
Socrate in azienda: l’umanista sul lavoro sarà un personaggio forse imprescindibile. Ne parliamo con Ivano Dionigi, ex rettore dell’Università di Bologna.
Sono sempre stato refrattario alle regole. Soprattutto quando mi venivano imposte da quella che al momento dell’imposizione era l’autorità costituita. Mia madre, la mia maestra, i miei professori e così via. Lo sono anche oggi ma mi trovo, mio malgrado, dalla parte sbagliata della rivoluzione: dalla parte di chi deve decidere per gli altri. In […]
Sono sempre stato refrattario alle regole.
Soprattutto quando mi venivano imposte da quella che al momento dell’imposizione era l’autorità costituita.
Mia madre, la mia maestra, i miei professori e così via.
Lo sono anche oggi ma mi trovo, mio malgrado, dalla parte sbagliata della rivoluzione: dalla parte di chi deve decidere per gli altri.
In questi anni da imprenditore e “formatore per sbaglio” ho imparato alcune cose.
Gli alberghi (di questo io mi occupo) che ho avuto il piacere di frequentare e che avevano una struttura di regole più o meno complessa realizzata dall’imprenditore non funzionavano. O funzionavano male. O funzionavamo meno bene di quanto avrebbero potuto.
Le regole in azienda vengono fatte dal marketing. Il marketing è l’ascolto attivo dei bisogni dei clienti e le relative azioni da mettere in atto per veder realizzati quei bisogni.
Le regole le fa il mercato.
Se ho un B&B a due passi dalle pendici del Monte Cimone e servo la colazione a partire dalle 8 quando la metà dei clienti inizia la passeggiata alle 7,30, cosa succede?
Se non mi adeguo – cioè se non cambio le regole che ho concepito – vedrò gradualmente perdere fette sempre più consistenti di mercato. Invece se saprò ascoltare i miei clienti e avrò la capacità di adeguare il mio impianto organizzativo a questi bisogni riuscirò a mantenere le mie quote di mercato.
Se invece riesco ad anticipare quelli che saranno i bisogni della mia clientela, magari fissando la colazione all’alba e raccontando come possa essere romantico sorseggiare il caffè guardando sorgere il sole, forse riesco a guadagnare quote di mercato.
Quando un collegio di giudici mi ha messo alla guida della Zerouno Informatica, la prima cosa che ho fatto è stata quella di annullare il registro di entrata. Il registro di entrata inizialmente prevedeva una pratica di questo tipo: un incaricato arrivava dieci minuti prima degli altri e si accertava che tutto il personale segnasse l’orario di entrata. Passata l’ora di entrata, l’incaricato tracciava una riga rossa al di sotto della quale avrebbero dovuto eventualmente apporre la loro firma i ritardatari.
Dopo un po’ l’incarico è stato affidato ad uno dei soci visto che l’incaricato veniva guardato con occhi minacciosi dai suoi colleghi. Perché era una pratica sbagliata?
Per prima cosa mi avrebbe costretto ad entrare prima di tutti gli altri quando molte delle mie giornate le trascorro fuori dall’ufficio ma soprattutto mancava una visione.
Come posso imporre un orario se non ho una visione condivisa, se non ho un progetto, se non so cosa voglio diventare?
Senza progettualità (chiamatela come vi pare) non posso costruire delle regole e pretendere di vederle applicate. E’ come una legge senza la Costituzione dove questa legge prende valore e propulsione.
Ancora una volta devo citare il marketing che ha sempre sostenuto la coerenza come fondamento delle scelte che l’azienda deve compiere.
L’impianto delle regole all’interno della struttura aziendale deve essere coerente con le persone che ci lavorano. Quindi è con loro che dobbiamo fare i conti.
È con i nostri collaboratori che dobbiamo costruire le regole, poche o tante che siano non importa. Con loro dobbiamo realizzarle mettendo a fondamento la nostra progettualità e pensando sempre ai nostri clienti.
Eccole.
(Photo credits: unsplash.com/Michal-Grosicki)
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“Giuro di suonare solo le note che servono, non una di più”. “Lo giuroo”. “Giuro di non suonare durante le pause”. “Lo giuroo”. “Giuro di andare sempre a tempo, insieme alle luci verdi e rosse”. “Lo giuro, lo giuro, lo giurooo”. A imbracciare le armi della conquista l’esercito dei Mille. Non i garibaldini, consegnati ai libri […]
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