Benefit Corporation: imprese, convertitevi

#UnlockTheChange (“sblocchiamo il cambiamento”) è il claim della campagna di comunicazione lanciata dalle Benefit Corporation italiane in sede del Summit italiano 2020, che, per la prima volta in formato digitale, il 16 luglio ha chiamato a raccolta oltre millecinquecento partecipanti. L’appuntamento biennale ha segnato un momento di profonda riflessione per la comunità italiana delle 600 […]

#UnlockTheChange (“sblocchiamo il cambiamento”) è il claim della campagna di comunicazione lanciata dalle Benefit Corporation italiane in sede del Summit italiano 2020, che, per la prima volta in formato digitale, il 16 luglio ha chiamato a raccolta oltre millecinquecento partecipanti.

L’appuntamento biennale ha segnato un momento di profonda riflessione per la comunità italiana delle 600 B Corp e Società Benefit, che è stata orgogliosa di raccontarsi, ma soprattutto di rappresentare con questi numeri la punta avanzata di sperimentazione di un modello d’impresa rivoluzionario costituito oggi da oltre quindicimila aziende nel mondo.

 

Che cosa sono le Benefit Corporation?

Nella loro duplice veste di B Corp e Società Benefit, le Benefit Corporation rappresentano un fenomeno planetario che sta dando vita a una rivoluzione silenziosa ma travolgente. Avanguardia d’innovazione sociale, ibridate a mezza via tra profit e non-profit, sono aziende votate al duplice scopo di perseguire un impatto socio-ambientale positivo, oltre al profitto.

La diffusione del movimento Benefit registra oggi in tutto il mondo una crescita esplosiva, foriera di uno scatto evolutivo nel segno dello sviluppo sostenibile. Proprio come i curiosi percorsi della ricerca e dell’innovazione, che progrediscono sottotraccia per anni, finché d’un tratto non palesano risultati dirompenti e scaraventano in un anticipo di futuro chi ci ha sempre creduto e lavorato con abnegazione.

Solo negli ultimi mesi, il paradigma Benefit è riuscito a conquistare col suo fascino brand iconici quali Illy Caffè, Danone Italia e Panino Giusto, o ancora, fuori dal comparto Food, Banca Mediolanum con la spinoff Flowe, WeTransfer, e Cassa Depositi e Prestiti (CDP), che assieme a SNAM ha costituito una joint-venture società benefit, oltre alle tante richieste pending tuttora secretate.

Tanto che lo stesso ente di certificazione B Lab, paralizzato dall’inusuale arretrato da smaltire per un’impennata del +28% nel numero delle richieste di certificazione pervenute dalle aziende intenzionate a convertirsi, ha dovuto rimandare al 2021 l’edizione annuale dei “Best for the World Honoree”, i campionati mondiali delle B Corp che vedono queste imprese virtuose gareggiare non per vincere, ma per ispirarsi a vicenda quali modelli di sostenibilità per il bene del pianeta.

Lo stesso onorevole Mauro Del Barba, padre nobile e primo firmatario della legge sulle Società Benefit in Italia, ha mostrato orgoglioso nella diretta streaming del B Corp Summit 2020 la pila di domande cumulate sulla sua scrivania in attesa di dare vita a una nuova nidiata di società benefit.

 

La rivoluzione delle imprese sostenibili

Che sia alba di una rivoluzione, accelerata dal collasso dei vecchi modelli che non reggono più, oltre che un momento magico per il mondo Benefit, lo si poteva desumere da alcuni segnali inequivocabili.

Nel mese di agosto 2020 quattordici multinazionali come L’Oréal, Danone, Mastercard e Philips, che assieme cubano un fatturato globale di 100 mld di dollari e oltre 500.000 dipendenti, si sono appellate ai governi per una ricostruzione post-COVID nel segno di un’economia più inclusiva e sostenibile (la purpose-first economy), da attuarsi formalizzando l’imprenditoria sociale come quarto settore” e fulcro di riconversione del modello economico imperante.

Il 2020 è il terzo anno consecutivo che vede Larry Fink, CEO di Blackrock, il maggiore fondo d’investimenti globale, riconfigurare i suoi portafogli di titoli disinvestendo da una blacklist di aziende valutate carenti in termini di sostenibilità.

L‘Unione europea ha appena varato il nuovo corso della sua politica industriale nel segno del Green New Deal, del Regolamento sulla Tassonomia e dell’Impact Investing, cardine della finanza sostenibile.

È dunque una roadmap inarrestabile verso un’economia più sostenibile quella inaugurata con grande clamore mediatico nell’agosto 2019, con la firma di un’inedita dichiarazione programmatica a favore di un nuovo modello di business più equo, a opera della Business Roundtable, associazione che riunisce 181 tra le principali multinazionali USA.

 

La leadership culturale dell’Italia nel fenomeno delle Benefit Corporation

Storicamente, l’Italia è stato il primo Paese sovrano al mondo a dotarsi nel 2016 di una legge sulle società benefit. Un primato che trova spiegazione nell’unicità della nostra cultura del lavoro, impregnata di economia civile di stampo olivettiano, oltre che della ricca tradizione di responsabilità sociale delle PMI padronali, e della vocazione innata nella migliore imprenditoria del mondo cooperativistico e del terzo settore a prendersi cura della società e dei territori.

Attualmente le società benefit sono l’asse portante dei tavoli di lavoro del comitato tecnico attivato a livello governativo per il rilancio dell’economia post-COVID, cui sono state chiamate come nave scuola di rifondazione di un nuovo ecosistema di sostenibilità.

In Parlamento è ferma anche una proposta di riforma costituzionale che si spinge a teorizzare l’inclusione del principio di tutela della sostenibilità negli articoli della nostra Costituzione, e che se andasse in porto utilizzerebbe come metrica di efficacia delle aziende il bene prodotto per la collettività e il perseguimento delle grandi sfide dell’umanità: gli SDG dell’Agenda 2030 dell’ONU.

Caring Economy (“economia della cura”) e capitalismo sociale: è questa la visione che ispira e polarizza le Benefit Corporation italiane, la comunità nazionale di imprese B più numerosa al mondo, dal tasso di crescita che non ha eguali.

 

Imprese di scopo per ripartire dal sociale

Lead with PURPOSE è il mantra di questo nuovo modello economico d’impresa rigenerativa (cfr. estrattiva), foriera di un’economia di scopo che vuole creare più valore per il mondo rispetto alle risorse che consuma nel promuovere le sue attività. Fare impresa all’insegna di questo paradigma dirompente significa votarsi al cambiamento trasformativo, lavorare con cuore, energia e idee, e integrare la sostenibilità nel piano industriale per farne il fulcro delle decisioni di sviluppo strategico.

E ancora, esprimere la leadership in chiave di atto di servizio (Servant Leadership), con l’ambizione di cambiare il mondo, creare impatto positivo per le persone e il pianeta, e trasformare le aziende in motore trainante di welfare in chiave di sussidiarietà.

Secondo questa innovativa cultura d’impresa, mai come oggi, nell’attuale scenario di devastazione e macerie, col futuro tutto da riscrivere, sono le aziende a dover indicare la strada, a dover guidare con il loro esempio mettendo la potenza del business, capace di muovere l’economia, al servizio del sociale, per restituire valore a persone e territori. Che il driver del cambiamento oggi non possano che essere le aziende è anche indice di attualità e del nuovo ruolo attribuito alle imprese quali portatrici di sane istanze sociali.

La nostra era della reputazione ha trasformato ogni acquisto, da semplice transazione a favore di un servizio o di un prodotto, in una scelta di condivisione del sistema valoriale espresso dal brand o dall’azienda. Così come la ricerca di un posto di lavoro da parte delle nuove generazioni è evoluta in un atto di adesione al modo di vedere la vita, all’etica con cui l’azienda si pone sul mercato. Il rapporto tra il mercato da una parte, e i consumatori o i lavoratori dall’altra, non è più di semplice acquisto o recruitment, ma acquisisce in misura crescente una profonda valenza relazionale e fiduciaria.

 

Il capitalismo è al capolinea. È il momento delle Benefit Corporation?

Le società benefit sono consapevoli che adottare il modello non è il punto di arrivo, ma la linea di partenza di una roadmap di sviluppo sostenibile, un habitus giuridico che veste lo scatto di coscienza degli imprenditori, custodi e garanti delle proprie aziende, innescando in loro la volontà di svegliarsi ogni mattina con un nuovo perché. Con il fiato sul collo per l’urgenza e il senso emergenziale di dover lavorare alla trasformazione sistemica di un capitalismo ormai giunto al capolinea.

Animate da una visione olistica e inclusiva di tutti gli stakeholder, le società benefit sono profondamente radicate nei territori e inscindibili dalle community di riferimento, con le quali sono solite promuovere un fertile interscambio. Vogliono fare rete e lavorare in interdipendenza per risanare il sistema e favorire l’avvento di una nuova politica industriale rigenerativa, sostenibile ed equa, dove non essere Benefit dovrà diventare per le imprese l’eccezione alla regola.

Quale occasione migliore, dunque, per sbloccare il cambiamento? Il momento migliore per convertirsi in Bene(fit) è adesso, in questa epoca terribile ma meravigliosa, tabula rasa del nostro vecchio mondo malato, con il futuro che ci regala carta bianca e un nuovo modello di sviluppo solido, collaudato e più sano a disposizione, concepito allo scopo di accelerare la rivoluzione della sostenibilità.

 

Articolo redatto come elaborato finale del “Corso di scrittura giornalistica per non giornalisti” organizzato a giugno 2020 da SenzaFiltro.

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