzo al mese.

Nel 1988 lascia con convinzione Milano, posto fisso e tv pubblica; torna nelle Marche e apre una società di produzione video per documentari industriali, pubblicità e contenuti multimediali rimettendosi a cercare la fiamma giusta e a tenere acceso mestiere e fantasia. Con Star Key, una storia che ruota attorno a 16 frammenti perduti e che rimette al centro di un cartone superpoteri del tutto umani (telepatia, capacità di dialogare con la la natura, istinto, autostima), ora siamo finalmente alla prova del nove perché da dieci anni produce cartoni animati e non soltanto perché al mondo lui ci ha messo sette figli. Il cartone coprodotto dalla Rai e trasmesso su Gulp dal 15 gennaio scorso per 36 episodi in un’anomala fascia notturna, è stato unanimemente definito dalla critica internazionale il primo euromanga ma lui del profeta in patria continua a non avere la minima sembianza.

Come si salta da una carriera solida nella tv pubblica al mondo immaginario dei bambini?

La mia vita coi cartoni animati inizia parecchio indietro, dopo aver lavorato per circa vent’anni nel campo dell’informazione giornalistica Rai. Volevo aprire una mia azienda per dire e fare cose che lì non era più possibile fare. Il giornalismo di approfondimento gradualmente iniziò a venir meno. Forse non c’erano più risorse – parlo della metà degli anni ’90 – però una televisione pubblica che usufruisce  di canone e pubblicità probabilmente investiva quel denaro pubblico su progetti diversi rispetto ai telegiornali e al giornalismo di inchiesta. Nel 2005, dopo aver a lungo collaborato con la Rainbow nelle serie animate di Tommy e Oscar, Monster Allergy e Winx curando per loro tutta la fase di montaggio, post produzione e masterizzazione, vedendo che iniziava nel mondo la crisi del manifatturiero e quindi la conseguente crisi del documentario industriale decisi di dare una sferzata. Creai così la Gama Movie Animation realizzando un cartone prescolare che si chiamava Arca Team.

Che Rai c’era a quel tempo?

Era l’unica emittente che produceva cartoni animati. Anche Mediaset metteva e mette in onda cartoni ma soltanto affittandoli, tranne qualche sporadico caso come Prezzemolo.

La scintilla da qualche parte sarà pur nata.

Dopo aver lavorato una vita per manager e industriali, ho avuto il bisogno di far parlare il mondo dei bambini. Da un lato quindi l’esperienza acquisita nel mondo del cartone e dall’altro la voglia di tradurre linguaggi meno artificiosi; complice fu poi quella casualità così fortemente voluta ma non programmata. Mettemmo in piedi la squadra di Arca Team, un cartone che oggi stiamo recuperando per passarlo ad altre emittenti televisive rispetto alla Rai. Allora il target previsto era 4-8 anni, oggi improponibile perché il mondo televisivo e del cartone sono completamente cambiati. Adesso i bambini di quella fascia sono capaci di andarsi a cercare da soli nel computer il cartone o l’episodio che vogliono vedere, usano tablet e strumenti che ne facilitano l’accesso. Oggi il cartone è previsto per bambini più piccoli e quindi siamo passati per Arca Team al target di Peppa Pig: per capirci 2-6 anni, un messaggio semplice e la presenza di figure di riferimento come può essere la famiglia in cui identificarsi. Abbiamo chiuso proprio in questi giorni una puntata pilota del nuovo Arca Team: non più 26 minuti per 26 episodi – format standard – ma 5 minuti per 52 o 104 episodi, più breve perché il bambino piccolo ha una soglia di attenzione minore e al tempo stesso il cartone trova anche un inserimento più semplice durante la programmazione delle reti televisive.

Come si vende un cartone all’estero e dove?

Quando immaginiamo un prodotto, immaginiamo di venderlo in tutto il mondo. Dato che abbiamo ora trovato il distributore americano di Star Key, gli stiamo proponendo questa nuova property sia nel canale Europa che in quello mondo.

Entriamo un po’ nel vivo della cultura manga di Star Key.

La parola manga adesso viene usata indistintamente per tutto ma in realtà il termine nasce e appartiene al fumetto, quando lo trasponiamo nell’animazione dovremmo invece dire anime. Tecnicamente Star Key e Arca team sono simili perché basati sul tradizionale 2D però il tratto artistico, il design, è per il primo, appunto, il cosiddetto manga e per l’altro, invece, molto disneyano.

Da un lato il riconoscimento internazionale di una primogenitura dell’euromanga e dall’altro una Rai che, in modo discutibile, programma in fascia notturna un cartone per bambini dai 6 ai 9 anni. Dubbi ne vengono.

L’emittente è contrattualmente libera di decidere quale uso fare del prodotto ma a quell’ora i bambini dormono o per lo meno dovrebbero. Per quanto la Rai sia libera di fare una sperimentazione con il nostro cartone, certo l’orario delle 23.35 e delle 0.05 mi fa pensare che non sia un buon modo per investire 1.380.000 euro di denaro pubblico.

Dopo due mesi dalla messa in onda della serie, nonostante glieli abbiamo più volte chiesti per capire se abbiano intenzione di metterlo regolarmente in programmazione dopo la sperimentazione – come del resto fa per tutte le nuove serie (tre volte al giorno: mattina pomeriggio e sera) – non ci hanno ancora fornito i dati di ascolto né dato alcun riscontro. Certo che con una prima visione la sperimentazione non risulta più di tanto attendibile, la giusta modalità sarebbe stata quella contraria: programmare in prima visione il cartone in fasce diurne e poi spingersi nel serale per misurare ancora meglio l’interesse.

“Fabriano città della carta e del cartone” è un altro tuo prodotto creativo che però la politica e le imprese della tua regione non hanno mai appoggiato attivamente. La paternità di un’intuizione che in più di un’occasione hanno tra l’altro provato a sottrarti.

Non mi sono ancora arreso perché dieci anni fa, proprio mentre il distretto del bianco iniziava a cedere, mi sono detto “chissà quanti artisti avranno messo il loro segno su un A4 firmato Fabriano”. ll progetto non era ancora un vero e proprio format ma l’idea di rendere le Marche e Fabriano un polo internazionale dell’animazione con tanto di Accademia di formazione era ben definita. Le idee sono nell’aria e io formalmente non ho mai registrato nulla ma di sicuro c’è la lettera che scrissi al Comune nel 2009 quando arrivai a Fabriano chiamato espressamente dalla città. In quel periodo stavo cercando uno studio a Jesi, dove vivevo, ma fui esortato chiaramente a farlo là. La crisi del distretto era già in atto, la Antonio Merloni aveva già chiuso.

Ho riunito disegnatori spagnoli, portoghesi e nord coreani. Mi sono voluto allargare sempre alla conoscenza e fare in modo che chi lavorava con me potesse misurarsi col resto del mondo aldilà dell’apprendere la dimestichezza di un tratto grafico.

Chi ti ha sostenuto?

La prudenza da parte di imprese e istituzioni era comprensibile perché stavo proponendo un primo passo verso una trasformazione culturale d’impresa dopo decenni di industria monocorde che ora purtroppo è finita in mano a delocalizzazioni e stranieri. Non so dire se fu solo paura da parte loro. Un noto imprenditore fabrianese mi sostenne fin dal primo momento in veste di coproduttore proponendomi lui stesso di entrare in quota nel progetto per poi abbandonarmi nella fase esecutiva più delicata. Sono infiniti i livelli di resistenza da abbattere quando si sceglie di cambiare passo.

Troppi fuochi incrociati in una sola città dove da sempre convivono poteri forti.

Nonostante avessero a disposizione una carta nuova da giocare anche per rivalutare immagine ed economia di un territorio, gli stessi Merloni – escluso l’Ingegner Francesco – non colsero mai l’opportunità di un confronto costruttivo. Stessa cosa mi sento di dirla per la politica locale.

Una Concita De Gregorio molto incisiva ha di recente tratteggiato con te, nel programma Fuori Roma, la Fabriano di oggi. Qualcosa da aggiungere?

Ormai Fabriano è una seconda America. Whirlpool è in mano agli americani, gli americani hanno comprato la cartiera dei Fedrigoni e anche altre aziende. Dovevano arrivare i cinesi e sono arrivati loro e tra i due non so davvero chi sia più straniero ormai. È tempo di smetterla di dire che i cinesi vengono in Occidente a spremere e sfruttare quando in realtà gli americani lo fanno da sempre e li applaudiamo tutti senza batter ciglio. Il mondo è cambiato, è tempo di guardarlo in faccia.

Cosa ha impedito a Rainbow e Gama Movie Animation di diventare un polo internazionale del cartone? Non può essere solo paura della concorrenza.

Io sono una pulce rispetto a Rainbow e alla enorme esperienza di Straffi, che tra l’altro a breve sarà la quarta società marchigiana quotata in borsa. Credo di non potergli fare alcun tipo di concorrenza ed è per questo che la domanda non trova ancora buone risposte. È come se Marchionne facesse di tutto per impedire a un piccolo imprenditore che produce microcar per minorenni di aprire uno stabilimento a Torino: come può aver paura che gli rubi mercato? Non è così che cresce l’economia e la cultura manageriale di questa nostra Italia. Resto fermo sulla mia idea e infatti sto per chiudere un accordo internazionale con una delle società straniere di animazione più importanti al mondo; pur passando sotto le forche caudine, anche senza il sostegno dell’economia e della politica voglio onorare il sogno per una comunità intera. Altrimenti il sogno di un singolo non va da nessuna parte.

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