Il call center in carcere per Vigevano è un ulteriore passo verso il miglioramento delle condizioni – anche di lavoro – per un istituto che in passato ha avuto diverse difficoltà.
«Ho avuto la fortuna – dice Rosalia Marino, direttrice della casa di reclusione di Vigevano – di arrivare in un istituto nel quale ho trovato persone che avevano voglia di mettersi in gioco. Siamo riusciti così a iniziare a fare qualcosa per restituire all’uomo dignità, e soprattutto un impegno morale.»
La scintilla è scattata grazie all’opera del carcere di Bollate. Questa iniziativa origina dall’esperienza di Pino Cantatore, un passato da carcerato e un presente a capo della Cooperativa Bee 4, che è una vera e propria impresa.
«La cooperativa è nata oltre dieci anni fa a San Vittore, dove stavo scontando una pena. – racconta Cantatore – ma il nostro obiettivo è stato fin dall’inizio intercettare i bisogni delle aziende. Abbiamo voluto lavorare sempre come un’impresa vera e propria». Nella stessa impresa convivono quindi il lato sociale e quello economico, così come nei detenuti, alcuni dei quali hanno trovato un lavoro per la prima volta a quarant’anni.
«Il desiderio non è però solo di reinserirsi nel tessuto sociale, ma anche di dare una mano ai propri famigliari e di contribuire a pagare il debito con lo Stato che ogni detenuto matura. Per molti di loro non è nemmeno il primo lavoro in carcere, ma la volontà di essere impiegati un call center è anche quella di andare oltre i soliti impieghi come spesino o netturbino nella prigione, per imparare una professione spendibile anche all’esterno.»
Oggi il call center funziona alla perfezione, e il gruppo dei detenuti, che ha un’età variabile, ha creato un vero e proprio team di lavoro che ogni giorno risponde al telefono, con tanto di postazioni abilitate, e interagisce con i clienti di quattro grandi aziende, badando ai dubbi, alle domande e alle richieste che arrivano a ciclo continuo.
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Photo credits: bee4.org