Dite ai genitori che loro figlio non sarà mai Ronaldo

Cambiano i tempi, mutano le prospettive ma, soprattutto, crescono le aspettative. Un processo ineludibile che fatalmente ha coinvolto anche il mondo dello sport e quello del calcio in particolare. L’enorme volume economico generato dal movimento professionistico, a livello nazionale e internazionale, ha finito col modificare il modo di approcciarsi ad uno sport che ha smarrito gran […]

Cambiano i tempi, mutano le prospettive ma, soprattutto, crescono le aspettative. Un processo ineludibile che fatalmente ha coinvolto anche il mondo dello sport e quello del calcio in particolare.

L’enorme volume economico generato dal movimento professionistico, a livello nazionale e internazionale, ha finito col modificare il modo di approcciarsi ad uno sport che ha smarrito gran parte della propria funzione ludica. Il calcio viene visto non più soltanto come un gioco o come una semplice attività fisica ma, nella considerazione generale, appare come l’opportunità da sfruttare per imprimere una svolta decisa alla vita futura dei propri figli.

Una logica in cui si inquadra il fenomeno in costante aumento delle scuole calcio, alle quali si rivolgono le famiglie per avviare gli aspiranti campioni al “gioco più bello del mondo”.

In Italia le scuole calcio sono migliaia.
L’ultimo censimento, di un paio di anni fa, quantifica un numero di oltre 7000, con rette annuali variabili tra i 350 e i 900 euro.
Annualmente le iscrizioni che si registrano su tutto il territorio nazionale sono oltre 300mila.

I corsi si articolano attraverso una formazione di base che progressivamente indirizza i ragazzi verso una specializzazione nei singoli ruoli.

Nel 70% dei centri riconosciuti dalla Federcalcio si svolge una preparazione propedeutica all’attività pre-agonistica. Nel restante 30% il livello sale di pari passo con l’organizzazione delle strutture che si avvalgono di istruttori specializzati, medici sportivi e, in taluni casi, anche di psicologi dello sport ai quali spetta il compito di supportare ragazzi, genitori e tecnici.

Per acquisire la qualifica di “Istruttore giovani calciatori” riconosciuto dall’UEFA, occorre frequentare un corso a pagamento di 124 ore, più 20 di tirocinio sul campo, presso le sedi territoriali del settore tecnico della Figc. Il programma didattico comprende una serie di materie che vanno dall’insegnamento della tecnica e tattica calcistica, alla metodologia dell’allenamento, dalla psicopedagogia alla medicina sportiva e al regolamento di gioco.

Un business evidentemente strutturato e remunerativo che si basa sulla crescente necessità di assecondare i sogni di migliaia di aspiranti Messi, destinati in larghissima parte a fare i conti con un talento che non c’è e con un ritorno alla realtà in molti casi traumatico.

Già solo nella capitale non si contano le strutture allestite per accogliere migliaia di calciatori in erba.
La Roma e la Lazio, com’ è ovvio che sia, dispongono di strutture di alto livello professionale e logistico, con tecnici e responsabili propri. Le altre società si affidano all’ esperienza e al carisma di ex giocatori con un passato importante a livello professionale, ai quali affidare il compito di organizzare e strutturare i corsi.

Ezio Sella, trascorsi eccellenti come giocatore in serie A e B e una carriera da allenatore professionista tutt’ora in corso al fianco di Alberto Malesani, ricopre il ruolo di Direttore Tecnico dell’ASD Alitalia Calcio.
Il suo impegno principale è quello di scegliere gli istruttori ai quali affidare gli allievi della scuola e coordinarne l’attività con scrupolosa attenzione.

“È assolutamente importante – ci spiega Sella – scegliere le persone giuste in grado di svolgere una delicatissima attività didattica che non riguarda soltanto l’aspetto puramente calcistico. Il compito dell’istruttore è prima di tutto quello di trasmettere ai ragazzi il rispetto delle regole, insegnare loro le norme comportamentali all’interno di un contesto collettivo e poi occuparsi della parte tecnica. Sono questi i presupposti necessari per esercitare un’attività che i nostri collaboratori svolgono per pura passione.
I loro compensi sono esigui e rappresentano un semplice rimborso spese”.

Quanti sono gli iscritti nel corso di una stagione?
“Tra i 200 e i 250. Le nostre rette non sono proibitive e poi c’è l’onere della gestione degli impianti e delle attrezzature tecniche”.

A quale età è possibile iscrivere i propri figli ad una scuola calcio?
“Si parte dai sei anni con la categoria pulcini, fino ai tredici e quattordici con le squadre esordienti e giovanissimi che disputano un vero e proprio campionato”.

Quanto è complicato gestire la componente genitoriale?
Le attese di molti genitori vanno di pari passo con la convinzione, spesso infondata, di avere messo al mondo un nuovo Cristiano Ronaldo o di aver generato l’erede naturale di Francesco Totti. In questi casi com’è possibile ricondurre tutto sui giusti binari?

“Non è semplice! Il calcio con i suoi guadagni spropositati, il clamore mediatico che suscita entrando 24 ore su 24 nelle case degli italiani, è visto come la chance da sfruttare per dare una svolta alla propria vita.
Molti padri proiettano sui figli la realizzazione dei loro sogni giovanili, perdendo il contatto con la realtà.
Questo non è positivo per il ragazzo che inevitabilmente avverte il carico di aspettative eccessive, perdendo il senso ludico di un gioco che dovrebbe costituire principalmente un divertimento.
Il nostro compito è quello di non alimentare illusioni che potrebbero risultare dannose nella crescita e nella formazione di un ragazzo”.

I numeri dicono che su quattro o cinquemila aspiranti calciatori soltanto uno ha concrete possibilità di arrivare in serie A.

“È un dato eloquente che dimostra quanto sia complicato approdare al professionismo. Un concetto apparentemente elementare che tuttavia in molti casi risulta difficile far comprendere alle famiglie.
Il nostro lavoro ci porta inevitabilmente ad affrontare qualche scontro ma, lungi dal volersi sostituire ai genitori, è necessario per quanto possibile proteggere i ragazzi dal rischio di infatuazioni assolutamente immotivate“.

 

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